Pangrazzi Arnaldo
Un'emozione da governare
2021/11, p. 34
Analisi delle cause che scatenano la rabbia e le sue manifestazioni. Qual è la sua funzione e il suo significato. Alcuni percorsi positivi per gestirla. Un’alleata da governare saggiamente.

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LA COLLERA
Un’emozione da governare
Analisi delle cause che scatenano la rabbia e le sue manifestazioni. Qual è la sua funzione e il suo significato. Alcuni percorsi positivi per gestirla. Un’alleata da governare saggiamente.
I vangeli informano su come Gesù, in diverse circostanze, abbia provato collera, quali: la cacciata dei mercanti dal tempio (Gv 2,15), il rimprovero ai discepoli che impediscono ai bambini di avvicinarsi a lui (Mc 10,14), il confronto con gli ipocriti (Mt 23,13-36).
La collera non ha mai goduto di buona pubblicità, anche perché la si associa alla violenza e alla componente istintiva e irrazionale della natura umana. In molti ambienti culturali e religiosi prevale una chiara disapprovazione nei suoi confronti, perché considerata deleteria. Tuttavia, questo sentimento rappresenta la colonna vertebrale della persona, è l’energia che permette di affrontare le sfide, chiarire le differenze, reagire alle provocazioni, attivare il cambiamento.
Caleidoscopio della collera
“Se una persona si esprime con rabbia è perché sta soffrendo profondamente” (Thích Nhất Hạnh).
Ci si arrabbia in maniera palese o repressa in una varietà di contingenze quotidiane, quali: verso chi si comporta male, tradisce la fiducia, mette i pali tra le ruote, risulta indisponente, trasgredisce le regole.
La collera emerge nei disagi causati dal vivere insieme, quali: lunghe file di attesa negli uffici pubblici, trovarsi intrappolati nel traffico, convivere con persone che parlano troppo o non si esprimono mai, o hanno un carattere spigoloso.
Ci si arrabbia spesso con il prossimo: politici, autorità, emigrati, arbitri, sobillatori sociali e così via: ognuno enumera le proprie ragioni per lamentarsi, protestare, alzare la voce, recriminare.
Ci si arrabbia ancor di più con le persone più care e vicine per mancanza di responsabilità, critiche immeritate, atteggiamenti irritanti, carenza di ascolto, delusioni. “La rabbia che rimane dopo una delusione è come una medicina. È amara ma serve a guarire dall’ingenuità” (Paola Felice).
Ci si arrabbia con se stessi per aver parlato o essere rimasto in silenzio, per fidarsi di tutti o non fidarsi di nessuno, per acconsentire troppo o non sapere dire di no.
Ci si arrabbia con Dio se non risponde alle preghiere, se non risolve i problemi, se permette ai malvagi di fare il male e ai buoni di soffrire, se lascia morire di fame i bambini, se non interviene per sistemare le cose.
Le cause che scatenano la collera sono tante, come molteplici sono le tonalità di questo sentimento, dalle più leggere alle più intense.
Tra le voci più tenui si annoverano: il fastidio, l’irritazione, l’insoddisfazione, la contrarietà, la molestia, la scontentezza, la frustrazione, il disappunto, l’impazienza, il turbamento, la stizza, la permalosità.
Tra le tonalità più forti: l’ira, la furia, l’amarezza, lo sdegno, l’ostilità, l’indignazione, il rancore, l’esasperazione, il risentimento, l’odio.
Ovviamente il problema non consiste nello sperimentare questi sentimenti, quanto nel permettere che essi si traducano in comportamenti di aggressività o violenza, fisica o verbale.
“Quando sono arrabbiato ho il diritto di essere arrabbiato, ma non ho il diritto di essere cattivo” (Publilio Siro).
La collera: funzione e significato
La collera sorge in primis come risposta naturale dinanzi a torti subiti, mancanza di rispetto, violazione di diritti, prevaricazioni e ingiustizie di vario genere. Reagire all’umiliazione e alle offese è un sacro diritto, che si esercita attraverso varie modalità, a seconda dei contesti.
“Tutti sono in grado di arrabbiarsi, è facile…ma arrabbiarsi con la persona giusta, con la giusta intensità, nel modo giusto, nel momento giusto e per un giusto motivo, non è nella facoltà di tutti e non è un compito facile” (Aristotele).
In altre circostanze, la collera è figlia dell’egoismo o dell’autoritarismo, per cui si è frustrati se gli altri non soddisfano i propri bisogni o non operano secondo i propri convincimenti. In questo caso la rabbia serve a intimidire o colpevolizzare gli interlocutori.
Una terza modalità di manifestare questa emozione è rappresentata da coloro che sono permanentemente insoddisfatti o scocciati.
C’è chi si lamenta di tutto e di tutti, vede costantemente ciò che va male e non riconosce niente di positivo, è contrariato per tutto ciò che accade; in pratica sono coloro che non sono contenti se non sono scontenti.
Una quarta categoria di persone ha un rapporto sofferto con la rabbia considerata inutile e incontrollabile, per cui occorre frenarla, reprimerla o sublimarla, magari con il rischio che esploda improvvisamente, come una pentola a pressione, quando la pazienza è esaurita.
“In tutti noi c'è una rabbia inespressa che, se non è sublimata dal lavoro o dall'amore, troverà una moltitudine di sfoghi”(Joseph Mankiewicz).
Riepilogando, le occasioni che fanno emergere la rabbia e la frustrazione sono tante: dai giudizi personali (“Qui nessuno ti presta attenzione, se non ti arrabbi”) ai comportamenti sociali riprovevoli (colleghi pigri e disonesti), alle condizioni di vita (stress e sovraccarico di lavoro).
