A proposito di fondatori
2020/7, p. 4
C’erano tempi in cui ci si confrontava continuamente con i Fondatori, non solo per dire che “il mio è più grande, o più santo, del tuo”, ma per verificare se si stava camminando sulla via giusta. Il Fondatore, con la sua santità peculiare e le sue scelte apostoliche, era la pietra di paragone cui rifarsi continuamente e umilmente. Padre Arrupe diceva col suo sorriso disarmante, che la differenza tra
sant’Ignazio e lui, era che il primo era il fondatore e lui l’affondatore della Compagnia.
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A PROPOSITO DI FONDATORI
C’erano tempi in cui ci si confrontava continuamente con i Fondatori, non solo per dire che “il mio è più grande, o più santo, del tuo”, ma per verificare se si stava camminando sulla via giusta.
Il Fondatore, con la sua santità peculiare e le sue scelte apostoliche, era la pietra di paragone cui rifarsi continuamente e umilmente. Padre Arrupe diceva col suo sorriso disarmante, che la differenza tra sant’Ignazio e lui, era che il primo era il fondatore e lui l’affondatore della Compagnia.
Se il Concilio aveva indicato nel ritorno a Cristo e al Fondatore le fonti del rinnovamento, la teologia postconciliare aveva parlato del carisma del Fondatore, come garanzia di identità, da ravvivare con una fedeltà creativa nelle nuove situazioni della Chiesa e della società.
Nel frattempo gli Istituti cominciavano a conoscere un periodo di calo numerico, a causa degli abbandoni, ma soprattutto, della diminuzione delle vocazioni, segno tra l’altro, della scarsa attrattiva della vita consacrata.
Quasi contemporaneamente e parallelamente, però, cominciano a sbocciare nuove forme di vita evangelica e consacrata che si pongono in alternativa e persino in aperta critica a quelle impegnate faticosamente nel zizzagante rinnovamento, denunciato come un tradimento dell’autentica vita religiosa.
È vero che alcuni dei nuovi Fondatori suscitano delle perplessità per lo stile autoritario di governo e per qualche altra scelta innovativa, ma le loro fondazioni crescono e si attengono ad attività di apostolato strettamente religioso.
Ma un giorno le perplessità diventano per alcuni di essi, accuse infamanti circa la condotta morale e l’abuso di autorità.
Così si deve constatare con sorpresa che Fondatori santi sembrano godere di scarsa progenie mentre alcuni Fondatori “birbanti” godono di numerosa discendenza e prosperità.
È uno dei paradossi del nostro tempo, che non può non inquietare, specie chi ha investito molte delle sue forze sulla esemplarità del santo Fondatore e sulla attualizzazione del suo carisma.
Sorgono molte domande, alle quali si sono date alcune risposte parziali. Ma una risposta andrà data, per cercare di comprendere questo periodo travagliato.
Per cominciare, forse è utile ricordare che san Francesco affermava, secondo il Celano, che il Ministro generale dell’Ordine era lo Spirito Santo e che i veri e perfetti frati sarebbero nati “dalla sola operazione dello Spirito Santo”.
Questo per ricordare che anche oggi la vita consacrata è una “opera dello Spirito, sia perché segnata da alcuni doni carismatici utili per un certo periodo, sia perché deve dare i frutti dello Spirito che sono permanenti: “amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé” (Gal 5,22).
Il carisma può inoltre conoscere le interferenze dell’estro umano e della genialità posta al servizio dell’orgoglio, della vanità, dell’affermazione di sé, pur essendo utile agli altri.
I frutti dello Spirito possono purificare le eventuali incrostazioni troppo umane dei carismi, mentre i carismi possono orientare i frutti dello Spirito alla vera costruzione del corpo di Cristo.
Se ciò può essere di qualche utilità per discernere l’autenticità del Fondatore, può essere anche di qualche aiuto per non diventare affondatori dell’operazione dello Spirito.
La parola è agli esperti, che ringraziamo fin d’ora.
Piergiordano Cabra