Teixeira Antonio
Cosa succede in America Latina? Un continente ancora impregnato di colonialismo
2020/9, p. 10
Per comprendere cosa sta succedendo nel contesto politico e sociale dell’America Latina, prenderò in prestito una parola che appare in alcuni passaggi dell’esortazione postsinodale di papa Francesco Querida Amazonia. A mio modo di vedere, questo termine dice molto del modo di sentire latinoamericano e certamente dice molto allo stesso papa Francesco. Si tratta del termine “colonizzazione” che, nell’esortazione, ricorre sia come verbo sia come sostantivo. Nel documento appare undici volte e ciò dimostra la sua importanza nel testo e nel contesto.

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Cosa succede in America Latina?
Un continente ancora impregnato di colonialismo
Non è facile capire l’America Latina dal di fuori o in base a una razionalità unica che ha dominato finora. Le culture dominanti devono accettare che nel mondo ci siano altri modi di vedere, di conoscere, di esprimersi, di pregare e di vivere la vita di tutti i giorni.
Per comprendere cosa sta succedendo nel contesto politico e sociale dell’America Latina, prenderò in prestito una parola che appare in alcuni passaggi dell’esortazione postsinodale di papa Francesco Querida Amazonia. A mio modo di vedere, questo termine dice molto del modo di sentire latinoamericano e certamente dice molto allo stesso papa Francesco. Si tratta del termine “colonizzazione” che, nell’esortazione, ricorre sia come verbo sia come sostantivo. Nel documento appare undici volte e ciò dimostra la sua importanza nel testo e nel contesto.
Il colonialismo resiste
Le colonie, intese come forma politica territoriale e di governo, non sono qualcosa che riguarda il passato, né sono scomparse con le vicende legate alle lotte per l’indipendenza. Di fatto, il contesto della storia politica dei paesi dell’America Latina oggi continua ad essere coloniale.
Dire questo significa accettare che il paradigma politico-sociale del nostro continente non riflette la diversità delle etnie e delle culture presenti al suo interno, ma è il riflesso di un modo di essere che ha più di europeo-spagnolo che di meticcio, indio, nero o mulatto. Questo aspetto non è insignificante, poiché la maggioranza del nostro popolo è meno europea-spagnola che caraibica, nera, rivierasca, montanara, indigena, meticcia…
È per questo che, nella coscienza del popolo latinoamericano, continua ad essere viva l’idea di una liberazione dalle oppressioni, di un’indipendenza non ancora raggiunta e del rispetto per la sua dignità. Non è casuale tutta l’enfasi presente nella celebrazione degli eroi della patria o del giorno dell’indipendenza dei paesi di questa regione. Queste celebrazioni sono accompagnate da una certa nostalgia di raggiungere un giorno l’agognata libertà. Il desiderio di liberazione non è uno slogan ideologico e non è un caso che questa aspirazione sia stata percepita anche da Ratzinger quand’era prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, come testimonia l’istruzione apostolica Libertatis nuntius.
Il desiderio di superare i colonialismi non costituisce un aspetto insignificante nella configurazione delle leadership politiche del continente. Non è casuale il frequente ritorno di partiti di sinistra al potere dopo brevi parentesi di governi di destra. L’ideologia delle sinistre tende ad avere maggiori attrattive rispetto alla destra, tuttavia, anche l’ideologia delle sinistre si trova in crisi e stiamo forse nel preludio di qualcosa di nuovo che è difficile descrivere per la novità che comporta. Non so quanto tempo ci vorrà per dare alla luce qualcosa di nuovo, ma è certo che siamo nel momento critico del parto. Le ideologie di sinistra hanno esaurito il discorso dei poveri, poiché il povero di cui parlano i politici è un concetto puramente ideale e non ha nulla a che vedere con quel povero concreto che ha un suo modo di vivere la vita, di conoscere, di affrontare i problemi e di pregare Dio.
Un desiderio da non ignorare
I piani politici ed economici, per quanto possano essere promettenti, se non si tiene conto di questo desiderio di liberazione dai colonialismi dominanti, sembrano destinati al fallimento. Forse è questa la ragione per cui il governo di Maduro non è caduto di fronte alla spinta di un politico come Guaidó che ha avuto l’appoggio internazionale di oltre 60 paesi. Forse questa è anche la ragione per cui il partito dell’ex presidente Evo Morales è in testa ai sondaggi, nelle intenzioni di voto in Bolivia. Forse questo è stato il motivo per cui gli indigeni ecuadoriani sono scesi in piazza per protestare contro misure «salutari per l’economia» dettate dal loro presidente Moreno, o forse è la ragione per cui il partito di Cristina Kirchner ha riconquistato il potere politico in Argentina.
I latinoamericani non sono dei politici ignoranti, e nemmeno sono degli opportunisti, sono una popolazione con molti modi di vivere sconosciuti ad un modo unico di vivere e di vedere il mondo, e che cerca di reinventarsi.
Una consapevolezza nuova
Perché solo ora si verificano fenomeni di instabilità politica? Credo che sia perché c’è un maggior grado di consapevolezza e di protagonismo politico da parte delle diverse etnie e culture dei nostri paesi.
Inoltre, occorre tener presente che alcuni movimenti politici, più o meno consapevolmente, hanno contribuito a far maturare questa coscienza. In questo senso è opportuno sottolineare l’introduzione dell’espressione «democrazia partecipativa e protagonista» nella Costituzione del Venezuela che, al di là delle derive del chavismo, ha avuto un impatto nella coscienza politica del cittadino venezuelano. Questa espressione ha sostituito quella di “democrazia rappresentativa”.
L’effetto prodotto dall’espressione ha provocato il caos, poiché l’ordine e l’equilibrio politico raggiunti fino ad allora sono andati in crisi a causa della pluralità delle voci e dei punti di vista che sono sorti nell’ambito politico-sociale. Come conseguenza, né agli indigeni, né ai neri, né ai meticci, né a quelli che vengono da fuori è sufficiente essere rappresentati in parlamento o in qualsiasi altra istanza di governo.
Attualmente i diversi gruppi etnici e culturali che vivono nel continente chiedono che la loro voce sia ascoltata, che la loro cultura e il loro modo di conoscere siano tenuti in considerazione, che la loro sapienza sia considerata uguale ai principi filosofici che sostengono il sistema dominante, che si tenga conto della loro organizzazione, che non ci siano ripartizioni discriminatorie dei territori e che le loro espressioni religiose non siano considerate sprezzantemente come superstizione.
Questo, ovviamente, sta cambiando lo scacchiere nel campo politico e sociale; tutto sembra caotico e l’America Latina sembra diventata una moderna torre di Babele. Dobbiamo ricordare, tuttavia, che il racconto della Torre di Babele (cf. Gen 11) narra il primo intervento di Dio a favore della liberazione dei popoli che erano sottoposti al comando di un popolo che imponeva il proprio unico linguaggio.
Sicuramente dopo Babele regnò il caos politico, sociale e territoriale e i popoli dovettero imparare a ristrutturarsi e a costruirsi. Così è l’America Latina di oggi: sommersa in una specie di caos politico e sociale.
Questa fase richiede che i latinoamericani imparino ad ascoltarsi e a rispettarsi per poter reinventarsi. Siamo in un momento di resistenze, di violenze, di dialogo tra sordi, ma anche di opportunità, di nuove visioni e di ricchezze culturali inedite.
È il momento di imparare, di avere pazienza e di scommettere su un dialogo nel quale tutte le voci possano farsi sentire.
Antonio Teixeira