Antoniazzi Elsa
Charles de Foucauld presto sugli altari
2021/1, p. 30
Nel maggio 2020 il Papa ha autorizzato i Decreti che porteranno alla Chiesa tre nuovi Santi e numerosi Beati, tra i quali alcuni martiri. Tra questi sarà canonizzato “il piccolo fratello universale”, Charles de Foucauld, esempio di vita evangelica e di preghiera: Iesus e Caritas, il suo motto.

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Testimoni
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UN GRANDE DONO PER TUTTA LA CHIESA
Charles de Foucauld
presto sugli altari
Nel maggio 2020 il Papa ha autorizzato i Decreti che porteranno alla Chiesa tre nuovi Santi e numerosi Beati, tra i quali alcuni martiri. Tra questi sarà canonizzato “il piccolo fratello universale”, Charles de Foucauld, esempio di vita evangelica e di preghiera: Iesus e Caritas, il suo motto.
Le tappe della vita di Charles de Foucauld sono abbastanza semplici e, da quando è adulto, ruotano intorno al deserto.
Nato nel 1859, nel 1864 resta orfano, e da allora inizia una consuetudine con la solitudine, che però non sarà mai melanconica. Lui e la sorella prima sono affidati al nonno paterno e poi troveranno il calore della famiglia presso la zia paterna. Studia dai gesuiti e intraprende poi la carriera militare. Il giovane Charles non è un modello di studio, anche se molto intelligente, e non è un modello di militare, anche se quando si trova in guerra dimostra molta attenzione e cura per i suoi sottoposti. In tempo di pace, però, si annoia, conduce una vita piuttosto dissoluta che lo porta spesso a subire sanzioni.
Per impegnarsi in qualcosa di utile, nel 1883 decide un viaggio geografico in Marocco, in cui scriverà un resoconto che sarà apprezzato dalla Società di geografia di Parigi. Conduce ora una vita sobria.
In seguito Charles potrà ricordare che allora la castità gli divenne una dolcezza e un bisogno del cuore.
Attratto da Gesù a vivere la vita di Nazaret
Questo è l’avvio della conversione che avviene nel 1886. Da lì ritorna alla fede, con lo stile dei ricomincianti; non tutto gli è chiaro e facile da comprendere, ma riconoscerà poi che immediatamente fu attirato da Gesù a vivere la vita di Nazaret. In realtà l’approdo a una forma di vita corrispondente alla visione che gli era stata ispirata, avverrà per gradi. Nel gennaio del 1890 entra nel noviziato della Trappa di Notre-Dame des Nieges, con il nome di fratel Marie-Albéric; nel luglio del 1890 giunge alla Trappa in Siria, dove continua il noviziato.
Rimane trappista sino al 1897, quando lascerà la trappa perché non riesce a vivere la sua chiamata a imitare Gesù a Nazareth. Questo è il cuore della vita di fratel Charles. Nei 30 anni di presenza silenziosa di Gesù, egli coglie la forza dell’umiliazione, dell’abbassamento, della preghiera e della condivisione con i fratelli, da Divin operaio, che sa cosa significhi lavorare duramente per un pezzo di pane.
Passa circa due anni a Nazareth e a Gerusalemme, ospite delle clarisse, per approdare poi nel deserto del Sahara, a Béni Abbès e infine a Tamanrasset luogo del compimento della sua vocazione. Qui morirà per un colpo di fucile. Una morte violenta senza farne un martire, perché non è per la fede che viene ucciso. Prigioniero di una tribù dei Tuareg, che si ribella ai francesi, sembra sia colpito più per l’inesperienza e l’agitazione del giovane che lo piantonava, che per la volontà di ucciderlo.
L’arrivo a Béni Abbès
Questa sorta di “felice incompiutezza” è un po’ la cifra della sua vita, come ben osserva Pierangelo Sequerie come testimonia la continua correzione della regola che sin dall’inizio redige per poter accogliere fratelli che volessero condividere la sua esperienza. L’animo di Charles è inquieto, ma non irrequieto, piuttosto sempre alla ricerca di una fedeltà che non tema l’eccesso. Le variazioni verranno dalla vita.
Dopo la Terra Santa nel 1901 arriva a Béni Abbès, prima tappa del suo stare nel Sahara. Vive in prossimità della guarnigione e fa quasi il cappellano militare, anche se non ancora sacerdote. Ha, per forza di cose, occasione di molti incontri e di viaggi con la guarnigione stessa, nel suo interesse di conoscere la zona. Incontra poi gli arabi della zona e poveri.
Una vita monastica, eremitica e missionaria
Si sposta sovente, e per due volte torna in Francia: per un anno anche per prepararsi al sacerdozio. Leggendo le sue lettere o i suoi diari, si avverte sempre una vita concentrata sul Vangelo e l’Eucaristia, sul vivere l’amore per Gesù e l’annuncio ai fratelli.
Il suo movimento è guidato dall’amore. La fedeltà al Vangelo vissuto con tutto il cuore, la propria mente, è sin dagli inizi. Obbedirà alla sua regola di vita in modo rigoroso, ma sarà l’amore a suggerirgli modifiche: esse sono vissute come sviluppo naturale di una vita monastica, eremitica e missionaria, come sin dall’inizio ha pensato.
Ancora oggi è difficile fare sintesi di queste tre espressioni, benché ormai ci siano molte esperienze di comunità ispirate alla sua esperienza.
L’evoluzione del suo modo di firmarsi può aiutarci a penetrare questo affascinante cammino, segnato da amore dolce e radicale verso Dio e i fratelli.
