ODOARDO FOCHERINI
Martire della porta accanto
Odoardo ha avuto la forza e il coraggio, nonché la speranza, di vivere la fede e calarla nella propria complessa quotidianità. Ha mantenuto chiare le proprie priorità anche quando le difficoltà sono diventate enormi.
L’emergenza per il coronavirus ha sospeso le numerose celebrazioni previste dalla diocesi di Carpi per il 75° anniversario del martirio del beato Odoardo Focherini. Laico impegnato nell’associazionismo cattolico, lavoratore apprezzato, giornalista, marito esemplare e padre amorevole di sette figli, culminò la sua esperienza di vita e fede in modo tragico quando fu arrestato e deportato per la sua attività clandestina di salvataggio degli ebrei perseguitati durante la seconda guerra mondiale. Nei campi di concentramento nazisti trovò il martirio in odium fidei, tanto da essere proclamato beato nel 2013. Testimoni ha intervistato il comitato organizzatore di Carpi, composto fra gli altri da Luigi Lamma, direttore dell’Ufficio diocesano comunicazioni sociali e da due nipoti di Focherini: la storica Maria Peri e il giornalista Francesco Manicardi.
Esempio di vita cristiana
-Focherini è portato come esempio di vita cristiana e di «laicato impegnato». Com’è maturata la sua vocazione alla santità?
Odoardo nasce in una famiglia che lo educa alla vita religiosa, in particolare la madre Teresa ci tiene molto. Ha poi la fortuna di frequentare l’oratorio cittadino che in quegli anni è gestito da don Armando Benatti coadiuvato da Zeno Saltini, il futuro sacerdote e fondatore di Nomadelfia. Insieme a un folto e vivace gruppo di amici, Odoardo viene educato a riconoscere le povertà esistenti per poter poi intervenire concretamente. S’inserisce gradualmente nell’Azione Cattolica e vi si impegna a vari livelli fino a diventare, in piena epoca fascista, presidente diocesano. Il motto dell’AC di allora era imperniato sulle parole preghiera, azione, sacrificio: Odoardo impara a viverle nella quotidianità, traendo dai sacramenti la forza necessaria. Sa abbinare le doti di organizzatore efficace con la missione di evangelizzazione che sente forte in un momento così delicato per il suo Paese: è socio della confraternita San Vincenzo de’ Paoli, è tra i fondatori della sezione Unitalsi di Carpi, è attratto dallo scoutismo e lo importa in parrocchia, organizza in diocesi diversi congressi eucaristici che vedono la partecipazione di migliaia di fedeli.
Quello di Odoardo è un percorso di crescita umana e spirituale che lo porta ad affrontare consapevolmente le sue due grandi sfide: la gestione amministrativa del quotidiano cattolico bolognese L’Avvenire d’Italia – in tempi estremamente difficili a causa della guerra e della censura – e la sua mobilitazione per l’aiuto agli ebrei perseguitati. In entrambi i casi egli opera un discernimento, una lettura dei «segni dei tempi» che tanti suoi contemporanei non erano in grado di fare. Tutto compie facendo affidamento a Dio e in pieno accordo con la moglie Maria Marchesi.
La sua vita e le sue testimonianze
-Come conosciamo la vita di Focherini? Quali testimonianze ci ha lasciato?
Molto di ciò che Odoardo ha realizzato e raccolto nella sua vita è ora conservato in un fondo archivistico arricchito negli anni di tanti materiali riguardanti la sua memoria. La moglie Maria Marchesi, poi i figli e i nipoti hanno raccolto tutti i documenti relativi ai riconoscimenti ricevuti, alle commemorazioni negli anniversari e negli eventi dedicati, alla beatificazione e altro ancora. Odoardo aveva una vita ricca di affetti, amici e soddisfazioni: ci teneva a fissare i momenti più belli e importanti attraverso la scrittura – lettere, biglietti, articoli, resoconti – e una dovizia di fotografie. Per conoscere la sua storia oggi ci possiamo affidare anche a testi editi, come la sua biografia e le lettere pubblicate, ma anche a testimonianze raccolte in alcuni documentari sulla sua figura.
-In che cosa consiste l’attività del vostro comitato? Quali iniziative sono in campo per ricordare Focherini in diocesi di Carpi e fuori?
