"Essere dentro" del vangelo
2020/7, p. 45
Il titolo del volume riprende il tema del Convegno organizzato un anno fa dal Dipartimento di Teologia dell’Evangelizzazione della Facoltà teologica dell’Emilia- Romagna e colloca il vangelo dentro la città. Questo «essere dentro» del vangelo va inteso tanto nel senso che esso già risuona nella città, perché Dio abita in essa prima che noi ve lo scopriamo e lo annunciamo, quanto nel senso che non è possibile recare la buona notizia di un’esistenza umana risanata e felice, se non stando dentro la città, condividendone la vita, risvegliando la coscienza di una reciproca appartenenza e convergendo con l’impegno di tutti verso un bene comune.
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NOVITà LIBRARIA
«Essere dentro» del vangelo
Il titolo del volume riprende il tema del Convegno organizzato un anno fa dal Dipartimento di Teologia dell’Evangelizzazione della Facoltà teologica dell’Emilia-Romagna e colloca il vangelo dentro la città. Questo «essere dentro» del vangelo va inteso tanto nel senso che esso già risuona nella città, perché Dio abita in essa prima che noi ve lo scopriamo e lo annunciamo, quanto nel senso che non è possibile recare la buona notizia di un'esistenza umana risanata e felice, se non stando dentro la città, condividendone la vita, risvegliando la coscienza di una reciproca appartenenza e convergendo con l’impegno di tutti verso un bene comune.
Sguardo a una realtà
che fa parte della vita di tutti
Siamo dentro un pluralismo radicale a livello culturale e religioso, in cui le nostre città sono situate, che ha conseguenze anche sul modo stesso di porsi e di affrontare la fede. Uno sguardo sulla città mette a fuoco due criticità particolarmente evidenti in contesto urbano: l'impatto che ha l'ambiente digitale nella creazione e nello sviluppo dei legami; la fragilità della famiglia di fronte a due sfide oggi particolarmente rilevanti, come le varie forme di dipendenze e la solitudine. Nella complessità delle società urbane contemporanee, le nuove modalità di comunicazione e l'interdipendenza globale creano criticità nelle relazioni, forme di solitudine, nuove povertà, sfiducia nelle forme di partecipazione democratica, diffidenza nei confronti della diversità culturale, ma offrono anche occasioni d'incontro e di scambio di idee, opportunità di crescita e conoscenza reciproca, di inclusione sociale.
Per una nuova
«cultura urbana» cristiana
Lo sguardo che riconosce come Dio sia all'opera nella città al di là dei confini riconoscibili della Chiesa ha radici antiche (Gregorio Magno, Caterina da Siena, Ignazio di Loyola) e contemporanee (Thomas Merton, le fraternità monastiche di Gerusalemme, Carlo Carretto); anche lo sguardo degli ultimi arcivescovi di Bologna (Biffi, Caffarra, Zuppi) sul rapporto Chiesa-città, pur nella evidente diversità dei presupposti e degli approcci, è quello di una prossimità e alterità solidale. A partire da questa eredità dobbiamo aggiornare le nostre mappe per imparare a muoverci in una situazione di spaesamento, riconoscendo che «tutti gli esseri hanno qualcosa da darci e da ricevere da noi» (Madeleine Delbrêl). La particolare configurazione della città di oggi esige una diversa comprensione del cristianesimo e del suo ruolo (e quindi di cosa sia una «cultura urbana» cristiana) rispetto al passato, a fronte della decostruzione di una determinata architettura sociale, culturale e religiosa. Ci si chiede che cosa possa offrire oggi una realtà urbana in termini di relazioni, di contributo alla vita sociale e ad una maggiore umanizzazione: è a partire dalla misericordia e dalla carità, come orizzonti dell'agire cristiano, che si possono individuare le linee per una azione umana e religiosa che entri in modo concreto nella cultura odierna. Adottare la prospettiva interculturale, la promozione del dialogo e del confronto tra culture (religiose e non) nella vita sociale urbana significa non limitarsi a organizzare strategie di integrazione più o meno calibrate, ma piuttosto assumere la diversità come paradigma dell'identità stessa della comunità civile.
Come porsi nel tessuto urbano
Dal Nuovo Testamento e dai Padri della Chiesa, si ricavano alcuni elementi che hanno caratterizzato il modo in cui alle origini del cristianesimo i credenti si sono posti nel tessuto sociale e specificamente urbano. Riprendendo l'intuizione del sociologo Diotallevi, c'è bisogno di forme urbane del cristianesimo che operino per ricucire. Spazi e azioni che ricreino ordine, che sappiano unire e dare profondità, che raccontino dimensioni dell'esperienza spesso non riconosciute, sepolte nella storia o nell'intimo di ogni persona, ma poco ascoltate. Spazi che creino legami e li custodiscano, che rendano più resistente e nutritiva la comunità locale. Vivere l’ospitalità e la prossimità nella città, vuole dire mescolarsi dentro la vita della città, incontrarsi, accogliersi e prendersi cura. «I pellegrini della vita chiedono ascolto, raccontano storie, a volte anche solo con lo sguardo, in cui il dolore e la fatica hanno preso il sopravvento; chiedono che si riempia la loro ciotola di un senso. Proviamo a ospitare la loro stanchezza e la loro fragilità, cercando di offrire un po' di calore e un boccone di cibo per il cuore: restituendo loro la bellezza di una casa. Chinarsi, guardare, farsi carico, essere responsabili della vita dell'altro anche se sconosciuto, anche se diverso, soffrire per una vita mortificata o sgomenta: tutto questo è tenerezza, è amore e festa per la vita. E questi sono i gesti del samaritano, i gesti essenziali che ci ha insegnato Gesù, quelli che fanno di ognuno di noi la casa dell'altro. Che ci rendono prossimi agli altri», nelle concrete situazioni delle nostre case e delle nostre città.
Anna Maria Gellini