Zaros Cristina, Stocco Giuliana
Leader per il cambiamento
2021/1, p. 24
Nel corso, abbiamo compiuto un esercizio di ascolto del contesto e della complessità in cui viviamo, riflettendo sul nostro approccio, sui nostri ruoli e stili di governo, sull’appello che questo tempo rivolge a noi consacrati.

Accedi alla tua area riservata per visualizzare i contenuti.

Questo contenuto è riservato agli abbonati a
Testimoni
.
UN CORSO ORGANIZZATO DALL’UISG
Leader per il cambiamento
Nel corso, abbiamo compiuto un esercizio di ascolto del contesto e della complessità in cui viviamo, riflettendo sul nostro approccio, sui nostri ruoli e stili di governo, sull’appello che questo tempo rivolge a noi consacrati.
Leader per una vita consacrata in un mondo in gestazione è il titolo di un corso on line sulla leadership organizzato dalla UISG (Unione Internazionale delle Superiori Generali), nei mesi di ottobre e novembre 2020, a cui anche noi abbiamo partecipato insieme a più di mille religiose e religiosi da ogni parte del mondo. Ci hanno guidato durante cinque incontri suor Piluca Benavente (Suore Missionarie di nostra Signora d’Africa) e padre Emili Turú (Fratelli Maristi), due formatori esperti nel campo della conduzione di gruppi e comunità.
Abbiamo fatto con loro un esercizio di ascolto del contesto e della complessità in cui viviamo, riflettendo sul nostro approccio, sui nostri ruoli e stili di governo, sull’appello che questo tempo rivolge a noi consacrati. Fin da subito l’obiettivo è stato chiaro: lasciar emergere diverse domande senza dare subito risposte pronte. Siamo state guidate a dilatare lo sguardo, ad acquisire una mentalità aperta, a integrare dei concetti utili per esplorare più in profondità quelle domande che ogni giorno emergono nel nostro servizio di leadership e a vederle come risorse. Condividiamo alcuni passaggi che per noi sono stati significativi e che possono esserlo per la vita religiosa.
Persona, contesto, istituzione:
tutto è connesso
Un primo aspetto su cui si è soffermata, in particolare, sr. Piluca è la necessaria attenzione al contesto. C’è anzitutto una consapevolezza che dobbiamo avere come responsabili: la realtà in cui siamo immersi è complessa, perché le persone, le istituzioni e i rispettivi contesti di azione sono fortemente interconnessi. Ogni realtà è un sistema con le sue regole, le sue condizioni vitali, di comunicazione, di relazione con l’esterno. E questo vale per ognuno di noi: anche nei nostri istituti religiosi agiamo insieme con ruoli diversi, stiamo in relazione con diversi contesti, e questi contesti influiscono sulle nostre scelte, ci offrono condizioni di azione e limiti, ci chiedono di assumere scelte o di dare risposte adeguate.
Come ci ricorda papa Francesco, “tutto è connesso”: la vita è interconnessa, nasce da un continuo scambio reciproco tra esseri viventi e il loro ambiente (cfr. LS 117). Il compito di responsabilità chiede di tener sempre presente qual è il sistema in cui si è inseriti e qual è l’obiettivo di questo sistema, quali le frontiere, quale il ruolo o i ruoli da assumere, sviluppando capacità di ascolto e di discernimento.
Guardare le nostre realtà religiose con un approccio sistemico può aiutarci ad avere uno sguardo d’insieme, al fine di non focalizzarci solo sulle singole persone e di imparare a vederle complessivamente. Non si può, sottolineava sr. Piluca, spiegare tutto solo dal di dentro, né solo dal di fuori; la spiegazione migliore scaturisce dal contesto, dalla relazione tra contesto e persona. In questo modo, come leader, si può sviluppare un atteggiamento di ascolto ampio che può attivare risorse nuove, processi inediti, capaci di generare cambiamento.
Un mondo in transizione:
verso dove vogliamo andare?
Parlare di contesto significa, in secondo luogo – osservavano i due relatori – allenarci a guardare con realismo, competenza e speranza il tempo che stiamo vivendo e che stanno vivendo le nostre congregazioni. Facilmente assolutizziamo il tempo presente tendendo a pensare che sia il solo possibile e che molte cose non si possano cambiare. In realtà esso è in continua evoluzione. Le civiltà (e così tutte le organizzazioni umane, anche le nostre congregazioni) attraversano fasi: nascono, si sviluppano e si espandono, giungono alla maturità e grandezza, declinano e decadono (John Bagot Glubb). Molti dei tratti culturali che caratterizzano il nostro tempo (perdita della solidità morale, frivolezza, indifferenza, ricerca del proprio benessere, chiusura, difesa) sono i tratti caratteristici di una fase di decadenza. Bisogna essere consapevoli che siamo alla fine di un’epoca nella quale i vecchi paradigmi stanno crollando, ma non siamo di fronte al nulla. Sta invece nascendo qualcosa di nuovo. Anche la pandemia sta contribuendo a delineare scenari nuovi, inediti e inaspettati.
