Brevi dal mondo
2021/1, p. 38
Roma, covid-19 e vita consacrata
Filippine, 500 anni di cristianesimo
Iraq, speranze che il deserto fiorisca
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Testimoni
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Roma
Covid-19 e vita consacrata
"La pandemia si è convertita in molte nazioni in occasione per accelerare le tendenze autoritarie di governo e sospendere i processi democratici nella presa di decisioni". Lo ha affermato convinto padre Arturo Sosa Abascal, preposito generale della Compagnia di Gesù e presidente dell'Unione superiori generali (USG).
La democrazia – ha dichiarato in una breve intervista raccolta da Riccardo Benotti, per l’agenzia SIR (15 dicembre 2020) – è stata fortemente minacciata negli ultimi anni dall’indebolimento della coscienza civica nelle società in cui c’era e dai pochi sforzi di promuoverla nelle altre. La proliferazione di populismi di segno diverso e i fondamentalismi rivestiti da ideologie o distorsioni “religiose” sono stati la causa di questo indebolimento. E la pandemia si è convertita in molte nazioni in occasione per accelerare le tendenze autoritarie di governo e sospendere i processi democratici nella presa di decisioni.
Come stanno vivendo questo periodo i religiosi?
In primo luogo, come qualunque altra persona, religioso o religiosa, siamo rimasti sorpresi dalla pandemia, dalla sua diffusione e dalla sua aggressività. C’è stato un impatto così forte sulla vita che ci ha obbligato da una parte a superare la sorpresa, le paure e i disagi per noi stessi, per le nostre famiglie, per le persone che cerchiamo di servire… Dall’altra parte, è crollata ogni pianificazione del lavoro apostolico e della vita normale delle comunità.
Quanto è accaduto ci ha ricordato la nostra fragilità e ci ha fatto ritornare a bere al pozzo d’acqua viva dei nostri carismi, a ciò che dà senso e fondamento alla nostra vita.
Si è trattato anche di un’opportunità per riscoprire i vicini di casa e coloro che abitano dietro la porta accanto. Le comunità hanno condiviso più tempo insieme, hanno pregato in modo diverso e hanno aperto i loro occhi alla realtà che le circonda, scoprendo la ricchezza umana del vicinato e il contesto in cui vivono.
Tante Congregazioni sono impegnate direttamente nel campo della sanità, altre hanno dovuto ripensare la loro missione. È stato un impatto forte quello con il Coronavirus?È stato fatto uno sforzo enorme per adattare il nostro servizio apostolico alle condizioni imposte dalla pandemia. Abbiamo dato ampio spazio alla creatività in tutti i campi per proseguire nel lavoro educativo, pastorale e in tutti i campi in cui le congregazioni religiose sono impegnate. Non ci siamo chiusi su noi stessi né limitati a proteggerci… È sorta una enorme quantità e varietà di iniziative per “dare una mano” nell’attenzione a quanti sono risultati più colpiti dalla situazione provocata dalla pandemia. Abbiamo ugualmente affrontato, pur con tutti i nostri limiti, la riflessione sull’esperienza vissuta, pensando soprattutto a come contribuire alla trasformazione della società.
Quanti religiosi sono morti nel mondo a causa del Covid?Molti, troppi… come nel complesso della società civile. I più fragili per la loro età, salute o condizioni di vita. Non posso dare un numero esatto, perché non abbiamo ricevuto informazioni specifiche, ma soprattutto perché non è terminata la pandemia né le sue conseguenze.
La crisi che stiamo vivendo potrà essere un tempo propizio per la vita consacrata, anche in termini di vocazioni?Non credo si possa stabilire un rapporto tra la crisi della pandemia e un aumento delle vocazioni. Le vocazioni dipendono da molti altri fattori, cominciando dalla coerenza della nostra vita con il carisma che cerchiamo di incarnare per convertirci in “modello” di vita attraente per i giovani di oggi.
Filippine
500 anni di cristianesimo
La Chiesa delle Filippine, nel 2021 celebra i 500 anni dell’arrivo del cristianesimo nel Paese. La Conferenza episcopale, in una lettera pastorale a firma di mons. Romulo G. Valles, intitolata “Diventare discepoli missionari di Gesù”, ha espresso il desiderio che questo anniversario costituisca l’occasione per un “rinnovamento missionario”.
“La fede cristiana – scrivono i vescovi – è arrivata e ha prosperato nella nostra terra attraverso la dedizione e gli eroici sacrifici di migliaia di missionari uomini e donne provenienti da varie parti del mondo. Essi apprezzavano il dono della fede che avevano ricevuto e desideravano condividerlo con gli altri. Come nota il tema scelto dalla Conferenza episcopale cattolica, per questo quinto centenario: tutti i cristiani sono ‘capaci di dare’. Questa capacità di dono che ha motivato nei secoli missionari generosi, deve infiammare anche i cuori di tutti noi oggi così da impegnarci nella missione qui in patria e in altri Paesi”.
