Insegnamento sociale ortodosso
2020/6, p. 13
“Per la vita del mondo. Verso un ethos sociale della Chiesa ortodossa” è il titolo di
un documento di rilevante importanza. È il primo e organico approccio a quello che i
cattolici chiamano «dottrina sociale».
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UN TESTO DI RIFERIMENTO
Insegnamento sociale ortodosso
“Per la vita del mondo. Verso un ethos sociale della Chiesa ortodossa”: è il titolo di un documento di rilevante importanza. È il primo e organico approccio a quello che i cattolici chiamano «dottrina sociale».
Il peso del testo è indicato dalla sua origine (una richiesta del concilio di Creta del 2016), dal livello della commissione che l’ha preparato (13 teologi), dal materiale e riletture forniti (25 eparchie del Trono ecumenico distribuite nel mondo), dalle 12 lingue in cui è stato tradotto (in italiano sul sito del Patriarcato ecumenico – Sacra arcidiocesi ortodossa d’Italia e di Malta), dall’approvazione, nel gennaio 2020 del santo e sacro sinodo di Costantinopoli. La pubblicazione è avvenuta negli USA il 27 marzo 2020. I curatori sono David Bentley Hart (del Notre Dame Institute for advanced study) e John Chryssavgis (del patriarcato ecumenico, presidente della commissione). Disteso in 82 numeri e diviso in otto parti occupa una settantina di pagine.
I titoli delle parti sono orientativi: oltre la prefazione, l’introduzione (è tempo di servire il Signore); la Chiesa nella sfera pubblica (affidiamo tutta la nostra vita a Cristo Dio); il corso della vita umana (santifica le anime e i corpi nostri, e concedici di servirti in santità tutti i giorni della nostra vita); povertà, ricchezza e giustizia civile (ricordati Signore, di coloro che si ricordano dei poveri); guerra, pace e violenza (per la pace del mondo intero); relazioni ecumeniche e relazioni con altre fedi (preghiamo per l’unità di tutti); ortodossia e diritti umani (ci hai creati a tua immagine e somiglianza); scienza, tecnologia, mondo naturale (il tuo dal tuo a te offriamo); conclusione (esultiamo, possedendo quest’áncora di speranza).
Approccio eucaristico
La novità dell’impianto, con alcuni sorprendenti sviluppi come quello ecumenico, si ispira a tre elementi di fondo. Anzitutto «la Chiesa non ci dà un sistema, ma una chiave; non un piano della città di Dio, ma il mezzo per entrare in essa» (Georges Florovsky). In secondo luogo, il riferimento trinitario: «la nostra fede in un Dio trinitario, in un Dio di interrelazione comunitaria e di amore condiviso, ci impegna ad opporci a tutte le forme di sfruttamento, ingiustizia e discriminazione. Nella nostra lotta per i diritti umani, agiamo in nome della Trinità» (metropolita Kallistos Ware). In terzo luogo, la visione sociale della Chiesa nasce dall’eucaristia: «Se al centro della vita della Chiesa c’è questo amore sacrificale, che si dona totalmente, allora dove sono i confini della Chiesa, dove sono i limiti di questo centro? Qui è possibile parlare di tutto il cristianesimo, come un’offerta eterna della liturgia divina al di là delle mura della chiesa … e il mondo intero diventa l’unico altare di un singolo tempio» (madre Maria Skobtsova). Come caratteristiche minori si può notare il peso dell’ortodossia americana (sia nella composizione della commissione come nella gestione della diffusione), un ulteriore esempio di esercizio della primazia della sede ecumenica di Costantinopoli (elemento di dinamismo e di scontro nell’ortodossia) e un insistito e richiesto confronto alle comunità cristiane a cui il testo è indirizzato.
L’inevitabile riferimento non è solo all’ampio insegnamento sociale della Chiesa cattolica che data dalla Rerum Novarum di Leone XIII (1891) e alle significative elaborazioni delle Chiese protestanti, a partire dal primo dopoguerra e, in particolare con l’opera del Consiglio ecumenico delle Chiese dagli anni ’70 in poi, ma anche al primo testo sistematico di dottrina sociale ortodossa, prodotto dalla Chiesa russa nel 2001 e poi rielaborato nel decennio successivo. Se il ceppo teologico è prossimo al testo russo, il tono e l’insieme delle argomentazioni è più vicino alla elaborazione cattolica e protestante. Ulteriore segno della diversità fra tradizione slava e tradizione ellenica nel seno dell’ortodossia.