Il comitato è stato costituito nel 2013, in occasione della beatificazione di Focherini, e da allora promuove e coordina le iniziative sul beato in diocesi. A partire dalla primavera del 2019 il gruppo di lavoro diocesano per il beato Odoardo Focherini ha predisposto un programma di iniziative per riportare al centro della riflessione e della preghiera la comunità diocesana e anche il territorio, per la spiccata rilevanza civile dell’opera di Focherini. La spinta ulteriore è arrivata con la lettera pastorale «E camminava con loro» nella quale l’amministratore apostolico mons. Erio Castellucci ha indicato fra le priorità per l’anno pastorale 2019-20 la riscoperta dei testimoni di cui la chiesa di Carpi è ricca. Così si è rafforzato il comitato e ha preso forma un piano annuale con proposte indirizzate su vari ambiti e categorie sempre molto affini alla vita del beato. Dopo l’avvio delle celebrazioni il 13 dicembre con una serata all’insegna della musica, del canto e della danza, il 1° gennaio – Giornata per la Pace – si è svolta in cattedrale a Carpi la memoria solenne del sacrificio di Focherini. In seguito è stato possibile celebrare con gli studenti di Mirandola il Giorno della Memoria e anche i giornalisti locali hanno festeggiato il patrono San Francesco di Sales riflettendo sulla testimonianza del loro collega che non si piegò ai dettami del regime fascista.
Programmi fermati dal coronavirus
Purtroppo l’arrivo dell’epidemia ha bloccato tutto ciò che ormai era già pronto: una serata di attualità sul tema dell’accoglienza dei migranti (6 marzo), il convegno «La vita si fa storia» con importanti relatori (15 marzo), la Giornata della Gioventù (4 aprile) che avrebbe visto insieme i giovani delle diocesi di Carpi e di Modena alla scoperta del beato con un percorso nei luoghi della città che lo videro crescere e agire, altri incontri con insegnanti e gruppi che erano stati programmati. L’ultima speranza resta il prossimo maggio, in occasione della festa del patrono della città e diocesi di Carpi, san Bernardino da Siena, nel cui contesto è stato organizzato un convegno dedicato alla situazione della città oggi, nei vari ambiti di povertà umane e materiali e di disagio, con l’obiettivo di chiedersi come avrebbe risposto il beato Odoardo nella Carpi e nell’Italia di oggi. Era previsto per settembre un evento conclusivo insieme alla possibilità di recuperare almeno il convegno saltato a marzo, ma fare programmi nell’attuale momento di emergenza sanitaria è prematuro.
Accanto a queste iniziative si sta lavorando su altri due versanti. Il primo è quello della solidarietà: in collaborazione con l’associazione modenese Ho avuto sete verrà realizzato in Burkina Faso un pozzo intitolato a Focherini. La missione dei volontari era prevista all’inizio di marzo e per ora è rinviata, ma la raccolta fondi prosegue e il progetto andrà avanti in ogni caso. Infine, si sta lavorando alla realizzazione di un docufilm biografico che sia il più possibile esaustivo della poliedrica personalità di Odoardo, non allo scopo di farne un eroe, ma per delineare il suo essere «santo della porta accanto».
-Perché ricordare e pregare Focherini oggi? Quale eredità spirituale propone ai cristiani del terzo millennio?
Odoardo ha avuto la forza e il coraggio, nonché la speranza, di vivere la fede e calarla nella propria complessa quotidianità di sposo, padre, assicuratore, giornalista, uomo attento alla realtà e alle persone che incontrava. Dotato di alte qualità come comunicatore e organizzatore, era capace di mantenere sempre un profilo discreto per far risaltare l’opera di Dio negli eventi e nelle situazioni che lo vedevano in azione. Sono proprio queste caratteristiche, vissute quotidianamente e vicine a ciascuno di noi, che lo hanno portato a dedicare la propria vita agli altri e al Vangelo. Focherini parla agli uomini e alle donne di oggi con il suo sorriso, la sua fragilità, le sue risate, le sue passioni, la sua coerenza, la capacità di progettare in grande. È davvero un «santo della porta accanto», certo non un «cristiano da salotto». Non si è fatto sedurre dalle convenzioni sociali e politiche del proprio tempo, è riuscito a mantenere uno sguardo vigile e sensibile nonostante la dittatura e la violenza dilagante. Ha saputo mantenere chiare le proprie priorità anche quando le difficoltà sono diventate enormi, anche quando in gioco c’erano la propria vita e il destino dei propri cari. Nella nostra quotidianità, tutti noi siamo chiamati a piccole e grandi scelte. Avere esempi di questo calibro può essere di aiuto e fonte di speranza per ciascuno di noi.
a cura di Elena Boni