Dall'Osto Antonio
Brevi dal mondo
2021/11, p. 36
Vienna - Il card. Schönborn: Non giudicate i matrimoni falliti Francia - Annunciata la beatificazione di Pauline Jaricot Medio Oriente - I cristiani per un rinnovamento della Chiesa

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Testimoni
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Vienna
Il card. Schönborn: Non giudicate i matrimoni falliti
Il cardinale di Vienna Christoph Schönborn ha esortato ad astenersi dal giudicare i matrimoni falliti. In un commento sul quotidiano austriaco "Krone” ha scritto di avere imparato, in seguito al divorzio dei suoi genitori, a non sentirsi in diritto a giudicare questo fatto. Non esiste infatti, ha sottolineato, una risposta generale alla domanda se i genitori debbano comunque rimanere insieme quando vivono in una situazione di conflitto permanente e la loro relazione è diventata una realtà di reciproca amarezza.
Se un matrimonio ha successo, può nascere “la cosa più bella che possa esistere in questo mondo”, ha scritto il cardinale. L’unità stipulata davanti a Dio è molto di più di un contratto scritto su un pezzo di carta e non deve essere infranta dalle creature umane.
"Purtroppo i matrimoni spesso falliscono”. Decisivo è allora il comportamento di entrambi i genitori nei confronti dei figli. "Sforzatevi a non parlar male di nessuno davanti ai vostri figli che” vi ringrazieranno sempre”. I genitori, da parte loro nei loro aspri litigi, non dovrebbero "mai, mai, mai usare i figli come ostaggi" contro l'altro coniuge, ha scritto il cardinale, riferendosi ad analoghe richieste di papa Francesco. I figli non dovrebbero portare il peso di una separazione.
Hugo-Damian Schönborn (1916-1979) aveva lasciato la moglie Eleonore e i loro quattro figli dopo un matrimonio sfortunato. Nel 1958 i due divorziarono di comune accordo. Colui che poi divenne il cardinale Schönborn aveva allora 13 anni. Ancor oggi, si interessa spesso della sorte di genitori single e di famiglie divorziate. Tra l'altro, è stato responsabile di questo gruppo di persone nei due Sinodi dei Vescovi sulla famiglia, a Roma, nel 2014 e 2015.
Schönborn (76 anni) è arcivescovo di Vienna dal 1995. Nel gennaio 2020, papa Francesco inizialmente non ha accettato la sua domanda di dimissioni, legata all'età. Dal 1998 al 2020 Schönborn è stato anche presidente della Conferenza episcopale austriaca. A lui è succeduto in questa carica l'arcivescovo di Salisburgo, Franz Lackner (65 anni). (tmg/KNA)
Francia
Annunciata la beatificazione di Pauline Jaricot
Pauline Jaricot, fondatrice dell’Associazione della Propagazione della Fede e del Movimento del Rosario vivente, sarà elevata all’onore degli altari, a Lione, il prossimo 22 maggio, nel bicentenario della fondazione di quella che è divenuta poi la Pontificia Opera della Propagazione della Fede (POPF). La beatificazione avrà luogo durante una Celebrazione eucaristica presieduta dal Prefetto della Congregazione per l'evangelizzazione dei popoli, il Cardinale Luis Antonio Tagle.
Nata in una ricca famiglia di Lione, dopo 15 anni di una vita agiata, sperimentò la sofferenza fisica e spirituale, nel contesto della quale ebbe, tramite i sacramenti, un’esperienza profonda di Dio. Il perdono e la preghiera profonda la portarono a superare un grave trauma e da quel momento la sua esistenza cambiò radicalmente. Pauline giunse a consacrare la sua vita a Dio con voto solenne nella cappella, diventata in seguito Basilica della Vergine di Fourvière, a Lione, e si dedicò esclusivamente a servire Dio nei poveri e negli ammalati, visitando quotidianamente gli ospedali e le persone incurabili, fasciando le loro ferite e offrendo parole di conforto. L’aiuto ai bisognosi era accompagnato da una vita d’intensa preghiera. Riceveva quotidianamente l’Eucarestia, pregava per la conversione dei peccatori e per l’evangelizzazione del mondo. Resasi conto delle difficoltà economiche delle missioni, Pauline promosse delle iniziative per raccogliere dei fondi: nacque così l’Associazione che poi diventerà “Opera della Propagazione della Fede”.
Un’altra meravigliosa opera nata dal suo genio spirituale è quella del Rosario Vivente. Nel 1826 Pauline usò lo stesso criterio dell’Opera Missionaria e propose il Rosario Vivente organizzato in gruppi di 15, in base al numero dei Misteri del Rosario, chiamando i suoi amici e collaboratori. Domandò a ciascuno di impegnarsi a pregare una decina del Rosario quotidianamente e meditare su un Mistero al giorno, per un mese intero. Così l’intero Rosario veniva recitato quotidianamente e venivano meditati tutti i 15 Misteri da ogni gruppo. All’inizio del mese, il responsabile del gruppo ridistribuiva i Misteri tra i membri, accertandosi che ognuno ricevesse un Mistero diverso da meditare durante la preghiera della decina del Rosario, nelle quattro settimane seguenti.
La vita di Pauline fu contrassegnata da sofferenze fisiche e spirituali. Lei accettò tutto con umiltà, anche la povertà materiale che la costrinse ad iscriversi alla lista dei poveri di Lione per ricevere qualcosa da mangiare. Il suo amore per Dio, per la Madonna e per le missioni fu talmente forte che non venne mai meno.
