La preghiera di fronte alla malattia
2020/6, p. 31
Tutti sappiamo bene, anche per esperienza personale, che di fronte alla malattia l’invito a pregare suscita reazioni diverse: lo scandalo di chi dice che pregare non
serve a nulla; la sofferenza di chi ha chiesto il ‘miracolo’ e non l’ha ottenuto; lo scetticismo di chi prega, ma si dichiara da subito non persuaso della utilità del gesto. Un cristiano non pone un legame tra il peccato, nella forma dell’ingiustizia, e la malattia.
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La preghiera di fronte alla malattia
Tutti sappiamo bene, anche per esperienza personale, che di fronte alla malattia l’invito a pregare suscita reazioni diverse: lo scandalo di chi dice che pregare non serve a nulla; la sofferenza di chi ha chiesto il ‘miracolo’ e non l’ha ottenuto; lo scetticismo di chi prega, ma si dichiara da subito non persuaso della utilità del gesto. Un cristiano non pone un legame tra il peccato, nella forma dell’ingiustizia, e la malattia. È quella reazione istintiva che ci fa affermare, in caso di un dolore che ci attanaglia: “Che cosa ho fatto di male, perchè mi ha aggredito questa disgrazia?”.
La debolezza della creatura umana e la malattia sono condizioni a cui non riusciamo facilmente a trovare un senso e davanti alle quali non è facile pregare. Tuttavia, leggendo il Vangelo, ci si presentano vari episodi che raccontano di Gesù guaritore. Gli episodi di guarigione operati dal Salvatore sono qualificati con la parola “segni”; sempre così li presenta l’evangelista Giovanni. Gli interventi di Gesù che risana, secondo gli altri tre evangelisti, ci vengono presentati come occasioni nelle quali il malato che si rivolge a Gesù per essere guarito, si sente portato su di un piano per lui inatteso.
Il paralitico (Mc 2,1-12) che viene a chiedergli la guarigione, si sente rispondere: «Ti sono perdonati i peccati». Chiede la guarigione e si vede offrire il perdono, pensa alla salute e Gesù pensa anzitutto al rapporto con Dio. Inoltre dobbiamo considerare con attenzione il fatto che il Maestro guarisce alcuni malati, ma certamente sulla sua strada e nel suo tempo quanti altri malati e sofferenti non sono stati guariti!
Operando in questo modo, Gesù non fa accezione di persona; il Signore ci fa comprendere che anche la malattia è tempo di salvezza. Certamente il segno della guarigione dalla lebbra, dalla difficoltà di deambulare, della cecità, sono gesti mediante i quali Gesù mostra che « …è giunto in mezzo a voi il Regno». D’altro canto il fatto che Gesù non guarisca tutti i malati o i sofferenti che incontra, ci fa comprendere che anche la malattia non è solo condizione da vincere, ma anche una situazione da vivere nella fede. Il non avere salute non è tempo e occasione esclusa dalla Salvezza.
Il Dio che Gesù ci fa conoscere è il Dio della vita; Egli ci assicura che la vita dell’uomo è una esistenza che non finisce, che è vittoriosa della morte, che è la stessa vita di Dio partecipata all’uomo.
Da Gesù impariamo come rapportarci con il fratello, la sorella che soffrono. La vita è un tale grande dono; il primo impegno del malato è recuperare la salute, mentre il primo impegno di chi incontra un sofferente è sollevarlo dalla sua condizione. Alla luce di tutta la Scrittura la preghiera per il malato è richiesta di guarigione; crediamo che la vittoria dell’amore di Dio sul male e le sue conseguenze è già iniziata. Il primo grande dono che chiediamo è questo: riconoscere come la malattia, accolta con umiltà e con fiducia nella volontà di Dio è già tempo di salvezza.
Il sofferente infatti è nella condizione di partecipare alla Croce di Gesù. Per tanti aspetti il Salvatore porta i pesi e le sofferenze del malato. Il Signore ha provato la tentazione del fallimento, così come lo avverte un malato; Gesù piange per la morte dell’amico Lazzaro. Nell’orto degli Ulivi soffre e prega per accettare la tremenda prova della morte in croce. Egli sa perfettamente che la assurdità della tortura e la sofferenza di un uomo crocefisso saranno la conclusione della sua vita terrena e il passaggio verso la vita di Dio. Il Signore dunque mostra come accompagna il malato. Nel suo soffrire e morire Egli supera le tre grandi alienazioni della storia umana: il peccato è perdonato, la morte è vinta con la resurrezione e la sofferenza diventa solidarietà.
Inserendosi nelle contraddizioni dell’esistenza Gesù si è posto nel punto più delicato (ma anche più vero) della storia e dell’uomo. E a partire da qui ha tutto illuminato. Egli ha illuminato le sconfitte della storia rivivendole (la Croce), e ha dato le risposte riproponendo la domanda («Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?»). Così Gesù non è soltanto dalla parte del mistero di Dio di fronte all’uomo, ma anche dalla parte dell’uomo di fronte al mistero di Dio.
Preghiamo perché l’ammalato possa credere alla salvezza, al valore della vita, e con l’aiuto dello Spirito possa vivere in sintonia con le risposte che il Signore ha dato incontrando la sofferenza umana.
Giovanni Giudici