Marion Seals afferma che: “La statura di un uomo è misurata dalla statura delle cose che lo fanno arrabbiare”.
Collera e salute
La rabbia può incidere notevolmente sulla condizione di salute: quando ci si arrabbia il sangue va alla testa, vengono alterate le attività cerebrali e l’equilibrio del sistema nervoso, si restringono le coronarie, i muscoli e le articolazioni si irrigidiscono. Per molti uno scoppio d’ira alza la pressione, accelera i battiti del cuore, con il rischio di infarto, di un ictus o un trombo. La presenza della collera – soprattutto se intensa o cronica – può provocare ernie, mal di schiena, coliti e ulcere, oltre che problemi cardiaci.
“Trattenere la rabbia, il risentimento e le offese ti provoca solo muscoli tesi, un mal di testa e una mascella dolente causata dal digrignare dei denti. Il perdono ti restituisce la risata e la leggerezza nella tua vita” (Joan Lunden).
La sfida è di imparare a controllare e canalizzare questo sentimento.
Collera: percorsi positivi
Questa emozione, gestita positivamente, è alla base delle trasformazioni personali e sociali. Le chiavi per ottimizzarla si possono sintetizzare attorno a tre verbi: riconoscerla (non negarla, fuggirla o ignorarla), accettarla (non giudicarla, proiettarla o somatizzarla), canalizzarla (attraverso espressioni verbali e appropriate modalità comportamentali).
L’uso costruttivo e propositivo della collera ha svariati benefici, tra cui:
1. Presa di iniziativa, per favorire il cambiamento. La frustrazione sprigiona l’azione e la reazione, altrimenti ci si deprime. Il rinnovamento, nell’ambito personale, comunitario, economico e politico, parte dall’attivazione di questa emozione.
2. Confronto con l’ingiustizia. La collera, scatenata da atteggiamenti di prepotenza o disonestà, infonde forza per contrapporsi all’iniquità e alla corruzione. Inoltre, questa energia propositiva spinge a proteggere i deboli e a promuovere i diritti delle persone fragili ed emarginate.
3. Promuove l’onestà e la trasparenza. La collera più che sprigionarsi contro qualcuno, è in difesa di qualcosa (bisogni o valori trascurati, comunicazioni mancate, ruoli ignorati e così via). La manifestazione di contrarietà è un modo per onorare le proprie convinzioni, chiarire i valori in gioco e togliere le maschere che impediscono di essere autentici.
4. Mobilita la tenacia e la resilienza. Nella vita quotidiana questa energia permette di affrontare con coraggio le avversità, quali una malattia o eventi dolorosi, risvegliando il proprio medico interiore.
5. Si converte in assertività. Il duplice rischio nel gestire la collera è, da una parte, di sopprimerla e anestetizzarla e, dall’altra, di lasciarsi travolgere dall’impulsività. L’arte sta nel saper governarla con l’assertività. Contrariamente alla rabbia cronica, alimentata dal risentimento, alla rabbia giudicante, fondata sulla superiorità morale, alla rabbia passiva, palesata nell’evitamento, alla rabbia vendicativa, fomentata dal risentimento, alla rabbia autolesiva, fondata sulla vergogna, la rabbia assertiva contribuisce alla crescita attraverso un approccio maturo ai conflitti, nel rispetto degli interlocutori e delle differenze.
L’assertività è la capacità di saper esprimersi con chiarezza senza offendere o mortificare l’interlocutore, ma onorando i valori in gioco.
Lo sviluppo della competenza assertiva rappresenta una via maestra per interpretare con equilibrio e pilotare con saggezza questa emozione.
Percorsi problematici
La cattiva fama riservata alla collera deriva in gran parte dalle nefaste modalità di gestirla. L’adrenalina generata da questa emozione non viene usata per superare gli ostacoli o chiarire le differenze, ma per offendere, imporsi e, talvolta, distruggere l’avversario.
Le derive problematiche si possono riassumere attorno alle seguenti voci:
1. Somatizzazione: alcuni soffocano questa energia indirizzandola contro di sé e penalizzando il proprio corpo. La tendenza a somatizzare può essere influenzata dal carattere mite della persona o dai condizionamenti culturali (ad es. le donne devono essere amorose e non manifestare collera).
2. Degenera in impulsività: l’iracondo si lascia travolgere dalla furia e reagisce in maniera offensiva, a livello verbale o comportamentale, causando ferite non facili da rimarginare.
3. Autoritarismo: alcune persone vogliono aver sempre ragione o aver sempre l’ultima parola. Non accettano altre versioni dei fatti, se non la propria.
La prepotenza o il sarcasmo sono armi con cui affrontano i rapporti e i conflitti.
4. Un’altra manifestazione della collera è quando diventa rancore, risentimento, odio, vendetta: queste voci rappresentano modalità distruttive di gestire questa emozione.
Un percorso tortuoso ma sanante per curare le ferite è rappresentato dal perdono e dalla riconciliazione.
La collera: un’alleata da governare saggiamente
La rabbia è una forza potente che reagisce ai torti, difende i diritti, definisce i limiti, confronta le inadeguatezze.
Un pizzico di rabbia non ci rende meno empatici, meno benevoli o meno autorevoli, ma semplicemente più umani” (Lindsay Duncan).
Ci sono vari modi di governarla, tra cui: dialogare, fare una camminata nel bosco, dedicarsi al lavoro, confidarsi con un amico, imparare a relativizzare, guardare alle cose da un’altra prospettiva, usare tecniche di respirazione, rilassarsi nella natura, pregare, praticare la ristrutturazione cognitiva, addestrarsi all’assertività.
In una parola è possibile arrabbiarsi senza smettere di amarsi, senza alterarsi, senza ammalarsi, senza fare o farsi del male.
ARNALDO PANGRAZZI, M.I.