Basso Aldo
Maturità umana e carità pastorale
2020/7, p. 32
L’idea ispiratrice che sta alla base del progetto educativo dei futuri presbiteri è la ‘carità pastorale’ in tutte le sue espressioni: come atteggiamento di una vita in permanente attitudine oblativa.

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ORIENTAMENTI PER LA FORMAZIONE
Maturità umana e carità pastorale
L’idea ispiratrice che sta alla base del progetto educativo dei futuri presbiteri è quindi la ‘carità pastorale’ in tutte le sue espressioni: come atteggiamento di una vita in permanente attitudine oblativa.
“Per comprendere l’identità del prete, bisogna unire in modo vitale tre dimensioni complementari: quella dell’uomo, quella del discepolo e quella del presbitero; dall’interazione corretta di queste dimensioni può nascere il necessario equilibrio della vita”. Partendo da questo principio generale si coglie subito l’importanza della formazione e maturazione umana nella vita del sacerdote, un aspetto che rappresenta una questione cruciale e che giustamente viene continuamente richiamato nei documenti del magistero e in tutti i testi che si occupano della formazione dei futuri presbiteri.
La riflessione che segue si sofferma sul tema della maturazione umana in rapporto alla vita del sacerdote, il quale si impegna in un progetto di vita che ha lo scopo di annunciare e far conoscere Gesù Cristo, nella convinzione che donare Gesù significa davvero donare la vita e incontrarLo rappresenta una straordinaria chance per rendere la vita piena e feconda.
La formazione umana
Parlare di maturazione umana apre la riflessione a un immenso cammino di formazione a essere e diventare uomini umani e cioè uomini che pensano, decidono, operano in modo degno dell’uomo. Si tratta quindi di far proprie progressivamente quelle qualità umane necessarie alla costruzione di personalità equilibrate, forti, libere, capaci di portare il peso di quelle responsabilità che ciascuno dovrà assumere.
Allo scopo di descrivere, se pure molto sommariamente, la maturità umana, mi sembra opportuno far riferimento ad alcuni settori o aspetti specifici come quelli qui sotto riportati.
1.Autovalutazione accurata di sé. Essa comporta la conoscenza delle proprie risorse interiori, delle proprie abilità e dei propri limiti, così da rendersi conto di eventuali psicopatologie o di aspettative irrealistiche e sproporzionate rispetto alle proprie capacità. Questo obiettivo è più facilmente raggiungibile se la persona è capace e disponibile ad apprendere dall’esperienza, è aperta a feedback onesti e diretti su ciò che sta facendo, soprattutto sui propri errori, e a un continuo apprendimento e sviluppo di se stessa.
2.Fiducia in se stessi. Esiste uno stretto legame fra conoscenza di sé e fiducia in se stessi. Questa comporta la capacità di uno stile assertivo nei rapporti interpersonali, così da evitare sia atteggiamenti di tipo aggressivo che di soccombenza ed esagerata timidezza. Per garantire le nostre prestazioni ottimali non bastano le sole capacità: per usarle al meglio occorre anche credere in esse. Le persone che hanno fiducia in se stesse sanno dar voce a opinioni impopolari, sono capaci di stabilire un rapporto maturo con l’autorità, sono ferme e capaci di prendere decisioni sensate nonostante incertezze e pressioni. La fiducia in se stessi non è affatto contraria all’umiltà: questi due atteggiamenti devono anzi andare insieme. Per tale motivo è necessario che chi è chiamato a responsabilità formative aiuti le persone a crescere in entrambe queste virtù, evitando che una falsa idea di umiltà accentui nelle persone una bassa stima di sé, che magari già hanno sviluppato dall’infanzia (d. Milani criticava la formazione ricevuta in seminario perché si insegnava “l’umiltà agli umiliati”, resi tali per il loro stato sociale e la conseguente educazione ricevuta).
3.Padronanza di sé. Si tratta dell’autocontrollo: la capacità di gestire emozioni ed impulsi negativi in modo efficace, esprimere le proprie emozioni in modo adeguato, gestire con sufficiente calma momenti difficili e mantenere la concentrazione anche sotto pressione. Naturalmente, quanto più si riesce a monitorare i propri problemi emotivi, tanto prima si riesce a riprendersi. Le persone che hanno padronanza di sé costruiscono attorno a sé un clima rilassato e di fiducia attraverso la propria affidabilità. Questa competenza, inoltre, rende le persone flessibili nel rispondere al cambiamento, senza essere troppo condizionate dalla paura e dall’ansia: sono fondamentalmente persone creative, aperte all’innovazione.
