Orsatti Mauro
Uno sguardo in alto che cambia la vita
2020/9, p. 40
Il cammino nel deserto fa sperimentare continuamente incognite e difficoltà. (Libro dei Numeri 21,4-9) Il popolo sa reagire solo con un piagnucoloso lamento. Più che naturale sfogo, o un istintivo scaricamento di tensione, l’atteggiamento denota una relazione malata con Dio, di cui ci si fida poco o nulla. La fatica del momento e l’incognita del viaggio favoriscono un distacco psicologico e affettivo da colui che in ripetute occasioni aveva assicurato una amorosa presenza protettrice. La meta non sta più davanti agli occhi come polo attrattivo, perché l’angustia del presente occupa tutto l’orizzonte, oscurando ogni speranza.

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Testimoni
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VOCE DELLO SPIRITO
Uno sguardo in alto
che cambia la vita
Il cammino nel deserto fa sperimentare continuamente incognite e difficoltà. (Libro dei Numeri 21,4-9) Il popolo sa reagire solo con un piagnucoloso lamento. Più che naturale sfogo, o un istintivo scaricamento di tensione, l’atteggiamento denota una relazione malata con Dio, di cui ci si fida poco o nulla. La fatica del momento e l’incognita del viaggio favoriscono un distacco psicologico e affettivo da colui che in ripetute occasioni aveva assicurato una amorosa presenza protettrice. La meta non sta più davanti agli occhi come polo attrattivo, perché l'angustia del presente occupa tutto l'orizzonte, oscurando ogni speranza. La memoria non rende più il servizio di ricordare gli interventi divini. Il popolo si lamenta della mancanza di acqua (v. 5), sebbene avesse goduto poco prima di acqua abbondante, sgorgata miracolosamente dalla roccia (Nm 21,11). Interrotto il rapporto tra Dio e il suo popolo, ognuno va per la propria strada. Il popolo si trova solo, senza protezione. Il testo dice che Dio mandò i serpenti velenosi (v. 6), come se fosse un castigo. Si potrebbe leggere come l'ostilità che minaccia il popolo che cammina da solo, senza la protezione di Dio. L'uomo che si sgancia da Dio, percorre i sentieri della vita da solo, esposto a tutti i rischi e senza nessun aiuto. Il riconoscimento del proprio peccato e la domanda a Mosè di continuare a restare l'intercessore, documentano che il popolo accetta di riallacciare un rapporto con Dio, che aveva colpevolmente interrotto. Dio sa trarre il beneficio anche da elementi apparentemente capaci solo di causare danni. La strana scena del serpente innalzato come causa di guarigione sta a indicare che non è proprio il serpente che può guarire. È lo sguardo fiducioso che dà ancora pieno credito alla parola di Dio e produce l'effetto positivo di restituire la salute. Diversamente da tanti altri interventi straordinari, quello del serpente esigeva una condizione da parte degli ebrei che volevano vivere: essi dovevano fissare lo sguardo sull'emblema che sarebbe stato per loro sorgente di vita. Nulla di magico, dunque, ma il ristabilimento di un'alleanza che lega amorosamente il popolo al suo Dio è l'elemento determinante del brano. Il serpente innalzato è una specie di 'sacramento' della volontà salvifica di Dio. Tale interpretazione trova eco nel libro della Sapienza che parla del serpente come di «pegno di salvezza» (Sap 16,6) e continua con la chiarificazione teologica del versetto successivo: «Chi si volgeva a guardarlo era salvato non da quello che vedeva, ma solo da te, Salvatore di tutti». Un'altra eco sembra risuonare nel passo del profeta Zaccaria, riportato dal Vangelo di Giovanni: «Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto» (Zc 12,10; Gv 19,37). L’uso liturgico che vuole la croce presso l'altare, quando si celebra la Messa, trova una sua plausibile ragione: se già gli ebrei erano guariti innalzando lo sguardo al serpente di bronzo, a maggior ragione lo sguardo a Gesù crocifisso sarà motivo di salvezza. Il simbolo della croce fa volgere lo sguardo a tutti i 'crocifissi' di sempre: poveri, malati, emarginati, sfruttati. Guardando al Cristo crocifisso, ci accorgeremo di più di loro, e guardando a loro, sentiremo viva la presenza di Cristo.
Mauro Orsatti
da “Obbedienti alla Parola
Editrice Queriniana, Brescia 2007