Brevi dal mondo
2021/10, p. 37
MYANMAR Una situazione “disperata”
VATICANO Il Papa ai Clarettiani
ROMA Congresso Mariologico
Accedi alla tua area riservata per visualizzare i contenuti.
Questo contenuto è riservato agli abbonati a
Testimoni
.
Myanmar
Una situazione “disperata”
Il card. Charles Maung Bo, salesiano, arcivescovo di Yangon e presidente della Federazione delle Conferenze episcopali dell’Asia – riferisce l’agenzia tedesca KNA (9 settembre 2021), – ha definito “disperata” la situazione del Myanmar. Il Paese – un tempo chiamato Birmania – infatti si trova davanti a mesi di conflitti, alla crisi dovuta al Covid, e alla catastrofe climatica. Lo ha affermato parlando durante il Congresso eucaristico internazionale che si è tenuto a Budapest dal 5 al12 settembre 2021.
Si tratta di una situazione che si è aggravata dopo il colpo di Stato militare del 1 febbraio scorso. Anche i cattolici, ha sottolineato il cardinale, hanno molto sofferto: “Le chiese sono state assaltate e molta nostra gente vive da sfollata nel proprio Paese”. La Chiesa si sforza di stare vicina alla gente e di accompagnarla nelle sue lacrime e nella sua lacerazione”. “I nostri idiomi, ha aggiunto il cardinale, possono essere diversi, ma noi siamo uniti nel messaggio di Gesù”.
Il Myanmar ha una popolazione di circa 57,6 milioni di abitanti. La grande maggioranza professa il buddismo. I cristiani e i musulmani costituiscono insieme 6,2 milioni, ossia il 4,3% dell’intera popolazione.
Nel Paese, di 676.575 kmq vivono 135 gruppi etnici, ufficialmente riconosciuti. Frequenti sono i conflitti che scoppiano. Le Nazioni Unite hanno definito un genocidio e un crimine contro l’umanità i procedimenti militari contro i musulmani Rohingya, gruppo etnico non sono riconosciuto nella Costituzione. Molti di essi, a partire dal 2017, sono fuggiti nel vicino Bangladesh dove però vivono in condizioni indegne e disumane.
Vaticano
Il Papa ai Clarettiani
Il Papa incontrando, il 9 settembre scorso, i partecipanti al capitolo generale dei Missionari Figli del Cuore Immacolato di Maria, comunemente noti come Clarettiani, li ha esortati “a non separare la preghiera e la contemplazione dall'azione missionaria” e “a vivere sempre un apostolato "di prossimità". Una vita di preghiera e di contemplazione, ha affermato, rappresenta un binomio indissolubile che permette di contemplare lo specchio, che è Cristo, “per diventare voi stessi uno specchio per gli altri". Infatti, ha detto testualmente il Papa : “Se volete che la vostra missione sia veramente feconda, non potete separare la missione dalla contemplazione e da una vita di intimità con il Signore. Se volete essere testimoni, non potete smettere di essere adoratori. Testimoni e adoratori sono due parole che si incontrano nel cuore del Vangelo: "Li chiamò per essere con lui e per mandarli a predicare" (Mc 3,14). Due dimensioni che si alimentano reciprocamente, che non possono esistere l'una senza l'altra”.
A braccio, ha quindi accennato a quanto sia triste quando si incontrano uomini e donne consacrati che sanno solo per sentito dire. Ha perciò sottolineato la necessità di lasciarsi cercare nella preghiera, "di perdere tempo davanti al Signore".
