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Testimoni, storica rivista del Centro Editoriale Dehoniano, si propone di accompagnare il cammino delle comunità religiose, dei consacrati e delle consacrate, mettendo al cuore del suo programma le attese di papa Francesco, per aiutare i religiosi a leggere i segni dei tempi, a discernere ciò che oggi lo Spirito dice alla Chiesa.

 

Buona lettura.

La redazione di Settimana News
e il Centro Editoriale Dehoniano

La Mela Maria Cecilia
La pace, dono del Risorto
2020/4, p. 19
La pace è impegno fattivo, verifica concreta che, come cristiani, ci sentiamo tutti fratelli e sorelle. Il cammino della pace a volte o quasi sempre è difficile, richiede sacrificio, nasce dal perdono, da un cuore riconciliato, dalla disponibilità ad andare incontro agli altri senza giudicarli.
INCONTRO CON GESÙ NELLA PASQUA
La pace, dono del Risorto
La pace è impegno fattivo, verifica concreta che, come cristiani, ci sentiamo tutti fratelli e sorelle. Il cammino della pace a volte o quasi sempre è difficile, richiede sacrificio, nasce dal perdono, da un cuore riconciliato, dalla disponibilità ad andare incontro agli altri senza giudicarli.
L’annuncio solenne del Natale che risuona il 24 dicembre nei monasteri e conventi, ma anche in molte parrocchie, nello snodarsi cronologico delle varie date antecedenti l’evento dell’Incarnazione così puntualmente storicizzato, converge in un’espressione quanto mai consolante: toto orbe in pace composito, mentre tutto il mondo era nella pace, ecco la nascita di Gesù a Betlemme di Giudea.
A questo punto il lettore si starà chiedendo se per caso non è stato scambiato un testo per un altro, visto che il tema della seguente riflessione doveva essere incentrato sulla Pasqua. E difatti lo è. Il mistero della nascita è in funzione della morte e della resurrezione, l’Incarnazione c’è perché il fine ultimo è la Redenzione. Il Verbo si è fatto carne per essere l’Agnello sacrificale vittorioso. Ed è alla luce del dono della pace consegnato dal Risorto ai suoi discepoli, che la pace messianica prefigurata già nell’Antico Testamento diventa stabile condizione per l’umanità redenta. Gesù, nascendo, morendo e risorgendo, dona una pace vera e duratura e non quella fittizia e precaria fondata su accordi e strategie umane. Non la temporanea pace augustea del tempo cui fa riferimento l’annuncio solenne del Natale, ma quella che non avrà mai fine. La pace annunciata dagli angeli ai pastori nella notte santa, è donata dal Signore in persona la sera di quello stesso giorno, il primo della nuova creazione: il Cristo Risorto definisce e sancisce il giorno del Signore come il signore dei giorni. Ecco perché ogni celebrazione domenicale è celebrazione pasquale, Pasqua della settimana.
Il dato biblico e liturgico della pace
Una riflessione, questa sul dono della pace, che vuole pertanto svilupparsi lungo un duplice binario biblico e liturgico. La pace è un dono di Dio, ma anche un cammino da fare, una condizione interna ed esterna da invocare dall’Alto e un impegno da prendere. Come abbiamo sopra detto, «Gloria a Dio e pace in terra» cantano gli angeli alla nascita di Gesù; «Pace a voi» (Gv 20, 19.26) è il saluto di Gesù Risorto ai suoi apostoli. La vita terrena del Cristo è come inscritta in un crescendo di pace, di quella pace che non è soltanto assenza di guerra, ma è atteggiamento del cuore che si apre benevolo verso tutti. Il Messia preannunziato dai Profeti, atteso dal popolo di Israele come «principe della pace» (Is 9,5) è il Cristo, «il Signore della pace» (2Ts 3,16); Egli «è la nostra pace» (Ef 2,14).
