L’interesse della Vita religiosa per il Terzo Settore
2021/10, p. 2
La Vita Religiosa da sempre si è occupata delle attività che oggi la Riforma del Terzo Settore intende ordinare.
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L’interesse della Vita religiosa per il Terzo Settore
La Vita Religiosa da sempre si è occupata delle attività che oggi la Riforma del Terzo Settore intende ordinare.
Con Terzo Settore si intende il sistema sociale ed economico che si affianca alle istituzioni pubbliche e al mercato e che interagisce con entrambi per l’interesse della comunità. Condivide con il “primo” e il “secondo” settore alcuni elementi: come le istituzioni pubbliche svolge attività di interesse generale, come il mercato è composto da enti privati.
Il Terzo Settore è così un insieme di enti di carattere privato che agiscono in diversi ambiti, dall’assistenza alle persone con disabilità alla tutela dell’ambiente, dai servizi sanitari e socio-assistenziali all’animazione culturale (https://www.cantiereterzosettore.it/cose-il-terzo-settore/). Spesso gestiscono servizi di welfare istituzionale e sono presenti per la tutela del bene comune e la salvaguardia dei diritti negati.
Il Terzo Settore esiste da decenni ma è stato riconosciuto giuridicamente in Italia solo nel 2016, e con l’avvio della riforma che lo interessa ne definisce i confini e le regole di funzionamento. Per far parte del Terzo Settore è necessario essere: un ente privato che agisce senza scopo di lucro; svolgere attività di interesse generale (definite dalla legge); farlo per finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale; essere iscritto al registro unico nazionale del Terzo settore (il cosiddetto RUNTS che è già stato predisposto ma non ancora attivato).
Agire senza scopo di lucro non significa non avere profitti ma più semplicemente reinvestirli per finanziare le proprie attività, senza redistribuirli tra i membri delle proprie organizzazioni o ai propri dipendenti. Per questo motivo, fanno parte degli enti del Terzo Settore anche imprese sociali, cooperative o anche semplici associazioni che svolgono attività commerciali (ne sono esclusi esplicitamente i partiti, i sindacati, le fondazioni di origine bancaria).
Il Terzo Settore non è solo impegno sociale organizzato. La Legge delega 106 del 2016, il Codice del terzo settore (dlgs 117/2017) e i decreti attuativi successivi non hanno solo radunato, riordinato e sviluppato la farraginosa normativa precedente: essi riconoscono, tutelano e promuovono l’intraprendenza e l’attività sociale ispirate da finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale (A. Fici, E. Rossi, G. Sepio, P. Venturi, Dalla parte del Terzo Settore. La Riforma letta dai suoi protagonisti, Editori Laterza, Bari 2019). Vi è quindi in atto un passaggio culturale: le attività di interesse generale non vengono solo tollerate ma promosse e regolate. Non da ultimo si prende coscienza di come il Terzo Settore sia un motore importante per l’economia del Paese, peraltro costantemente in crescita (secondo l’ultimo aggiornamento del Censimento permanente delle istituzioni non profit dell’Istat, al 31 dicembre del 2018 in Italia le organizzazioni erano quasi 360 mila, con 6 milioni di volontari e oltre 853.000 dipendenti).
La meritorietà delle attività degli enti del Terzo Settore viene riconosciuta anche attraverso la possibilità di accedere a benefici e agevolazioni. La riforma del Terzo Settore chiede agli enti maggiori responsabilità, più trasparenza e accountability, a fronte di un regime di vantaggio e di opportunità di sostegno dedicate.
Una Riforma da valutare
La Vita religiosa, espressione della Chiesa, da sempre si è occupata delle attività che oggi la Riforma del Terzo Settore intende ordinare. Lo sviluppo storico delle famiglie religiose lascia intravedere, afferma Fabio Ciardi, missionario Oblato di Maria Immacolata, «un cuore cattolico, aperto, universale, capace di spaziare sull’intera Chiesa. Gesù è il Verbo di Dio incarnato; la Chiesa è il Vangelo incarnato: per questo è Sposa di Cristo. Si son visti attraverso i secoli fiorire moltissimi ordini religiosi. Ogni famiglia, o ordine, è l’“incarnazione”, per così dire, d’una espressione di Gesù, d’un suo atteggiamento, d’un fatto della sua vita, d’un suo dolore, di una sua parola» (F. Ciardi, Cristo dispiegato nei secoli, Città Nuova, Roma 1994, p 6).
A partire dall’intuito e dal coraggio, innumerevoli fondatrici e fondatori hanno avviato molteplici azioni nel campo sociale mossi dall’agape cristiana e in risposta ai bisogni e alle urgenze dei tempi. Tale azione prosegue con forme sempre nuove e aggiornate avendo come filo conduttore il desiderio di tradurre in fatti concreti il passo evangelico: «tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40).
La Vita religiosa, nelle sue molteplici espressioni, ha dovuto confrontarsi con le normative in vigore nei territori dove ha operato e continua ad operare nel rispetto delle leggi, a tutela dei propri membri e a beneficio di tanti utenti.
In Italia, la Riforma del Terzo Settore ha comportato una articolata e approfondita riflessione che le Presidenze CISM e USMI hanno affrontato istituendo un’apposita commissione di esperti e consulenti che hanno potuto partecipare a un Tavolo tecnico con il Governo italiano e con la Conferenza episcopale italiana. Gli esiti del lavoro sono stati partecipati con diversi webinar esplicativi che hanno visto una risposta numerosissima da parte di superiore/i ed econome/i di comunità. Essi sono stati altresì raccolti in due Vademecum per offrire un contributo di riflessione sulle scelte operative che gli enti ecclesiastici sono chiamati a compiere rispetto alla Riforma del Terzo Settore. I documenti hanno potuto entrare nello specifico e offrire criteri di valutazione prospettando specifiche ipotesi di lavoro.
L’adesione alla Riforma in atto non è da parte degli enti ecclesiastici un obbligo ma l’eventuale ingresso deve essere valutato con molta cura tenendo conto della “biodiversità” degli enti; usufruire della tutela e dei vantaggi (soprattutto fiscali) che la Riforma assicura a chi è iscritto nel RUNTS non deve distrarre da una seria valutazione sull’opportunità di aderire o meno perché l’adempimento degli obblighi non snaturi o renda impraticabile la prosecuzione dell’attività condotta in fedeltà allo spirito fondativo.
ROBERTO DAL MOLIN