Il privilegio alla democrazia
Ad una rapida rassegna di temi consonanti fra le diverse elaborazioni di etica sociale sostanzialmente condivise nelle confessioni cristiane seguirà qualche indicazione che segnala le criticità o con la storia della pastorale ortodossa o con i rilievi della tradizione russa e dell’elaborazione cattolica.
Il punto di partenza è la centralità della persona, «unica e infinitamente preziosa», oggetto dell’amore di Dio. La sua divinizzazione è parallela al compito di trasfigurazione del mondo e quindi alla lotta con tutto ciò che è distorto o maligno. Il fondamento dell’ethos sociale ortodosso è nell’insegnamento di Cristo e nell’etica sociale della Chiesa apostolica. Un patrimonio che trova risonanza nel cuore di ogni uomo.
«La speranza cristiana risiede nel Regno di Dio e non nei regni di questo mondo» e l’eucaristia è «la vera forma di governo cristiana». Questo non significa che tutte le modalità dell’esercizio del potere siano equivalenti e che non si dia il caso di una necessaria resistenza e obiezione di coscienza. «Sarebbe irrazionale e poco caritatevole per i cristiani non provare una genuina gratitudine per lo speciale genio democratico dell’età moderna». Soprattutto per una tradizione come quella ortodossa tentata dall’identificazione nazionalista ed etnica. Una denuncia molto attuale «per la recrudescenza, in gran parte del mondo sviluppato, delle più insidiose ideologie dell’identità, tra cui forme bellicose di nazionalismo e filosofie blasfeme sulla razza». L’accettazione della «priorità civica di uno spazio pubblico» non penalizza la testimonianza cristiana se non quando diventa ideologia laicista che riduce la fede a opzione personale senza rilievo pubblico. La Chiesa è chiamata a collaborare con le autorità e «questa cooperazione per il bene comune è stata sancita all’interno della tradizione ortodossa con il termine “sinfonia”».
Stagioni della vita
La rassegna delle età della vita parte dalla valutazione dei bambini sia nel loro inserimento nella comunità (battesimo ed eucaristia), sia nella loro difesa: «Nessuna offesa contro Dio è peggiore dell’abuso sessuale dei bambini, e nessuna più intollerabile alla coscienza della Chiesa». La crescita sollecita i giovani al compito del discernimento, della ricerca vocazionale e della maturazione sessuale. Senza entrare nella dibattuta discussione sul gender il testo sottolinea che nessuna autorità civile può perseguitare o svantaggiare l’orientamento sessuale. Matrimonio e famiglia esprimono «il legame indissolubile fra le persone, che misticamente significa l’amore di Cristo per la sua Chiesa». Si passano in rassegna i matrimoni misti (molto diffusi nella diaspora), la possibilità del divorzio e delle seconde nozze (intese come accomodamento e non come ideale) e il ricorso alle tecnologie riproduttive, senza la distruzione di ovuli fecondati in vitro. Netta la condanna dell’aborto, anche se vi sono condizioni come il pericolo della vita della madre che la Chiesa accompagna più che censurare. La scelta della vita monastica «prefigura il Regno di Dio, non più autenticamente della vita della famiglia cristiana, ma in un modo distintivo». Uomini e donne sono uguali in dignità e diritti.
Sul tema povertà e giustizia vi è il rimando all’identificazione che il Cristo ha compiuto con i deboli e i marginali. La Chiesa è infedele a se stessa «se non riesce a porre al centro della sua vita morale, religiosa e spirituale l’assoluta preoccupazione per i poveri e gli svantaggiati». Intollerabili le gravi e crescenti diseguaglianze economiche fra ceti e nazioni, i privilegi fiscali per i ricchi, la schiavitù salariale, l’assenza di copertura assistenziale, pensionistica e di sicurezza sociale. Non si condannano singoli e popoli a crediti inesigibili. Vanno combattute le teorie economiche che non tengono conto dei diritti dei ceti svantaggiati.
Pace e diritti
Assai condivisibili le affermazioni a favore della pace e contro il riarmo. La violenza è legittima per la difesa personale o della nazione. La Chiesa ortodossa «non ha mai preso una posizione assoluta e strettamente pacifista alla guerra, alla violenza e all’oppressione», «non ha mai sviluppato alcun tipo di teoria della guerra giusta», riconoscendo la tragica realtà come frutto del peccato, in particolare quando si coinvolgono le popolazioni civili. Molto netta la condanna della pena capitale.
