Un lento pericoloso scivolamento
2020/6, p. 27
Lo scivolamento nella mondanità è una scala in discesa dai molti gradini. Che cosa
fare, per evitare questo pericolo? Papa Francesco ci esorta a chiedere al Signore la
grazia di capire quando il nostro cuore incomincia a scivolare, per fermarci.
Accedi alla tua area riservata per visualizzare i contenuti.
Questo contenuto è riservato agli abbonati a
Testimoni
.
DISIMPEGNO MORALE (2° parte)
Un lento pericoloso scivolamento
Lo scivolamento nella mondanità è una scala in discesa dai molti gradini. Che cosa fare, per evitare questo pericolo? Papa Francesco ci esorta a chiedere al Signore la grazia di capire quando il nostro cuore incomincia a scivolare, per fermarci.
Le manifestazioni della mondanità spirituale possono avvenire in diversi ambiti della vita della persona consacrata. Si possono fare alcuni esempi.
-Lo stile di vita. La testimonianza di sobrietà o di povertà che dovrebbe caratterizzare la vita di un presbitero o di una persona consacrata lentamente si appanna, indulgendo a vivere giornate senza particolari responsabilità e con molto tempo libero, facendo uso del denaro in modo piuttosto disinvolto, ricorrendo a un utilizzo esagerato o compulsivo dei social, procurandosi forme di comodità e benessere che appartengono soltanto a una minoranza di persone. La mondanità spirituale in questo caso assume le sembianze di una tranquilla vita borghese, magari invidiata da chi invece è alle prese con i problemi quotidiani legati all’educazione dei figli, al lavoro e alla necessità di far quadrare i conti.
Ambiti di uno scivolamento
-La vita spirituale. La mondanità comincia a prendere piede quando il tempo della preghiera, il nutrimento spirituale attraverso la meditazione della Parola di Dio e la lettura di testi formativi ricevono progressivamente meno tempo e attenzione o sono caratterizzati da fretta ed eccessiva distrazione.
-L’impegno apostolico. Il Signore insegna che “vi è più gioia nel dare che nel ricevere” e la vita di una persona consacrata dovrebbe essere normalmente spesa nel servizio delle sorelle e dei fratelli, in base alla condizione in cui ciascuno si trova e al ruolo che gli viene assegnato. Può capitare però che si ceda progressivamente a forme di attivismo frenetico, incontrollato e defatigante che assorbe tutte le energie personali e non lascia spazio ad altro. È risaputo che il desiderio di portare aiuto può trarre origine da motivazioni autentiche e nobili, ma potrebbe anche essere espressione di un disagio personale, di una preoccupazione inconscia per qualcosa che ci riguarda particolarmente, di un accentuato narcisismo, di un forte bisogno di essere amati, di soddisfazione di bisogni affettivi-sessuali rimossi. Dobbiamo ammettere che, in definitiva, ciascuno di noi normalmente finisce per fare ciò in cui riesce meglio, che è conforme alle sue attitudini e che gli procura maggiore gratificazione.
-L’amicizia. È “una delle più gran consolazioni di questa vita”, un fattore molto importante per la maturazione affettiva di ogni persona. Per la persona consacrata essa deve essere vissuta in modo da venire progressivamente integrata nel progetto di vita scelto. Quando ciò non avviene, la persona potrebbe passare progressivamente a forme di coinvolgimento affettivo che (molto) poco si combinano con la propria scelta di vita, fino a ritenere possibile che questa possa essere vissuta unitamente a forme di vero e proprio innamoramento o di accentuata dipendenza affettiva. Un ulteriore modo con il quale si cede alla mondanità spirituale.
-Incarichi e onorificenze. Papa Francesco continua con esemplare insistenza a ricordarci che la vera grandezza sta nel servizio, fedeli alle parole di Gesù: “Chi è il più grande tra voi diventi come il più piccolo e chi governa come colui che serve”. La mondanità spirituale può in questo caso manifestarsi in due modi. Anzitutto, attraverso la ricerca di potere, prestigio e privilegi. È un rischio facile e sempre in agguato e un’acuta osservazione di Y. Congar ce lo ricorda: “Si può beneficiare ordinariamente di privilegi senza arrivare a pensare che sono dovuti? O vivere in un certo lusso esteriore senza contrarre certe abitudini? E essere onorati, adulati, trattati in forme solenni e prestigiose, senza mettersi moralmente su un piedistallo?”. Un altro modo di cedere alla mondanità si ha quando ci si identifica talmente in un determinato ruolo al punto che viene a poco a poco a sbiadirsi la vera identità legata all’essere un sacerdote-pastore o una persona consacrata. Avviene allora che il sacerdote o la religiosa sono visti e percepiti soprattutto come bravi e diligenti impiegati, custodi di musei ed esperti in antiquariato, brillanti diplomatici, assistenti sociali, psicologi, professori, persone di carriera, esperti nel campo finanziario o commercianti, manager brillanti.
Dall’autoinganno alla verità con se stessi
Che cosa fare, dunque, per evitare di scivolare nella mondanità spirituale? Papa Francesco ci esorta a “chiedere al Signore la grazia di capire quando il nostro cuore incomincia a indebolirsi e a scivolare, per fermarci. Saranno la sua grazia e il suo amore a fermarci se noi lo preghiamo”. Assistiti dalla grazia del Signore, possiamo e dobbiamo servirci dei mezzi che la tradizione ascetica lungo i secoli ci ha raccomandato, consapevoli che in definitiva non c’è bisogno di particolare inventiva in questo campo: è sufficiente che facciamo tesoro di quanto il magistero della Chiesa e i maestri di spirito ci insegnano, tenendo presente comunque che non si può evitare una volta per sempre il rischio di cedere alla mondanità spirituale. Esso è sempre in agguato e la Bibbia ce lo ricorda: “Chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere”.