4.Spinta alla realizzazione. Le persone che sviluppano questa competenza hanno l’impulso a raggiungere i propri obiettivi e i propri standard di rendimento, a migliorare le proprie prestazioni nella continua ricerca di idee e informazioni nuove, ad affrontare rischi calcolati. Si tengono inoltre in contatto con altri per sentire il loro punto di vista e avere nuovi spunti per l’azione. Sono quindi persone fondamentalmente impegnate, non puramente esecutive di indicazioni fornite da altri, dotate di un certo ottimismo e pronte a cogliere le opportunità che si presentano, aggirando la burocrazia rigida e inefficiente quando è necessario. Questo atteggiamento di fondo, infine, può contagiare le persone con le quali si collabora e tenere viva in loro la spinta alla riuscita. In tutte le persone ‘di successo’ è sempre presente questa competenza: sono dotate di iniziativa e credono di poter determinare il proprio futuro con le loro azioni.
5.Empatia e comprensione degli altri. È indispensabile soprattutto per chi si impegna in professioni di tipo sociale (come fondamentalmente è anche la missione del sacerdote). Non ci si può dedicare a queste professioni senza essere capaci di empatia: questa è come un radar sociale, particolarmente utile per le persone alle quali altri si rivolgono per avere assistenza e aiuto e che hanno anzitutto bisogno di essere ascoltati e capiti. Si tratta di quell’abilità che, a partire da un attivo interesse per l’altro, mette una persona in grado di essere attenta agli indizi emozionali dell’interlocutore, di percepire i suoi sentimenti e le sue prospettive, anche se le sue espressioni verbali non sono immediatamente chiare. L’empatia viene concretamente meta-comunicata soprattutto e in modo esplicito attraverso le parole con le quali ci si rivolge al proprio interlocutore; appare quindi assai utile dedicarsi all’apprendimento di quelle modalità comunicative che realmente meta-comunicano ascolto, comprensione, accoglienza e vicinanza. Al cuore dell’empatia c’è sempre un orecchio ben sintonizzato e coloro che non sanno ascoltare offrono immediatamente l’impressione di essere indifferenti o non interessati a chi sta loro di fronte. Infine, il prerequisito dell’empatia è l’autoconsapevolezza, ossia il riconoscimento delle reazioni emotive che più o meno consciamente sono suscitate in noi dal nostro interlocutore.
6.Capacità comunicativa. Le persone dotate di questa competenza sanno non solo ascoltare, ma anche comunicare in modo diretto e aperto, evitando quindi forme difensive e indirette nell’autopresentarsi, sanno adattare il grado di ‘apertura di sé’ in base alle circostanze e al contesto concreto in cui si trovano, mostrano veracità e carità nella comunicazione. Veracità nel parlare e nello scrivere è sinonimo di sincerità, semplicità, autenticità; è corrispondenza tra ciò che una persona pensa o sente e ciò che dice o scrive. La persona sincera dà una sensazione di trasparenza, favorisce il contatto con l’altro, rende facile ed immediato ciò che vuole comunicare. Quando invece non c’è corrispondenza tra ciò che si pensa o si sente e ciò che si manifesta, la comunicazione si complica, nascono difficoltà ed imbarazzo dovuti al fatto che si percepiscono due messaggi – uno esplicito e l’altro implicito (metacomunicato) – tra loro contrastanti e ciò a sua volta spinge l’interlocutore a comunicare in modo difensivo, strategico, superficiale. Si mente per calcolo, per paura, per abitudine; si ricorre ad un linguaggio ‘diplomatico’, così che si dice e non si dice, si procede per allusioni e silenzi studiati, si finge di possedere informazioni o poteri che di fatto non si hanno o sono irrilevanti. Si cede all’adulazione e si arriva, in qualche caso, a praticare ‘l’arte di strisciare’, quando non si ha mai un’opinione personale, ma magari solo quella del superiore. Unire insieme semplicità e verità di linguaggio con profondità di pensiero è dote di pochi.