Sul tema ecumenico l’affermazione che la «Chiesa ortodossa riconosce se stessa come la Chiesa una, santa, cattolica di cui parla il simbolo niceno-costantinopolitano» e cioè la Chiesa ininterrotta dal concilio di Gerusalemme ad oggi, si affianca all’ardente ricerca dell’unità dei cristiani, alla partecipazione ai dialoghi teologici e alle pratiche di condivisione. L’apertura vale anche verso le altre religioni, in particolare islam e ebraismo. «Negli ultimi anni abbiamo assistito a una ripresa, in molti ambienti del mondo occidentale, delle ideologie più insidiose sulla identità nazionale, religiosa e persino razziale in generale, e dei movimenti antisemiti in particolare».
«Il linguaggio dei diritti umani non può dire tutto ciò che può e dovrebbe essere detto sulla dignità profonda e sulla gloria di coloro che sono stati creati a immagine e somiglianza di Dio; ma costituisce un linguaggio che onora quella realtà, in modo che permette la cooperazione internazionale e interreligiosa in materia di diritti civili e di giustizia civile, e che quindi dichiara molto di ciò che dovrebbe essere detto». Diritti giuridici e legali, diritti civili e diritti sociali vanno difesi. E in particolare il diritto alla libertà religiosa. Intollerabile la schiavitù e obbligante l’ospitalità e l’accoglienza dei rifugiati. Si denuncia direttamente la presunta difesa dell’Europa cristiana contro di loro e si censurano i leader americani che hanno incoraggiato l’odio e operato il terrore.
Lo sviluppo tecnologico è interpretato nel contesto dell’esercizio sacerdotale cosmico che è affidato alla Chiesa. Il superamento dell’opposizione fede-scienza non esime dalla denuncia delle manipolazioni informative e dell’uso distorto dell’intelligenza artificiale. C’è necessità di un ethos ascetico perché la creazione mantenga la sua bellezza e la sua generosità nel sostenere gli uomini. «La nostra crisi ecologica deve essere vista non solo come un dilemma etico; è una questione ontologica e teologica, che richiede un cambiamento radicale di mentalità e un nuovo modo di essere».
Slavi ed elleni
Lungo il testo vi sono numerosi elementi che sollecitano un’autocritica o manifestano una difformità rispetto all’approccio della Chiesa russa. Così, ad esempio, la denuncia di quanti sono nostalgici dell’antico patto fra Stato e Chiesa senza percepire la libertà offerta dalla democrazia. Si segnala «l’ascesa di nuove forme di estremismo politico e nazionalista (infiltrate) in varie comunità ortodosse (da parte) di individui impegnati nella teoria razziale». «Nessuno dovrebbe cercare di promuovere la fede cristiana attraverso l’uso del potere politico o della coercizione legale». Difficile non avvertire la distanza rispetto alle pratiche e alle teorie della Chiesa russa. Una distanza che si può percepire sul versante dell’etica personale: dall’omosessualità che per i russi costituisce «uno stravolgimento peccaminoso della natura umana», alla procreazione assistita («le vie alla procreazione non conformi al progetto del Creatore della vita non possono essere considerate moralmente giustificate»), all’uguaglianza uomo – donna («la tendenza a eliminare o a minimizzare le differenze naturali nel campo sociale è estranea al pensiero della Chiesa»). Verso la Chiesa cattolica alcuni punti di differenza sono dati dall’affermazione della non sistematicità del pensiero sociale, dall’assenza di una teoria della guerra giusta, dalla distanza rispetto ai dibattiti circa i mezzi anticoncezionali.
Il documento è di indubbio interesse teologico e pastorale e rappresenterà un riferimento per gli interventi futuri delle Chiese ortodosse «elleniche». Con una novità relativa agli stati di vita. Oltre alla scelta matrimoniale e monastica si indica la vita celibataria. «Tradizionalmente, l’ortodossia tendeva a riconoscere solo due stati, quello monastico e quello del matrimonio, ma sarebbe una profonda inadempienza della responsabilità pastorale della Chiesa, il non riconoscere che mentre la vita da celibe era assai rara nelle generazioni precedenti, cambiamenti culturali e sociali nell’era moderna la hanno ora resa considerevolmente più comune» e la Chiesa «deve cercare di sviluppare pratiche pastorali adeguate alle loro esigenze».
L.P.