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Testimoni, storica rivista del Centro Editoriale Dehoniano, si propone di accompagnare il cammino delle comunità religiose, dei consacrati e delle consacrate, mettendo al cuore del suo programma le attese di papa Francesco, per aiutare i religiosi a leggere i segni dei tempi, a discernere ciò che oggi lo Spirito dice alla Chiesa.

 

Buona lettura.

La redazione di Settimana News
e il Centro Editoriale Dehoniano

Prezzi Lorenzo
Il dolore e l'enigma
2020/4, p. 14
La notizia degli abusi commessi da Jean Vanier, fondatore de l’Arche e dal suo padre spirituale, p. Thomas Philippe, addolora tutti i consacrati. Riconoscere il bene, interrogarsi sull’enigma, non abbandonare i poveri.
IL CASO JEAN VANIER
Il dolore e l’enigma
La notizia degli abusi commessi da Jean Vanier, fondatore de l’Arche e dal suo padre spirituale, p. Thomas Philippe, addolora tutti i consacrati. Riconoscere il bene, interrogarsi sull’enigma, non abbandonare i poveri.
Jean Vanier (1928 -2019), il fondatore dell’Arche, è stato attore di abusi su donne maggiorenni e non handicappate fra il 1970 e il 2005. Il suo padre spirituale, il domenicano Thomas Philippe (1905-1993) è stato riconosciuto colpevole di abusi nel 1956 e nel 2015. I responsabili internazionali della federazione delle comunità dell’Arche, Stephan Posner e Stacy Cates-Carney ne hanno dato notizia il 22 febbraio 2020. «Per molti fra noi, Jean Vanier, è stato fra le persone che abbiamo amato e rispettato di più. Abbiamo percezione del turbamento e del dolore che queste informazioni provocheranno per molti di noi, entro le comunità dell’Arche, ma anche all’esterno (e pensiamo in particolare ai membri di Fede e Luce), tanto ha ispirato e confortato moltissime persone in tutto il mondo. Se il grande bene che ha compiuto lungo la sua esistenza non è messo in questione, dobbiamo tuttavia elaborare il lutto di una certa visione che possiamo avere di lui, come delle nostre origini».
L’ennesimo e doloroso episodio di abusi da parte di uomini di Chiesa si presenta con caratteristiche particolari: la tempestività e l’accuratezza dell’informazione, la complessità del rapporto fra le due figure interessate, il contesto ecclesiale e le indicazioni sul futuro.
Informazione trasparente e coraggiosa
Nel 2014 l’equipe internazionale avvia una inchiesta sulla notizia di abusi perpetrati da p. Thomas Philippe su persone adulte (non handicappate) delle comunità. Emerge contestualmente la condanna che la Congregazione della dottrina della fede (sant’Uffizio) gli aveva comminato nel 1956, quando venne sospeso dalle autorità ecclesiali da ogni attività pastorale. Jean Vanier ne sapeva qualcosa? Il fatto che p. Thomas Philippe fosse il suo padre spirituale era compatibile con la sua attuale e chiara smentita di essere a conoscenza degli abusi? Nel maggio del 2016 i responsabili dell’Arche ricevono la prima testimonianza di una donna che denuncia comportamenti irregolari di Vanier nei suoi confronti durante gli anni ’70. L’interessato, direttamente interpellato, ammette i fatti, ma li considera consensuali, anche se chiede perdono alla donna. A marzo del 2019 una seconda donna offre una testimonianza di abusi. A questo punto parte una inchiesta e viene affidata a una organizzazione inglese, GCPS Consulting, nota per i suoi lavori in quest’ambito. Sul lavoro di inchiesta vigila un comitato di sorveglianza composto da due alti funzionari francesi. In parallelo si avvia un lavoro storico da parte di Antoine Mourges sull’archivio della curia provinciale dei domenicani relativamente a p. Thomas Philippe e sulle carte di J. Vanier, rese disponibili dopo la sua morte (7 maggio 2019). Sul lavoro storico vigilano altri storici, mentre l’insieme del rapporto è discusso con la Commissione indipendente sugli abusi sessuali nella Chiesa francese (CIASE) che approva le sue conclusioni. Nel Rapporto di sintesi messo in linea assieme alle informazioni dei responsabili si indicano i tre punti dell’indagine: le relazioni fra Jean Vanier e alcune donne; le relazioni fra Jean Vanier e p. Thomas Philippe; l’atteggiamento di Jean Vanier davanti agli abusi portati alla sua conoscenza.
La parola alle vittime
«La commissione d’inchiesta ha esaminato un certo numero di testimonianze di relazioni sessuali condizionate (da rapporti di potere) provenienti da donne adulte e non handicappate. Le relazioni implicavano diversi modi di comportamenti sessuali, spesso combinati con giustificazioni sedicenti “mistiche-spirituali”. Le relazioni sono presuntivamente legate a condizioni che la commissione d’inchiesta ha qualificate come “psicologicamente condizionate” e sono descritte come costituenti una violenza psicologica e caratterizzate da un rilevante disequilibrio di poteri: le vittime presunte si sono sentite prive di libero arbitrio e cioè l’attività sessuale è stata esercitata sotto costrizione o in condizioni coercitive. Questo include testimonianze secondo cui una parte dell’attività sessuale ha avuto luogo in un contesto di accompagnamento spirituale, nel quale Jean Vanier, come persona avente un’autorità e un potere significativi, proponeva ad alcune assistenti di accompagnarle personalmente. Numerose donne hanno dichiarato di essere all’epoca vulnerabili e che Jean Vanier ne era cosciente. La commissione incaricata ha ricevuto testimonianze credibili e concordanti, nell’arco di un periodo di più di 30 anni (1970 – 2005) in provenienza da differenti vittime presunte. Esse sono diverse per origine geografica, età, condizione (celibi, sposate, consacrate) e per il periodo a cui fanno riferimento. Descrivono eventi similari, fornendo prove sufficienti per stabilire che Jean Vanier ha avuto relazioni sessuali manipolatrici con almeno 6 donne adulte e non handicappate. Il numero non presuppone che non ci siano altri casi, ma tiene conto delle testimonianze ricevute. Le conclusioni sono confortate dal fatto che è ormai acclarato che Jean Vanier conosceva le pratiche sessuali e le teorie devianti avviate da p. Thomas Philippe e che lui stesso esercitava».