Suggerimenti
a)Un primo richiamo molto generale, ma molto valido, è offerto dall’Imitazione di Cristo: «Bisogna essere molto vigilanti, specialmente al primo sorgere della tentazione, perché il nemico si vince più facilmente quando non gli si permette di varcare l'ingresso dell'anima, ma, al primo bussare, gli si va incontro fuori della soglia. Perciò, fu detto: "Resisti agli inizi; è troppo tardi quando si prepara la medicina, quando il male, per lungo indugio, ha preso forza". Infatti, dapprima viene alla mente un semplice pensiero, poi una forte immaginazione, infine un compiacimento, un impulso cattivo e un’acquiescenza. E così, a poco a poco, il nemico maligno, al quale non si resiste fin da principio, entra del tutto nell'anima. E quanto più a lungo uno si sarà intorpidito nella reazione, tanto più debole diventa ogni giorno, mentre il nemico si fa più potente contro di lui». Questo pensiero rimanda alle parole di Agostino: “Dalla volontà perversa si genera la passione e l’assecondare la passione genera l’abitudine, e l’acquiescenza all’abitudine genera la necessità”.
b)Coltivare la dimensione contemplativa della vita. Come insegna il card. Martini, si tratta di coltivare il distacco dall’incalzare delle cose e la meditazione costante della Parola di Dio, per essere aiutati a riflettere e a valutare il nostro agire alla luce della fede. Coltivare l’abitudine alla contemplazione e al silenzio, essere capaci di momenti di solitudine e raccoglimento pur in un contesto di vita segnato spesso dalla frenesia e dai tanti impegni appaiono presupposti indispensabili per essere in contatto con il nostro io più profondo, cogliere ciò che è essenziale, riflettere sulle ragioni del vivere e sul senso della nostra vita. “Siamo sommersi di parole vuote, di pubblicità, di messaggi subdoli. Ci siamo abituati a sentire di tutto su tutti e rischiamo di scivolare in una mondanità che ci atrofizza il cuore e non c’è bypass per guarire questo, ma soltanto il silenzio”. “La solitudine cristiana – quella di chi entra in camera sua e prega il Padre nel segreto – è una benedizione, la vera scaturigine dell’accoglienza amorevole dell’altro. Il vero problema sta nel non trovare più il tempo per stare da soli. Senza solitudine non c’è amore gratuito, e gli altri diventano un surrogato dei vuoti. In questo senso come preti dobbiamo sempre re-imparare a stare da soli ‘evangelicamente’, come Gesù di notte con il Padre”.
c)Lettura di testi offerti dal magistero e da persone particolarmente preparate sul piano teologico ed ascetico per essere aiutati a meditare sull’identità che comporta il progetto di vita che si è scelto. A questo riguardo viene da chiedersi, ad esempio, quanto sono letti e valorizzati i vari interventi che i papi hanno offerto in continuazione in questi anni su temi riguardanti la vita sacerdotale e religiosa.
d)Per conoscerci abbiamo bisogno della collaborazione di chi conosce alcuni aspetti di noi e di cui non ci rendiamo facilmente conto; è bene quindi evitare che altri, per diversi motivi, abbiano paura di rivelarci quello che di noi vedono e comprendono. È dunque opportuno fare tesoro di informazioni e feedback che una persona può ricevere dalla comunità, da qualche confratello o consorella (è la correzione fraterna richiesta dal Vangelo), dai fedeli presso i quali si presta servizio (papa Francesco ci ricorda che “il santo popolo fedele di Dio ci conosce meglio di chiunque altro. Sono molto rispettosi e sanno accompagnare e avere cura dei loro pastori”. Per questo motivo è utile ascoltare la gente, specialmente la voce di qualche donna…).
e)La pratica dell’esame di coscienza quotidiano. Esso diventa un momento importante per fare ogni giorno la verità su noi stessi, sulle motivazioni del nostro agire, ricordando tra l’altro il proverbio che dice: sono sempre due le ragioni per le quali un uomo fa qualcosa: una buona ragione e la ragione vera.
f)Non è da escludere, infine, l’aiuto che ci viene dalle scienze umane, che possono facilitare uno sguardo più lucido e chiaro sul nostro agire quotidiano soprattutto in momenti particolarmente critici. Questo aiuto ci può venire tramite la lettura di qualche buon libro, la partecipazione a particolari momenti formativi, il confronto con qualche persona esperta nel campo delle scienze umane.
Non sarà difficile, concludendo questa riflessione, rendersi conto che il tema trattato rientra in quella riflessione più ampia che riguarda il tema del discernimento, solitamente affrontato in riferimento alla scelta vocazionale che una persona intende fare. Dagli spunti offerti in questa breve riflessione si può cogliere ancora una volta l’importanza di riuscire a camminare nella verità, invocando il Signore con le parole del Salmo: “Scrutami, o Dio, e conosci il mio cuore, -provami e conosci i miei pensieri: - vedi se percorro una via di menzogna – e guidami sulla via della vita”.
Aldo Basso