Chiaro Mario
La pandemia delle disuguaglianze
2020/5, p. 27
La diffusione del Coronavirus rivela le disuguaglianze nelle capacità dei diversi paesi di tutelare vita e salute dei cittadini e di contrastare le conseguenze socio economiche della crisi. I progressi ottenuti negli ultimi 10 anni nella lotta alla povertà rischiano di essere azzerati.

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SCENARI INQUIETANTI
La pandemia delle disuguaglianze
La diffusione del Coronavirus rivela le disuguaglianze nelle capacità dei diversi paesi di tutelare vita e salute dei cittadini e di contrastare le conseguenze socio-economiche della crisi. I progressi ottenuti negli ultimi 10 anni nella lotta alla povertà rischiano di essere azzerati.
Il Coronavirus è paragonabile a una lente che ingrandisce le sfide e le contraddizioni delle società che colpisce. Questa realtà è molto evidente negli Stati Uniti, il primo paese al mondo per contagi e vittime. L’Agenzia federale americana che monitora le malattie conferma che a rendere il Covid-19 più letale sono l’età e le condizioni di salute preesistenti, identificando anche i fattori di rischio: il basso reddito, l’etnia, il titolo di studio, la disabilità e la condizione d’immigrazione. Infatti, oltre il 40% delle vittime sono afro-americani; i latinos hanno il doppio delle probabilità di morire dei bianchi; chi vive al di sotto della soglia di povertà e non ha un diploma di scuola superiore è ucciso dall’epidemia dieci volte di più di un laureato bianco benestante. Poiché le comunità tendono a riunirsi in base allo status economico, le persone che soffrono di più a causa del virus vivono in prossimità fra di loro, moltiplicando ulteriormente le disuguaglianze. Si rivelano così ancor più marcate tutte le disparità che alimentano il serbatoio del rancore, indeboliscono il patto sociale e generazionale delle nostre società, contribuiscono alla riduzione della partecipazione democratica, alla sfiducia verso le istituzioni e all’adesione a proposte politiche populiste ed estremiste.
Lo spettro della povertà estrema
In piena emergenza da Coronavirus, l’Oxfam (confederazione internazionale di 18 organizzazioni no profit che si dedicano alla riduzione della povertà globale in oltre 90 nazioni) lancia un nuovo Rapporto intitolato “Dignità, non miseria”, pubblicato alla vigilia del meeting annuale del Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale. L’obiettivo è calcolare l’impatto della crisi sanitaria ed economica sulla povertà globale.
Il dato chiave riguarda il mezzo miliardo di persone che rischiano di finire sotto la soglia della povertà estrema, a causa della contrazione di consumi e redditi causata dallo shock pandemico. In base allo scenario peggiore, con una contrazione del 20% nelle entrate, il numero di persone in condizioni di “estrema povertà” potrebbe infatti crescere passando da quota 434mln a quota 992mln di persone nel mondo. Il numero di persone che vivono sotto i 5,50 dollari aumenterebbe di 548mln, toccando quota 4mld. La crisi economica, nel suo rapido sviluppo, è più profonda di quella finanziaria globale del 2008. Così i progressi ottenuti negli ultimi 10 anni nella lotta alla povertà estrema rischiano l’azzeramento: in alcune regioni del mondo i livelli di povertà potrebbero tornare a quelli di 30 anni fa.
Anche le proiezioni dell’Organizzazione internazionale del lavoro prefigurano una riduzione complessiva del reddito da lavoro, fonte principale di sostentamento individuale, fino a 3.400mld di dollari entro il 2020. A questo dato si aggiunge la mancanza di tutele e prospettive, nei paesi ricchi come nei poveri, per milioni di disoccupati e lavoratori impiegati nel settore informale (il mercato grigio non tutelato, che nei paesi poveri rappresenta il 90% dei posti di lavoro, rispetto al 18% nelle nazioni ricche). Basti pensare che a livello globale solo 1 disoccupato su 5 ha accesso a una qualsiasi forma di indennità di disoccupazione e che ben 2mld di persone nel mondo lavorano appunto nel settore informale. Per di più, su 3,3mld di lavoratori nel mondo, 1,25mld sono a rischio licenziamento per gli effetti della pandemia.