Riferendosi quindi alle Costituzioni della Congregazione, dove si dice che il clarettiano è una persona che “arde di carità e ovunque passa brucia", ha invitato a rinnovare questo slancio, questa solerzia a lasciarsi bruciare dall'amore del Signore lasciando che sia Lui l'unica sicurezza. "Questo, - ha detto il Papa, - vi permetterà di essere uomini di speranza", della speranza che non delude e non conosce paura. Ciò di cui aver paura, invece, è di cadere in quella che definisce "schizofrenia" spirituale, nella mondanità spirituale che porterebbe a contare solo sui propri "carri" e "cavalli", sulle proprie forze, credendosi i migliori, a cercare ossessivamente il benessere, il potere. Gesù deve restare il criterio guida della vita e delle scelte missionarie, ricordando che non si può convivere con lo spirito del mondo e pretendere di servire il Signore. Ha ricordato che "la mondanità spirituale è tremenda, perché ti trasforma dall'interno". Ha detto di essere rimasto colpito leggendo le "Meditazioni sulla Chiesa" di Padre de Lubac, dove scrive che la mondanità spirituale è il peggiore male che possa capitare alla Chiesa.
Parlando poi della missione ha affermato che questa deve essere "di vicinanza", non uno stare alla finestra e "ha bisogno di anziani che resistano all'invecchiamento della vita e di giovani che resistano all'invecchiamento dell'anima". Di qui l'invito ulteriore a uscire, andando dove nessuno vuole andare, dove c'è bisogno della luce del Vangelo, lavorando fianco a fianco con la gente: La vostra missione non può essere "a distanza", ma di vicinanza, di prossimità. Nella missione non potete accontentarvi di stare a guardare dalla finestra, di osservare con curiosità da lontano. Possiamo guardare dalla finestra la realtà o impegnarci per cambiarla. Sull'esempio di Padre Claret, non potete essere semplici spettatori della realtà. Partecipate ad essa, per trasformare le realtà del peccato che incontrate lungo il cammino. Non siate passivi dinanzi ai drammi che vivono molti dei nostri contemporanei, piuttosto impegnatevi fino in fondo nella lotta per la dignità umana e il rispetto dei diritti fondamentali della persona.
La speranza che papa Francesco esprime ai Clarettiani è una vita libera da tanto torpore e da tante paure “che, se non stiamo attenti, ci impediscono di essere all’altezza dei tempi e delle circostanze che richiedono una vita consacrata audace e coraggiosa, una vita religiosa libera, liberata e liberatrice a partire dalla nostra precarietà”. E ha ripetuto ancora che è Gesù la vera sicurezza. “Credo che questo potrebbe essere uno dei migliori frutti di questa pandemia che ha messo in discussione tante nostre false sicurezze. Spero anche che il Capitolo vi abbia portato a concentrarvi sugli elementi essenziali che definiscono la vita consacrata oggi: la consacrazione, che valorizzi la relazione con Dio; la vita fraterna in comunità, che dia priorità alla relazione autentica con i fratelli; e la missione, che vi porta ad uscire, a deconcentrarvi per andare incontro agli altri, soprattutto ai poveri, per condurli a Gesù”. Ha quindi concluso ribadendo, anche in questa circostanza, un aspetto che gli sta particolarmente a cuore: non trascurare il senso dell'umorismo. "E' una grazia della gioia e la gioia è una dimensione della santità".
Roma
Congresso Mariologico
“Maria tra teologie e culture oggi” è il tema del 25° Congresso Mariologico Mariano Internazionale, che si è svolto in modalità on-line, dall’8 all’11 settembre scorso. L’appuntamento di quest’anno, giunto alla sua 25a edizione, si era proposto di celebrare l’impegno della Pontificia Academia Mariana Internationalis (PAMI) nel promuovere, attraverso i lavori dei massimi cultori di mariologia di tutto il mondo, la triplice via del rinnovamento, del recupero e dell’inculturazione della figura di Maria nella Chiesa, sia a livello della ricerca teologica, sia a livello del culto liturgico.
Suddiviso in sessioni plenarie e in sette gruppi linguistici, vi hanno preso parte circa 300 rappresentanti delle società mariologiche e studiosi iscritti dei cinque continenti. Ha aperto i lavori il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, a nome del Papa. Dopo una riflessione preliminare sulle interazioni culturali rese possibili grazie alle edizioni precedenti del Congresso, le tre giornate successive hanno visto la partecipazione di esperti che hanno esaminato la figura di Maria in relazione alle culture ispanofone, anglofone, francofone, germanofone, lusitanofone slave , con una speciale attenzione alla loro specifica declinazione nel Medio Oriente, in Africa e in Asia.
