Pappalardo Marco - Pangrazzi Arnaldo
Uno spicchio di cielo - Preghiera dell'operatore sanitario
2021/10, p. 39
Viviamo in una società che fatica, che cambia, che scricchiola. Viviamo tante sofferenze, ferite, povertà, angosce. Abbiamo bisogno di ossigeno, di calore, di prospettive, di sogni. Ci serve essere risollevati, rincuorati. […] La nostra verità non è un dogma, ma una Luce che riscalda, un Dono che fa vivere, una Speranza che sorregge. La nostra Verità è Gesù Cristo.

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Testimoni
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VOCE DELLO SPIRITO
Uno spicchio di cielo
Viviamo in una società che fatica, che cambia, che scricchiola. Viviamo tante sofferenze, ferite, povertà, angosce. Abbiamo bisogno di ossigeno, di calore, di prospettive, di sogni. Ci serve essere risollevati, rincuorati. […] La nostra verità non è un dogma, ma una Luce che riscalda, un Dono che fa vivere, una Speranza che sorregge. La nostra Verità è Gesù Cristo. […] Mi torna alla mente una pagina splendida del diario di Etty Hillesum, giovane internata nel campo di concentramento di Auschwitz. Dice così: «Ma cosa credete, che non veda il filo spinato, non veda i forni crematori, non veda il dominio della morte? Sì, ma vedo anche uno spicchio di cielo, e in questo spicchio di cielo che ho nel cuore io vedo libertà e bellezza. Non ci credete? Invece è così». Etty è una ragazza di 29 anni, si trova in un luogo di morte, di lì a poco verrà uccisa. È una ragazza intelligente e vede benissimo la tragedia attorno a sé. Eppure da quel campo di concentramento vede uno spicchio di cielo, un pezzetto di cielo azzurro e lo tiene ben stretto negli occhi e nel cuore. Quel cielo azzurro le ricorda che esistono libertà e bellezza, le ricorda che, nonostante tutte le brutture e perfino la morte imminente, esiste un senso e, dunque, si può continuare a credere alla vita.
MARCO PAPPALARDO
da “Carissimo Vescovo
100 giovani scrivono e i Vescovi rispondono”
ELLEDICI, Torino 2018
Preghiera dell’operatore sanitario
Rallenta il mio passo affrettato, Signore,
e rendimi uno strumento visibile della tua bontà.
Benedici la mia mente,
perché non sia indifferente o insensibile,
ma sia attenta ai bisogni del sofferente.
Benedici i miei occhi,
perché siano in grado di riconoscere il Tuo volto nelle sembianze di ogni malato e ne portino
alla luce i tesori interiori. Benedici i miei orecchi,
perché accolgano le voci che invocano ascolto
e sappiano sintonizzarsi con i messaggi
di chi non sa esprimersi
a parole.
Benedici le mie mani, perché non rimangano fredde, ma trasmettano sostegno e vicinanza
a chi ha bisogno di una presenza rassicurante.
Benedici le mie labbra,
perché non pronuncino frasi fatte, ma sappiano comunicare la verità
con delicatezza
e speranza.
Benedici i miei piedi,
perché io lasci buoni ricordi del mio passaggio
e contribuisca
a promuovere
il dialogo silenzioso
del malato con Te.
Amen.
p. ARNALDO PANGRAZZI, M.I.