La diffusione del Coronavirus non conosce confini geografici e sistemi economici: esistono però enormi disuguaglianze nelle capacità dei diversi paesi di tutelare vita e salute dei cittadini e di contrastare le conseguenze socio-economiche della crisi. Le previsioni riguardano una caduta del prezzo delle materie prime, un blocco degli investimenti esteri e un forte rallentamento del commercio mondiale: il Wto (Organizzazione mondiale del commercio) prevede un crollo di oltre il 30% degli scambi mondiali in quasi tutte le regioni del mondo. Il commercio cadrà in America del Nord e Asia rispettivamente del 40% e del 36%, in Europa e in America del sud il calo supererà il 30%. D’altro canto, le Nazioni Unite stimano che circa la metà di tutti i posti di lavoro in Africa potrebbe andare persa e, secondo la Banca mondiale, la povertà potrebbe avere effetti disastrosi anche nell’Asia orientale e nella regione del Pacifico, dove 11mln di persone finiranno in povertà assoluta.
In Italia, già prima dell’emergenza Covid-19, il 25% dei cittadini riteneva di non poter affrontare una spesa imprevista di 800 euro senza indebitarsi, e un terzo delle famiglie non possedeva la liquidità necessaria per vivere più di tre mesi senza cadere in povertà. Secondo Oxfam, è essenziale che l’intervento di supporto al reddito presente nel decreto Cura Italia sia strutturato in modo da tenere davvero in conto le diverse condizioni economiche e i diversi bisogni dei cittadini. In particolare, si sollecitano misure sotto forma di “reddito di emergenza” che includano i collaboratori domestici, i tanti stagionali (vedi settori agricoli e turistici), gli impiegati parasubordinati non occupati, gli autonomi senza partita Iva e i circa 3mln di lavoratori con contratti in nero.
La disuguaglianza economica fuori controllo
Nel 2019 i miliardari della Lista Forbes (2.153 individui) possedevano più ricchezza di 4,6mld di persone. Tali patrimoni coesistono con la più grande povertà: le nuove stime della Banca Mondiale rivelano che quasi la metà della popolazione mondiale vive con meno di 5,50 dollari al giorno e che dal 2013 a oggi il tasso di riduzione della povertà si è dimezzato. Questo grande divario è il risultato di un sistema economico iniquo che valorizza la ricchezza di pochi privilegiati più dei 12,5mld di ore di lavoro di cura non retribuito e sottopagato, che in tutto il mondo è svolto principalmente da donne e ragazze. Prendersi cura degli altri, fare la spesa, cucinare e pulire, sono compiti quotidiani essenziali per il benessere delle comunità e per il funzionamento dell’economia. La responsabilità del lavoro di assistenza e la sua iniqua ripartizione perpetuano disuguaglianze di genere ed economiche: in particolare Oxfam ha calcolato che questo lavoro aggiunge valore all’economia per oltre 10mila miliardi di dollari. L’invecchiamento della popolazione, i tagli alla spesa pubblica e i cambiamenti climatici minacciano di ampliare ulteriormente le medesime disuguaglianze, alimentando una crisi progressiva proprio nel campo dell’assistenza. In questo scenario, i governi sono chiamati a intraprendere azioni coraggiose per costruire una nuova economia umana, che valorizzi il lavoro di cura e il benessere ponendoli al di sopra del profitto e della ricchezza.