La lettera ricorda che nella Evangelii Gaudium papa Francesco, dice che abbiamo bisogno di una “Chiesa evangelizzatrice che esce da se stessa”, non di una Chiesa che sia autoreferenziale e “viva in se stessa, di se stessa, per se stessa” (cfr EG 20-24). Francesco scrive: “Sogno una 'opzione missionaria', cioè un impulso missionario capace di trasformare tutto, affinché i costumi, i modi di fare le cose, i tempi e gli orari, il linguaggio e le strutture della Chiesa possano essere adeguatamente canalizzati per l'evangelizzazione del mondo di oggi piuttosto che per la sua autoconservazione…”
“Le affermazioni di Papa Francesco sul rinnovamento missionario della Chiesa – scrivono i vescovi – provengono dalla sua profonda relazione personale con Cristo”. Il Papa infatti scrive: “Invito tutti i cristiani, ovunque, in questo stesso momento, a un rinnovato incontro personale con Gesù Cristo… Chiedo a tutti voi di farlo immancabilmente ogni giorno. Tutti i cristiani sono ‘strumenti di evangelizzazione’. Ogni cristiano è missionario nella misura in cui ha incontrato l'amore di Dio in Cristo Gesù”.
Papa Francesco sottolinea inoltre che la misericordia è l'essenza stessa di Dio. Nella Misericordiae Vultus infatti scrive: “la misericordia è la carta d'identità di Dio”. “La misericordia è il fondamento stesso della vita della Chiesa. Tutta la sua attività pastorale dovrebbe essere presa dalla tenerezza che rende presente ai credenti; nulla nella sua predicazione e nella sua testimonianza al mondo può mancare di misericordia. La stessa credibilità della Chiesa si vede nel modo in cui mostra amore misericordioso e compassionevole ” (MV 10).
“Non lasciamoci derubare dell'entusiasmo missionario” – conclude la lettera dei vescovi –“restiamo costanti nella preghiera, chiedendo ai nostri due santi missionari ‘stranieri’ canonizzati, Lorenzo Ruiz e Pedro Calungsod, di intercedere per noi in modo che il nostro Dio amorevole benedica sempre abbondantemente la nostra Chiesa nelle Filippine e tutti i suoi numerosi sforzi missionari!”.
Iraq
Speranze che il deserto fiorisca
Il Natale e la visita del Papa nel paese prevista dal 5 all’8 marzo prossimi , fanno sperare che il deserto fiorisca. Il popolo iracheno vive infatti il presente come il biblico vagare nel deserto. Lo sottolineano i vescovi cattolici iracheni in un messaggio congiunto pubblicato al termine del loro incontro a Baghdad, l’11 dicembre scorso. È un deserto spirituale e materiale che rivela le debolezze di tutti, compresi i tanti fratelli e sorelle che "rinunciano ai loro sogni di vivere in questo Paese e fuggono attraverso la migrazione". Ma in questo deserto, segnato da dubbi e paure per un futuro incerto e minacce, i cristiani sono chiamati a "preparare le vie del Signore" che nel mistero del Natale è diventato "uno di noi" per portare la salvezza alle persone di tutti i tempi. “Cristo potrebbe far sbocciare la speranza anche in mezzo a tutti i tipi di devastazioni che pesano sulla vita quotidiana degli iracheni e di tutti i popoli del Medio Oriente”, hanno detto i vescovi iracheni.
“Ci manca la pace – scrivono – la pandemia del coronavirus miete vittime, paralizza le nostre capacità e mette in pericolo le nostre relazioni interpersonali. In questo deserto, tuttavia, le nostre preghiere si innalzano per implorare la salvezza".
Una buona notizia è ora il fatto che il Natale è diventato una festa nazionale in tutto l’Iraq. La deliberazione, approvata all’unanimità dal parlamento iracheno, fa seguito al dialogo tra il presidente Barham Salih e il cardinale-patriarca Mar Louis Raphael Sako. La decisione acquista importanza anche in vista della prevista visita di papa Francesco in Iraq.
Mar Louis Raphael Sako ha pubblicato un messaggio in cui ringrazia il presidente iracheno Barham Salih, il presidente parlamentare Muhammad al-Halbousi e tutti i parlamentari "per la decisione a beneficio dei loro concittadini cristiani".
Il 17 ottobre il Patriarca aveva avanzato personalmente una proposta al presidente Salih, chiedendogli di presentare in parlamento un disegno di legge per riconoscere il Natale come festa nazionale. In quell'occasione, il presidente Salih (un ingegnere curdo con studi in Gran Bretagna, dove era emigrato durante il regime di Saddam Hussein) ricevendo nella sua residenza il Patriarca, aveva sottolineato il ruolo delle comunità cristiane nella ricostruzione del Paese dopo l'invasione jihadista Salih e ribadito la sua intenzione di incoraggiare in ogni modo il ritorno dei cristiani sfollati nelle loro regioni di origine nel nord dell'Iraq.
Il patriarca Sako il 16 dicembre ha ricevuto il “Premio Hani Fahs” per il suo impegno nel dialogo e la difesa del pluralismo. Nel discorso di ringraziamento, il cardinale ha affermato “Oggi più che mai siamo a un bivio: o costruiamo le nostre relazioni sulla base del rispetto e della convivenza, oppure permettiamo alla tempesta che ci affligge di peggiorare tutto e anche di perdere quello che ci resta”. Ha chiesto di mettere da parte le differenze e di promuovere la coesione e la cooperazione per diffondere i valori di solidarietà, pace e stabilità, al fine di consolidare la solidarietà e il rispetto della diversità e del pluralismo. "Siamo fratelli in un'unica famiglia, cittadini iracheni, che è la nostra casa, per questo dobbiamo cercare la pace e costruire una società migliore con creatività".
a cura di ANTONIO DALL’OSTO