Morì il 9 gennaio 1862. Fu dichiarata “Venerabile” il 25 febbraio 1963 da San Giovanni XXIII. Il 26 maggio 2020 Papa Francesco ha autorizzato la pubblicazione del decreto che riconosce il miracolo attribuito alla sua intercessione. Il prossimo 22 maggio, come annunciato, sarà proclamata “Beata”.
Medio Oriente
I cristiani per un rinnovamento della Chiesa
Il 28 settembre scorso è stato presentato a Beirut il documento “Cristiani in Medio Oriente: per un rinnovamento delle decisioni teologiche, sociali e politiche"; un appello per il rinnovamento della Chiesa e per una maggiore sinodalità.
Un nuovo documento, elaborato ecumenicamente, chiede un rinnovamento profondo della vita ecclesiale in Medio Oriente e rappresenta un tentativo sistematico di esaminare accuratamente la situazione attuale delle comunità cristiane nel contesto mediorientale.
Il documento è il risultato del vasto lavoro di un’équipe di teologi ed esperti di questioni ecumeniche, geopolitiche e scienze sociali. Il gruppo era composto da undici personalità di diversi paesi della regione. Comprendeva, tra gli altri, la pastora Najla Kassab, presidente della World Fellowship of Reformed Churches, il prof. Souraya Bechealany, ex segretario generale del Consiglio delle Chiese del Medio Oriente e il teologo ortodosso libanese-tedesco Prof. Assaad Elias Kattan, il teologo palestinese luterano Mitri Raheb e il prete maronita Rouphael Zgheib, direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie in Libano.
Nella prima delle tre parti, a contenuto teologico, viene esaminato criticamente l’attuale contesto storico e geopolitico medio-orientale. I cristiani in Medio Oriente, è detto, si trovano di fronte a enormi disagi e provocazioni, "che ci mettono davanti a decisioni dalle quali dipende la nostra esistenza e la nostra futura presenza". Il "graduale indebolimento della nostra presenza e della nostra testimonianza" rende "imperativo un esame approfondito della nostra situazione, basato su una serena lettura critica".
Molti passaggi del documento riportano gli stereotipi che hanno plasmato e oscurato l’immagine prevalente delle comunità cristiane in Medio Oriente nei media occidentali. È sbagliato parlare sempre di "minoranze" vessate, "che hanno bisogno della protezione esterna, sia dal punto di vista finanziario che geopolitico".
Nella seconda parte viene analizzato il contesto ecclesiastico e teologico. In considerazione dell'esistente diversità e molteplicità della presenza cristiana nei Paesi del Medio Oriente – cosa che rappresenta anche una ricchezza – si segnala la necessità della cooperazione ecumenica e l'importanza della formazione teologica e spirituale. Vengono sottolineati anche il ​​ruolo delle chiese nell’ambito pubblico e il loro contributo al bene comune, nonché alcune sfide e problemi di convivenza.
L'emigrazione dei cristiani, aumentata negli ultimi decenni, non può essere interpretata unicamente come diretta conseguenza dell'emergere di violenti movimenti islamisti. Vanno tenuti in considerazione anche i fattori di “debolezza interna” che gravano sullo spirito cristiano delle istituzioni e realtà ecclesiastiche.
Si afferma, tra l'altro, che "il linguaggio utilizzato dall'establishment religioso è in molti casi ancora lontano dalla realtà quotidiana, dalle sofferenze e dalle paure dei cristiani locali" e sta progressivamente perdendo il suo appeal sulle giovani generazioni, tra le quali vi è una crescente tendenza all'indifferentismo e perfino all'ateismo, non ancora sufficientemente riconosciuta dalla chiesa.
Dopo un'analisi critica, la terza parte del documento formula possibili risposte alle sfide sollevate nelle sezioni precedenti e suggerisce vie costruttive per una rinnovata, rafforzata ed efficace testimonianza della presenza cristiana in Medio Oriente. In più luoghi c'è un richiamo a riscoprire il tesoro delle proprie tradizioni ecclesiali. La struttura della maggior parte delle chiese storiche del Medio Oriente è fortemente plasmata, si sottolinea, dal principio della sinodalità. Le caratteristiche tradizionali della vita ecclesiale delle parrocchie basate su questo principio dovrebbero essere ripristinate. Secondo gli autori del documento, è incompatibile con il principio della sinodalità che “il popolo di Dio – in particolare le donne ei giovani – siano messi al margine nelle decisioni importanti”.
Di fronte al contesto geopolitico, gli autori del documento invitano i cristiani in Medio Oriente a rifiutarsi di aderire o identificarsi con regimi politici dittatoriali, siano essi ideologicamente laici, teocratici o feudali. L'unica prospettiva orientata al futuro per i cristiani in Medio Oriente è la partecipazione attiva alla vita pubblica e l'impegno per uno Stato civile governato sulla base dei diritti di cittadinanza e del principio di uguaglianza. Solo uno Stato così moderno è in grado di assorbire e integrare tutta la diversità e pluralità dei paesi del Medio Oriente.
L'ultimo capitolo del documento afferma: "Vediamo in queste decisioni e misure un'espressione ponderata dell'impegno dei cristiani in Medio Oriente per la solidarietà umana e una vita dignitosa per ogni persona nella nostra regione. Vediamo anche in loro un rifiuto della cultura dilagante della morte e accettazione della logica della violenza per risolvere i conflitti. La nostra presenza cristiana deve fondarsi sul servizio (diakonia) di ogni persona, sull'amore generoso e il perdono genuino, in obbedienza alla volontà di Dio.
a cura di ANTONIO DALL’OSTO