Mediante il sangue della croce, Dio ha riconciliato a sé tutte le cose «rappacificando le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli» (Col 1, 20). Così scriveva madre Mectilde de Bar: «Gesù è un frutto di pace; manda ad annunciarla ai pastori e nella sua resurrezione la porta lui stesso: Pax vobis […]. Pace in tutto e dappertutto. Oh, perché non si fa l’impossibile per essere sempre in pace, dato che non c’è nulla di più dolce, nulla di più amabile per Gesù e per gli uomini! Pace nel cielo della vostra anima, pace nella terra del vostro cuore, dovunque pace». E ancora: «Desideriamo la pace che Gesù Cristo dà ai suoi apostoli: è questo il frutto della sua vita gloriosa. La pace è un tesoro di paradiso, non si trova sulla terra, è la presenza di Gesù che la opera….Questa pace divina è il sostegno dell’anima… Quando l’anima possiede questa tranquillità, Dio contempla se stesso nel fondo di essa e vi imprime le sue perfezioni divine. Quando Gesù dà la sua pace ad un’anima, le dona il suo Spirito, il suo amore. È una grazia meravigliosa avere questa pace che calma i turbamenti del nostro interno, scaccia il timore, tiene l’anima in un semplice e amoroso abbandono all’operazione divina. Cos’è questa pace se non la presenza di Gesù e la sua dimora nei nostri cuori? Vedete un po’ se avete partecipato alla grazia della Risurrezione: ciò che è più vantaggioso di tale grazia è la pace che Egli dà agli apostoli. Egli ci vuole in pace con Dio, in pace col prossimo, in pace con noi stessi».
Anche quando ci accostiamo al sacramento della riconciliazione si rinnova il dono di questa pace. Risuona infatti anche per noi l’invito incoraggiante di Gesù ai peccatori perdonati: «Va’ in pace»! La pace è l’impegno fattivo, la verifica concreta che, come cristiani, ci sentiamo tutti fratelli e sorelle. È vero, il cammino della pace a volte o quasi sempre è difficile, richiede sacrificio, ridimensionamento del proprio io e delle sue pretese, ma Gesù ci dà coraggio e fiducia di poterlo percorrere. La pace nasce dal perdono, da un cuore riconciliato. Se non c’è la disponibilità ad andare incontro agli altri senza giudicarli, non è autentico il nostro sederci alla stessa mensa. Siamo tutti fragili e peccatori, ma c’è un Dio che è Padre e ci ama di amore infinito. Siamo così chiamati ad essere sempre e ovunque beati perché «operatori di pace» (Mt 5,9), uomini e donne che con mitezza e umiltà mettono pace in ogni circostanza perché interiormente abitati da una calma profonda che ridimensiona e risana. Il segno della pace che ci si scambia durante la messa è ratifica e suggello a questo impegno.
Pace, sorella gemella della carità
La liturgia eucaristica è celebrazione del mistero di salvezza che sempre ci raggiunge. L’Eucaristia è il sacramento del corpo e del sangue di Cristo, segno di comunione nella fedeltà al comandamento dell’amore. Una conseguenza immediata di tutto questo è proprio la pace, sorella gemella della carità. Dall’Eucaristia celebrata, condivisa, mangiata, scaturisce la pace che è accettazione profonda di se stessi e degli altri. Nel segno della mano stretta al vicino deve esserci l’intenzione e la volontà di essere in pace con tutti. Non si può dire “amen” al corpo di Cristo se non si è in armonia con tutte le membra di questo stesso corpo che è la Chiesa. Dall’Eucaristia scaturisce la pace perché l’Eucaristia stessa è sorgente di pace. Se veramente si celebra la Messa, se l’adorazione davanti al Santissimo Sacramento è autentica, allora non siamo più quelli di prima, siamo trasformati, siamo pacificati e, proprio per questo, siamo abilitati a vivere e annunciare «il Vangelo della pace» (Ef 6,15). È l’Agnello di Dio che toglie il peccato dal mondo che solo può dare a noi la pace; la liturgia eucaristica fa risuonare infatti le parole stesse di Gesù: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi» (Gv 14,27).