Secondo p. Stefano Cecchin, presidente della Pontificia Academia Mariana Internationalis, si è trattato di “un’occasione importante per riflettere sul cammino della teologia mariana anche alla luce del dialogo che ci interpella tra fede e culture.” “Durante il Congresso si è cercato di rispondere alla domanda: perché Maria di Nazaret, la madre di Gesù, è divenuta un ‘paradigma’ antropologico di ‘madre per eccellenza’, ‘il simbolo culturale più potente e popolare degli ultimi duemila anni’, ‘la donna più potente del mondo’ (2015, National Geographic), che segna la vita di molti popoli ed è fondamentale per il ‘pensare cristiano’ (san Giovanni Paolo II), oggi viene proposta come il simbolo stesso della Casa Comune e modello per una nuova antropologia transdisciplinare?”
Il Congresso è stato illuminato anche dal Messaggio di papa Fracesco il quale, dopo aver espresso il suo rallegramento per la questa celebrazione, ha esortato – citando la lettera enciclica Fratelli tutti (n.278) – a non dimenticare “il grido silenzioso di tanti fratelli e sorelle che vivono in condizioni di grande difficoltà, aggravate dalla pandemia. La vera gioia che viene dal Signore dà sempre spazio alle voci dei dimenticati, perché insieme a loro si possa costruire un futuro migliore. Maria, nella bellezza della sequela evangelica e nel servizio al bene comune dell’umanità e del pianeta, educa sempre all’ascolto di queste voci e Lei stessa si fa voce dei senza voce per «partorire un mondo nuovo, dove tutti siamo fratelli, dove ci sia posto per ogni scartato delle nostre società» (278).
“Nei suoi oltre sessant’anni di attività, prosegue il Messaggio del Papa, la Pontificia Academia Mariana Internationalis, coordinando e riunendo i cultori di mariologia del mondo intero, specialmente attraverso la celebrazione dei Congressi Mariologici Mariani Internazionali, ha offerto spunti, intuizioni, idee e approfondimenti in un mutamento d’epoca che trasforma «velocemente il modo di vivere, di relazionarsi, di comunicare ed elaborare il pensiero, di rapportarsi tra le generazioni umane e di comprendere e di vivere la fede» (Papa Francesco, Discorso alla Curia romana, 21 dicembre 2019). Tali Congressi «sono una chiara testimonianza di come la mariologia sia una presenza necessaria di dialogo fra le culture, capace di alimentare la fraternità e la pace» (Messaggio alle Accademie Pontificie, 4 dicembre 2019).
Sappiamo, infatti, che «la teologia e la cultura d’ispirazione cristiana sono state all’altezza della loro missione quando hanno saputo vivere rischiosamente e con fedeltà sulla frontiera» (Cost. ap. Veritatis gaudium, 5). E sulle frontiere, la Madre del Signore ha una sua specifica presenza: è la Madre di tutti, indipendentemente dall’etnia o dalla nazionalità. Così la figura di Maria diventa punto di riferimento per una cultura capace di superare le barriere che possono creare divisione. Perciò, sul cammino di questa cultura di fraternità, lo Spirito ci chiama ad accogliere nuovamente il segno di consolazione e di sicura speranza che ha il nome, il volto, il cuore di Maria, donna, discepola, madre e amica. È lungo questo cammino che lo Spirito continua a dirci «che i tempi che viviamo sono i tempi di Maria» (Discorso alla Pontificia Facoltà Teologica “Marianum”, 24 ottobre 2020). La Pontificia Academia Mariana Internationalis, perseverando nel suo impegno di rinnovamento, cerca di leggere i segni di questi tempi, a beneficio della Chiesa e di ogni donna e uomo di buona volontà”.
Il Congresso si è concluso con un’assemblea dei partecipanti, guidata dal Presidente della PAMI, P. Stefano Cecchin, che ora esaminerà le prospettive per una nuova mariologia.
a cura di ANTONIO DALL’OSTO