Il primo cambio è quello di tornare a prendere il proprio nome di battesimo e di firmarsi fr Charles di Gesù, lasciando quello scelto alla Trappa. In questo passaggio potremmo vedere come le sue caratteristiche psicologiche, culturali, vengono unificate ed espresse all’interno della vocazione. Le sue abilità, e militari e di geografo, non lo abbandonano, né lui dovrà fare esercizi di equilibrio per comprendere quali tratti della sua personalità custodire e quali no. È tutto assolutamente posto al servizio del suo itinerario di silenzio, penitenza e presenza amica. Questa sintesi così spontanea per lui, non era ovvia per il suo contesto e questo ci fa un certo effetto, perché in molti altri aspetti egli è in tutto e per tutto un uomo del suo tempo.
S’allontana dal clima culturale che l’ha formato
Nelle analisi storiche, politiche, e persino religiose non si discosta dal clima culturale che lo ha formato. Eppure in lui si sprigionano scintille che lo portano più in là. Esse non vengono solo dall’intelligenza acuta, ma da una riflessione prolungata e illuminata dal Vangelo. Riconosce che per gli abitanti del Sahara, cattolico e francese sono due aspetti della stessa realtà. In secondo luogo da una parte appoggia la politica di amicizia dei francesi verso le popolazioni del Sahara, in particolare per lui i Tuareg; d’altro canto si scandalizza che la Francia accetti la pratica della schiavitù. Coinvolgendo le sue conoscenze familiari e militari, cerca di trovare le vie per fermare questa piaga e per riscattare qualche schiavo. Con lo stesso intento scrive lettere a personaggi che in vario modo avrebbero potuto realizzare la sua idea di presenza a favore dei Tuareg: la loro reale promozione sociale così da diventare cittadini a pieno titolo.
Facile per noi oggi restare imbarazzati di fronte all’aderenza al proprio tempo da parte di fr. Charles. Con un minimo di senso storico dobbiamo riconoscere che all’interno del suo pensiero coabitano l’accettazione del colonialismo con germi che permetteranno di superare questi stessi limiti.
Tra i Tuareg
La sensibilità religiosa ci sembra anch’essa lontana dal nostro sentire. Per lui, infatti la definizione dei fedeli musulmani è quella di infedeli. Negli scritti di fr. Charles si coglie tuttavia che la volontà di annuncio evangelico è nella logica della condivisione di un bene prezioso, così che suona estremamente sincero quando dice di non desiderare la conversione dei Tuareg. Egli vive con questi un rapporto di amicizia sincera e discreta, che non vuole assolutamente imporsi. Per questo pensando a possibili compagni, con una vocazione sorella, ha ben chiaro comunque che solo lui potrà essere riconoscibile come “Abd Rissa”, schiavo di Gesù come lo chiamano i Tuareg, per non essere troppo invadenti. Il primo passo deve essere quello di entrare nella cultura dei Tuareg, sapendo che potrebbe essere opera molto più lunga della sua stessa vita. Lui è solo il dissodatore. In quest’ottica si è dedicato all’intenso lavoro di compilazione di un dizionario tuareg francese, accanto alla solidarietà immediata. È simpatico sapere che imparò a cucire, per poter insegnare alle donne Tuareg a farlo.
Nel cambio di nome c’è un’aggiunta: di Gesù. È il tempo in cui si definisce fratello universale e in questa linea comincia a redigere la regola per gli eremiti missionari del Sacro Cuore di Gesù. In lui ora si accende e arde il fuoco che lo muoverà per tutta la sua vita.
Egli è eremita, immerso nell’adorazione di Gesù, convinto che la sua presenza accanto ai fratelli non potrà che essere di vicinanza amichevole e via di annuncio.
Fa un certo effetto rileggere oggi la sua regola che prevede la presenza di sorelle di Gesù con la speciale vocazione a servire i fratelli con un’azione esterna alla clausura. Questo interpella la vita religiosa contemporanea, che procede un po’ per schemi: vita apostolica, claustrale, monastica.
L’emblema Jesus Caritas
Nel 1912, proprio mentre scrive nel regolamento per la futura famiglia che bisognerà aggiungere un nome pio al nome di battesimo, la sua firma diventa solo fr. Charles de Foucauld, e poi perderà anche “fratel”. Ed è sempre in quell’anno che l’emblema IESUS CARITAS (vedi foto) è previsto per l’abito e diventa intestazione di tutte le pagine scritte. Non ha smesso di vivere da eremita, ma ormai a Tamanrasset i muri della clausura non ci sono, ma c’è il suo vivere lontano dal villaggio. Ora è diventato fratello universale. La regola è in continua correzione, anche quella per un’associazione laicale cui cerca di dare avvio. Forse gli appare sempre più chiaro di portare in sé la vocazione di tutti i cristiani, proprio perché desidera imitare i 30 anni silenziosi e “molto umani” di Gesù. Essi sono una vocazione per tutti. Lui riconosce nei Tuareg i più poveri tra i poveri, e tra loro testimonia con assoluta radicalità, pregando e vivendo, una grande e discreta amicizia.
Un aspetto, quasi struggente, è che per tutta la sua vita ha cercato compagni per il suo monastero e anche laici che aiutassero lavorando nel Sahara, ma non c’è riuscito. Il suo ideale di vita aveva attirato qualcuno, ma non era facile condividerlo, perché viveva in modo molto austero con una grande libertà interiore.
Da questo chicco di grano caduto a terra sono nate molte congregazioni che a lui si ispirano.
La prossima canonizzazione conferma il dono che egli è stato ed è per tutta la Chiesa. Ci consegna la gioiosa tensione del comandamento dell’amore verso Dio e verso i fratelli. Ci indica che nella quotidianità, vissuta nella sequela radicale, ogni dualismo è superato.
ELSA ANTONIAZZI