In un mondo dove l’accesso alla sanità è carente, almeno 40 milioni di persone rischiano la vita. Perciò Oxfam Italia ha lanciato la petizione “Emergenza coronavirus #nonseisolo” rivolta ai leader del G20. Le richieste sono le seguenti: garantire l’accesso alla sanità gratuito per tutti; sostenere la diffusione di pratiche per prevenire il coronavirus, facilitando l’accesso degli operatori umanitari ai luoghi di emergenza e aumentando fornitura di acqua pulita e servizi igienico-sanitari; raddoppiare la spesa sanitaria degli 85 paesi più poveri del pianeta, finanziandoli con aiuti e con cancellazione del debito estero; assumere e formare 10mln di nuovi operatori sanitari, dotandoli dei necessari dispositivi di protezione; rendere vaccini e terapie un bene pubblico globale, assicurandone la piena disponibilità per tutti. Per non ripetere gli errori del dopo 2008, che hanno ampliato le ineguaglianze, Oxfam lancia un appello al Fondo monetario internazionale perché emetta 1.000mld di dollari di “Diritti speciali di prelievo” da utilizzare come helicopte rmoney, per permettere alle persone di nutrirsi.
Il livello verticale e orizzontale delle disuguaglianze
In queste settimane di contenimento del Covid-19 si continua a sentire che si è tutti sulla stessa barca, tutti in quarantena. Questo è vero, ma è innegabile che si tratta di una barca con diversi scompartimenti, ognuno con un differente grado di percezione del malessere.
Il messaggio “state a casa” ha finito per mostrare disuguaglianze di tipo “verticale” nell’edificio sociale. Diventa uno slogan che non ha senso per i senza fissa dimora (oggi ancor più precari per le mense chiuse, i posti ridotti nei dormitori, la riduzione dei volontari, lo stop a docce e lavaggio vestiti), che non vale per i detenuti (in spazi a disposizione ancor più ristretti, con interruzione dei lavori all’esterno, delle visite all’interno e di molte altre attività) e per i migranti presenti nei nostri centri permanenti per il rimpatrio (di fatto in condizioni di detenzione, senza che vengano rispettati i protocolli sanitari).
Una diversa esperienza e lettura della stessa pandemia emerge però anche a livello “orizzontale”, negli spazi abitati dalla gente comune. Per esempio, dall’inizio della quarantena, si sono dimezzate le telefonate alle reti di sostegno di donne vittime di violenza (manca la privacy per riuscire a denunciare!). È imploso tutto il mondo del lavoro nelle sue varie categorie: l’operaio costretto a recarsi in azienda in assenza di tutele sanitarie; il lavoratore autonomo che non può più lavorare; il dipendente in cassa integrazione che deve rinunciare a parte del suo già scarso stipendio. La previsione di 25mln di disoccupati creati dalla pandemia a livello globale fotografa un sistema socio-economico dalle basi molto fragili, con un ascensore sociale che riparte verso il basso. Questa precarietà lavorativa si riflette poi sulla condizione di vita delle famiglie del ceto medio: nel 2019 solo il 76% di queste aveva accesso a internet, anche per la diffusione non capillare della rete sul territorio, ma spesso per mancanza dei soldi per accedere alla tecnologia. Ora si registrano situazioni in cui genitori e figli si contendono l’unico computer di casa (tra smart working degli adulti e didattica online dei giovani) o dove gli smartphone non sono abbastanza all’avanguardia per consentire una decente comunicazione online.
Giorno dopo giorno – in tempo di pandemia – emergono storie di precariato, di discriminazioni e di barriere che ci ricordano quanto sia socialmente fragile ed eterogenea l’attuale società globalizzata. Cadono le illusioni e le false sicurezze con cui abbiamo costruito progetti e abitudini, ci ritroviamo nel mezzo di un tremendo esperimento sociale, dal vivo. Si tratta però di una sfida alle nostre capacità di affrontare il mondo e non la fine del mondo! Come ha sottolineato papa Francesco nel momento straordinario di preghiera in tempo di epidemia (27 marzo 2020), questo non è il tempo del giudizio di Dio, ma del nostro giudizio: occorre “cogliere questo tempo di prova come un tempo di scelta… il tempo di scegliere che cosa conta e che cosa passa, di separare ciò che è necessario da ciò che non lo è”.
Mario Chiaro