Thomas Philippe e Jean Vanier
P. Thomas Philippe avvia nel 1946 un centro di formazione internazionale chiamato «Eau vive» a Parigi, inteso come una «scuola di saggezza» dove proporre un insegnamento di teologia tomista e una iniziazione alla vita contemplativa. Jean Vanier, figlio di un diplomatico canadese, vi arriva 22enne nel 1950 e diventa rapidamente il braccio destro del fondatore oltre che discepolo. Dopo la denuncia di due donne i domenicani impongono a p. Thomas di abbandonare l’«Eau vive» nel 1952. Alla direzione è nominato Jean Vanier. La condanna canonica arriva nel 1956 e impone all’interessato di abbandonare ogni attività spirituale, compresa la direzione spirituale, tagliando ogni legame coi suoi collaboratori. Il che non succede. Jean Vanier continua clandestinamente nei rapporti e il carteggio dimostra l’interventismo di p. Thomas nelle successive decisioni. A partire dalla nascita dell’Arche nel 1964. Da un anno p. Thomas è rientrato dalla censura ed è parte del primo gruppo dell’Arche. «La teologia di p. Thomas – annota Vanier – mi ha dato principi solidi e forti. Non ne ho cercati altrove … sono solidamente cresciuto nel pensiero e nel metodo di p. Thomas». I domenicani francesi hanno deciso di avviare un gruppo di ricerca per «studiare la dottrina teologica di p. Thomas Philippe e precisarne le deviazioni». Il suo metodo di approccio al Vangelo di Giovanni, all’antropologia cristiana e alla missione profetica di superare le norme della morale mostra nei fatti gravi lacune. La mancata presa di distanza di J. Vanier ne ha favorito le derive.
Mons. Pierre d’Ornellas, vescovo accompagnatore de l’Arche e membro della commissione d’inchiesta interna sul caso Thomas Philippe si è così espresso dopo il dossier contro J. Vanier: «Siamo davanti a un enigma. L’enigma Jean Vanier! È indiscutibile che ha fatto un bene straordinario, un bene vero e non apparente. Ma è altrettanto vero che ha praticato una teoria mistica deviata ed erronea, accompagnata da pratiche sessuali totalmente censurabili. Senza dubbio continueranno le ricerche sulla storia dell’Arche. Permetteranno di meglio comprendere un enigma tanto sconcertante quanto doloroso».
Il bene che c’è
154 comunità e 19 progetti di comunità sono attivi in 38 paesi dei cinque continenti e raccolgono oltre 10.000 membri, handicappati e no. La loro missione è di «far riconoscere il dono delle persone con handicap intellettuale», di «sviluppare un contesto comunitario che risponda ai bisogni cangianti dei nostri membri, in fedeltà ai valori essenziali della nostra fondazione». «La nostra missione è di far conoscere il dono delle persone con handicap intellettuale e lavorare insieme per costruire una società più umana». Il riferimento è la Carta internazionale, approvata dal massimo organo che è l’assemblea della federazione (ultima a Belfast nel 2017), le cui indicazioni vengono attuate dalla direzione internazionale e dal Consiglio di sorveglianza internazionale. Da gennaio 2019 l’Arche si è data un codice di condotta per la prevenzione degli abusi.
Pieno consenso all’operazione trasparenza è arrivato dalla Conferenza episcopale francese, dalla Conferenza dei religiosi e religiose di Francia, dall’arcivescovo di Canterbury e dal papa che ha incontrato i responsabili de l’Arche alcune settimane fa. La presidente dei religiosi francesi, sr. Veronique Margron ha così commentato: «I responsabili dell’Arche hanno cominciato questo lavoro di verità che gli permette – al di là di ogni sbalordimento e incomprensione – di non cadere nella negazione. È il momento di guardare in faccia la realtà. Come questa personalità, per tutti così profondamente luminosa, poteva mascherare una faccia così oscura? Non precipitiamo una risposta, perché è necessario continuare il lavoro intrapreso. Più ci sarà rigore e chiarezza più l’Arche potrà riprendersi dall’abisso e più noi potremo continuare a sostenere questi luoghi magnifici di umanità … È necessario distinguere il pensiero di Jean Vanier e l’avvenire de l’Arche».
Fra i lavori messi in campo: una commissione per ricevere eventuali denunce di abusi e una seconda per accompagnare le vittime che, in tutta questa vicenda, sono state difese e sostenute. Si richiede alla comunità di avviare una valutazione approfondita delle attuali misure di prevenzione degli abusi, di creare spazi di parole e di scambi perché tutti possano esprimere i loro sentimenti e le loro reazione, e di mostrare «la nostra gratitudine alle donne che, da qualche anno hanno rotto il silenzio» sia per p. Philippe che per J. Vanier.
Lorenzo Prezzi