Cosa significa allora essere leader in un tempo di decadenza e di passaggio? In questo corso di formazione siamo state invitate a riconoscere che la vita cambia sempre attraverso il nuovo che emerge, e non in modo lineare. Esso crea una frattura con l’esistente trasformandolo. Possiamo allora attraversare questo tempo con l’atteggiamento di chi riconosce in esso una grande opportunità e un grande compito: è il tempo della gestazione. Come ricorda Paolo nella lettera ai Romani, “tutta la creazione geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi” (8,22). Siamo parte di un mondo in gestazione, e come leader abbiamo il compito di aiutare il parto, di accompagnare questo travaglio che apre e porta nuova vita.
Riprendendo infine alcune riflessioni del prof. Otto Scharmer, padre Emili ci ha invitate a riflettere su una domanda importante: dove vogliamo mettere le nostre energie? Vogliamo impiegarle per stabilizzare e difendere le vecchie strutture in decadenza o per accompagnare un processo di cambiamento in atto? In questo tempo di cambiamenti epocali servono leader che sanno abitare il tempo presente e che restano vigilanti. Responsabili che guardano avanti, che sanno gettare ponti per il futuro. Leader che favoriscono processi di cambiamento con la consapevolezza che i veri cambiamenti provengono solo da un ascolto attento e profondo della realtà, da un appello interiore, che attiva risorse vitali e feconde e fa nascere qualcosa di nuovo.
Che leader vogliamo essere?
La riflessione è continuata sulla necessità di superare un’idea, diffusa anche nei nostri istituti, secondo la quale il leader è una persona capace di gestire molte cose insieme, una sorta di “eroe” in grado di districarsi nella complessità del vivere quotidiano. Questo modo di concepire il leader è entrato in crisi: siamo passati da un tempo in cui le decisioni si prendevano dall’alto, creando spesso dipendenza e passività, atteggiamenti di controllo e di potere sui singoli, ad un tempo in cui l’attenzione è posta sulla persona, sulle relazioni umane capaci di innescare e generare processi di partecipazione e di responsabilità. Fondamentali in questo nuovo modo di concepire la leadership, il principio di condivisione della responsabilità, della collaborazione e comunione, della “visione di insieme” sui problemi e sulla realtà. Questa idea di leader “ospite”, che sa accogliere il presente e il futuro, spinge a credere che la leadership sia presente in potenza in ognuno dei membri di una congregazione e che insieme, si debba adoperare perché essa emerga in ciascuno.
Nel contesto complesso e delicato in cui viviamo, dominato - come spesso ci ricorda anche Papa Francesco - da un forte individualismo, padre Emili ci ricordava che la missione del leader è quella di favorire condizioni in cui siano riconosciuti doni e qualità delle persone, a partire dalla loro umanità; ancora di creare contesti in cui si aprano spazi di dialogo, in cui la relazione (e non la prestazione!) sia il linguaggio centrale, e in cui l’ascolto intelligente e profondo abbia un posto rilevante per la costruzione di legami fraterni, capaci di generare vita.
Autorità e potere?
A partire da alcune considerazioni generali tratte dal sociologo Zygmunt Bauman sulla società liquida, sr. Piluca ci ha accompagnati a riflettere sul delicato tema dell’autorità e del potere. La separazione tra politica e potere, tra autorità e potere è all’origine di diversi problemi della modernità: la “società liquida” in cui siamo immersi, ha visto la crisi del concetto di comunità, così come si è persa la certezza che viene dal diritto e dalla politica. Anche la vita consacrata è attraversata da questa crisi, ed è più che mai importante recuperare il legame tra autorità e potere, per essere uomini e donne di comunione a servizio della Chiesa e del mondo.
Sr. Piluca ci ricordava come nella vita religiosa, ogni persona abbia un ruolo, un potere, un’autorità. Interessanti le sue riflessioni sulla necessità di vivere autorità e potere in maniera equilibrata, ritrovando il legame buono che le unisce, perché entrambi sono necessari all’interno di rapporti e di relazioni fraterne di fiducia. Occorre ravvivare la consapevolezza e ricordare che l’autorità ci è data, è riconosciuta nella fiducia, ed è importante viverla ed esercitarla nell’obbedienza e nella comunione.
Quale sorgente per la leadership?
Fondamentale per noi, nel corso della formazione, è stato anche essere aiutate a far memoria che siamo persone con desideri e doni, ma anche con limiti e povertà; è l’incontro con il Dio della vita che sostiene e alimenta il nostro servizio di leadership, che ci fa passare, come ci ricordava sr. Piluca, “dal mito della scarsità ad una liturgia dell’abbondanza, dall’icona della carestia e del faraone in Egitto all’icona evangelica della visitazione”. È sempre l’esperienza con il Dio vivente che trasforma la carestia in abbondanza, che ci rende capaci di riconoscere segni di vita e generatività, anche nel contesto difficile di pandemia che stiamo vivendo.
Come vivere una leadership che sia profetica in questo momento? Padre Emili incoraggiava a dedicare tempi non solo alla conservazione, al mantenimento, alla gestione delle nostre strutture, ma soprattutto a scegliere tempi di contemplazione, di visione profetica, per leggere la realtà e le situazioni alla luce della Parola. Infine cercare di vivere la nostra presenza e il nostro impegno nel mondo mettendoci dalla parte dei poveri, ascoltare il mondo dalle periferie sviluppando e promuovendo, come ci ricorda anche Papa Francesco nell’enciclica Fratelli tutti, una cultura dell’incontro, del dialogo e dell’amicizia sociale e fraterna.
CRISTINA ZAROS, GIULIANA STOCCO
DISCEPOLE DEL VANGELO