L’Eucaristia, scuola di pace
All’inizio della messa il celebrante rivolge all’assemblea il saluto: «La pace sia con voi». L’augurio rivolto al termine della celebrazione eucaristica è: «Andate in pace», ossia portate agli altri quella pace che Cristo vi ha donato; proprio perché pacificati interiormente, contagiate questa pace al mondo che vi attende fuori dalla porta della chiesa. Al n° 27 della Lettera apostolica Mane nobiscum Domine (7 ottobre 2004) donataci da Giovanni Paolo II per l’anno speciale dell’Eucaristia, il Papa parlava infatti di una “cultura di comunione, di pace e di solidarietà”: «Il cristiano che partecipa all’Eucaristia apprende da essa a farsi promotore di comunione, di pace, di solidarietà, in tutte le circostanze della vita» perché l’Eucaristia è una grande scuola di pace.
La pace è un dono a cui credere, un atteggiamento da alimentare, un impegno per cui scommettersi. Se è vero che la pace ci viene donata, comunicata, quasi diremmo infusa, alitata come la vita dal soffio creatore della Trinità, tuttavia essa va custodita, difesa, rinnovata continuamente con responsabilità. Un dono fatto a tutti - “pace a voi” - ma messo singolarmente nelle mani di ciascuno. E quando si prega per la pace, quella con noi stessi e il prossimo, quella tra i popoli e le nazioni, bisogna ripensarla continuamente a partire dal nostro vissuto. Se la si invoca vuol dire che la si ritiene preziosa, ma non la si aspetta calata dal Cielo senza nessun nostro concorso: pregare per la pace è innanzitutto impegnarci a fondo per essa. Nel libro che papa Francesco ha regalato il Natale scorso ai dipendenti della Curia Romana, don Luigi Maria Epicoco parla dell’urgenza della testimonianza e della quotidianità come espressione imprescindibile di ogni rapporto con gli altri: «È la quotidianità il campo di battaglia, dove molto spesso, si fortificano o cadono molte relazioni». Gesù, che risorgendo da morte ha ribaltato la pietra del sepolcro ed è sceso sin negli inferi per liberare le anime ancora prigioniere delle tenebre, può giungere negli abissi della nostra anima spesso bloccata e rischiararla nel profondo. Lo stesso Gesù Risorto che è entrato nel cenacolo a porte chiuse portando il suo saluto-augurio di pace agli apostoli serrati nelle loro paure e resistenze, può disarmare e sciogliere le nostre ritrosie, incongruità e chiusure per aprirci alla pace accolta e a nostra volta donata. E con madre Annamaria Cànopi vogliamo così pregare: «Signore Gesù, nostro Salvatore, / vieni a noi risorto e vivo, / vieni passando attraverso le porte chiuse / dei nostri cuori stretti dall’angoscia. / Vieni con il tuo saluto di pace, / con il dono di te stesso, / e placa le nostre interiori tempeste. / Plasmaci un cuore umile e mite, / pienamente disarmato e riconciliato, / affinché la pace, compendio di tutti i beni, / si diffonda in mezzo a noi».
La risurrezione di Cristo diventa possibilità per ciascuno di noi di risorgere continuamente a vita nuova. È possibile, alla scuola di Maria, Regina della pace, “donna eucaristica” a tempo pieno, diventare seminatori di speranza, costruttori di carità, promotori di pace. In questo senso la pace è impegno autentico di vita, di una vocazione che trova nella preghiera, per dono della Grazia, quella serena stabilità interiore che si fa irradiazione di pace; pace che costruisce l’uomo nuovo, l’uomo autentico, il vero uomo. Ogni cristiano è chiamato ad assumersi la responsabilità di costruire la pace, di favorire il bene, di contribuire per migliorare la società. Nessuno è escluso, tutti siamo invitati ad innalzare i ponteggi del cantiere: il mondo va cambiato dal di dentro così come il cuore umano.
«Quando entrate in una casa, dite subito a quelli che vi abitano: Pace a voi» (Lc 10,5) ci comanda Gesù. Sì carissimo fratello, carissima sorella, la pace sia con te e ti accompagni ogni giorno. Gesù Risorto ti dia sempre il coraggio di volere tenacemente la pace e, volendola, di costruirla per il bene di tutti.
suor Maria Cecilia La Mela osbap