7.Equilibrio affettivo-sessuale. È un’area delicata, che richiede particolare attenzione nell’attuale contesto socioculturale. La maturità personale richiede che la persona sviluppi libertà interiore nelle relazioni interpersonali con uomini e donne e sia progressivamente capace di amare, integrando la sessualità nell’affettività e nel progetto di vita personale. Tutto ciò è legato alla qualità delle relazioni interpersonali vissute dal soggetto, dato che l’affettività umana si alimenta e si sviluppa attraverso l’esperienza di relazioni interpersonali autentiche, all’interno di un determinato contesto sociale e culturale. Si deve inoltre tenere presente che ogni relazione affettiva è sessuata, anche se non necessariamente sessuale, e ciò porta a concludere che il sentire affetto o amore per qualcuno significa vivere una relazione diversa a seconda che si è uomo o donna.
8.Gestione del conflitto. Le persone con questa competenza sanno guidare persone difficili e gestire situazioni cariche di tensione con tatto e rispetto; sanno individuare i segni più o meno latenti di tensione, mentre stanno ancora fermentando, e portarli alla luce; incoraggiano il dibattito e la discussione aperta; facilitano la ricerca di soluzioni responsabilizzando e valorizzando le varie parti.
9.Leadership. Le persone con questa competenza hanno fiducia in se stesse e nelle persone, esprimono e suscitano il desiderio di lavorare per una causa condivisa incoraggiando motivazione ed impegno, si mostrano autorevoli per coerenza di vita e competenza nella conoscenza e nella gestione dei vari problemi, tengono sotto controllo il desiderio di potere e coinvolgono realmente le persone, favorendo una ‘leadership distribuita’ in base alle competenze presenti nel gruppo.
Maturità umana e carità pastorale
Due considerazioni sembrano opportune. Anzitutto, quando si compilano liste di requisiti o caratteristiche come quelle appena abbozzate, il rischio cui si va incontro è quello di dare l’impressione di delineare profili ideali che nessuno poi di fatto è in grado di realizzare concretamente per i tanti condizionamenti presenti nella vita di tutti noi. Per il tema di cui ci stiamo occupando, si potrebbe parlare quindi di un profilo di maturità impossibile per un presbitero. È opportuno allora precisare che lo scopo dell’elenco sopra riportato è quello di offrire alle persone interessate (formatori di presbiteri e presbiteri stessi) un quadro sufficientemente dettagliato e articolato del tema in oggetto, con il richiamo dei suoi aspetti più significativi e importanti, così che per chi è interessato diventi sufficientemente chiaro di che cosa realmente si tratta. Ciascuno poi è responsabile in prima persona della propria formazione e potrà quindi decidere che cosa può e che cosa vuole fare per progredire nel suo personale cammino di maturazione umana.
In secondo luogo, si potrebbe pensare che le competenze sopra richiamate siano di per sé richieste non soltanto ai presbiteri, ma a tutti coloro che, in particolare, svolgono professioni che si caratterizzano per un rapporto di aiuto e di guida offerto alle persone. Sorge allora la domanda: che cosa rende specifica e originale questa riflessione sui requisiti di maturità quando ci si riferisce alla vita dei presbiteri? La risposta è semplice e chiara. Le competenze citate assumono significato e diventano importanti nella misura in cui sono espressione di quella ‘carità pastorale’ che rappresenta l’obiettivo fondamentale della formazione del sacerdote. Con l’espressione ‘carità pastorale’ si intende l’atteggiamento con cui un presbitero partecipa dei sentimenti e della volontà di Gesù operando perché i credenti vivano e possano usufruire di tutto ciò che è necessario per la loro crescita fino alla pienezza della maturità di Cristo. Essa è dono dello Spirito, principio interiore e virtù da acquisire, che caratterizza e unifica la vita del presbitero, e il suo contenuto essenziale è il dono di sé, il totale dono di sé alla Chiesa, ad immagine e in condivisione con il dono di Cristo. L’idea ispiratrice che sta alla base del progetto educativo dei futuri presbiteri è quindi la ‘carità pastorale’ in tutte le sue espressioni: come atteggiamento di una vita in permanente attitudine oblativa; come capacità di leggere le attese dei poveri verso cui la stessa comunità deve guardare con occhio attento di privilegio; come impegno a collaborare fraternamente; come capacità di animare e di educare alla piena esperienza di fede, rendendola viva e vigile nella carità. La ‘carità pastorale’ è cosi l’anima profonda della passione per il Regno e un ministero totalmente aperto alla missione.
Aldo Basso