TEMPO DI COVID 19
Religiosi: voci nella pandemia
Sull’esperienza della vita consacrata in questo tempo di Covid-19 siamo già intervenuti (cf. SettimanaNews: Vita comune e coronavirus). Recensiamo ora alcune voci per indicare qualche elemento di rilievo.
Obbedienza serena e convinta a chi governa
Il primo riferimento è al dicastero vaticano per la vita consacrata che il 16 marzo ha inviato una lettera ai consacrati e consacrate, a firma del prefetto e del segretario, card. J. Braz de Aviz e mons. J.R. Carballo.
«Solitamente in Quaresima si moltiplicano iniziative di carità e momenti forti di preghiera e di riflessione per prepararci con uno spirito rinnovato e purificato alle feste pasquali e nelle nostre comunità anche i momenti celebrativi e di aggregazione si fanno più intensi. Quest’anno però siamo chiamati a vivere il tempo forte della fede, sempre con la stessa intensità, ma in modalità completamente diverse. La più efficace testimonianza che possiamo dare è, in primo luogo, l’obbedienza serena e convinta a quanto ci viene richiesto da coloro che ci governano, sia a livello statale che ecclesiale, a tutto ciò che viene disposto per la salvaguardia della nostra salute, sia come privati cittadini che come comunità.
È un dovere di carità e di riconoscenza che ciascuno di noi, singolarmente e come comunità, intensifichiamo la preghiera incessante per tutti coloro che ci stanno aiutando a vivere e a superare questi momenti difficili. Autorità, governanti, operatori sanitari di ogni livello, volontari della protezione civile e forze armate, tutti coloro che offrono la loro opera preziosa per la presente calamità siano oggetto della nostra preghiera e dell’offerta dei nostri sacrifici! Non facciamo mancare il prezioso contributo che ciascuno può offrire per una continua e incessante preghiera».
Intercessione
«Pensiamo in primo luogo alle comunità di contemplative che vogliono essere segno tangibile della preghiera costante e fiduciosa per tutta l’umanità. Pensiamo alle tante sorelle e fratelli anziani che accompagnano ogni giorno con la loro preghiera il ministero e l’apostolato di coloro che sono in attività e che si spendono con ogni forza per arrivare a ogni fratello e sorella in necessità. In questi giorni, con ancora maggior slancio, intensificate questo vostro apostolato prezioso e insostituibile, con la certezza che il Signore non tarderà ad esaudirci e, nella sua misericordia infinita, allontanerà un così grave flagello. Offriamo con gioia al Signore il grande sacrificio per la mancanza della santa messa e della partecipazione alla mensa eucaristica, viviamola in comunione con tutti coloro che, anche per mancanza di sacerdoti, non hanno il privilegio di partecipare quotidianamente al santo sacrificio.
Coloro che possono non facciano mancare i segni concreti di vicinanza al nostro popolo, sempre in ossequio alle disposizioni date dalle autorità a ciò proposte, e in piena fedeltà ai nostri carismi, come in ogni epoca della storia passata e recente, condividiamo le sofferenze, le ansie, le paure, ma con la certa fiducia che la risposta del Signore non tarderà ad arrivare e presto potremmo cantare un solenne Te Deum di ringraziamento. Il santo padre Francesco, proprio ieri, facendosi pellegrino alla Madonna salus populi romani e al crocifisso che salvò Roma dalla peste, ci ha voluto ricordare che i mezzi a nostra disposizione per debellare sciagure e calamità sono ai nostri tempi, tanto tecnologici e avanzati, gli stessi usati dai nostri antenati.
Preghiera, sacrificio, penitenza, digiuno e carità: armi potenti per strappare dal cuore eucaristico di Gesù la grazia di una guarigione totale da un così tanto insidioso morbo.
Care sorelle e cari fratelli, attraverso i mezzi di comunicazione abbiamo la possibilità di partecipare a celebrazioni e a momenti formativi, abbiamo la possibilità di sentici meno soli e isolati e di fare arrivare la nostra voce alle comunità più lontane. Diamo a tutti un segno di speranza e di fiducia e, pur vivendo con ansia e apprensione questi giorni, siamo convinti che, facendo bene ognuno la nostra parte, aiutiamo la comunità ad uscire fuori dalla presente ora buia».
Una preghiera ospitale
La presidente della conferenza dei religiosi e religiose francesi, suor Véronique Margron, il 16 marzo ha divulgato un’ampia lettera per dare indicazioni pratiche e dirette alle comunità religiose francesi.
«Molte delle comunità saranno in queste settimane in digiuno eucaristico. Una mancanza che ci farà soffrire. Che possa essere l’occasione per una comunione più profonda con il popolo invisibile che si raccoglie in ciascuno di noi e nel cuore delle nostre comunità. È il momento di allargarlo ulteriormente. La questione della veglia funebre dei nostri fratelli e sorelle defunti e delle celebrazioni esequiali si pone con una acutezza particolare.
Al di là della necessaria attenzione sanitaria, torneremo a comunicarvi indicazioni più precise perché coloro che muoiono continuino ad essere onorati come si conviene a un essere umano e che sia sempre manifesta la nostra speranza della loro accoglienza presso il Dio di ogni tenerezza».
«Non si tratta di combattere il virus soltanto per noi, ma in nome della fraternità, in nome della cura dell’altro, dei più fragili della nostra società. Malati, migranti senza dimora, persone povere e molti altri. Le nostre società, forse anche noi, mettiamo abitualmente in quarantena donne e uomini e gruppi umani. Fino a farne dei capri espiatori. La nostra storia, anche religiosa, ne porta le stigmate fino ai nostri giorni. La quarantena dove ormai siamo, potrebbe allora avere la virtù spirituale di avvicinarci con la fede e col cuore a tutti questi volti vulnerabili, rifiutati, emarginati e di tutti i sofferenti.
La fraternità anima ancora l’indirizzo del nostro sistema sanitario e dell’insieme del personale curante che lo fanno vivere giorno per giorno. Sono in frontiera per noi tutti. Conosciamo la loro competenza, il loro coinvolgimento. Conosciamo anche i limiti del sistema, anche in un paese ricco come il nostro. Non dobbiamo essere corresponsabili per negligenza o imprudenza a metterlo ulteriormente in tensione. Nelle prossime settimane cresceranno i malati e i pazienti gravi. Il virus può colpire chiunque e forme gravi possono svilupparsi in tutti».
Capaci di umanità
«La fraternità ci impone la cura di fare tutto il possibile per non ingolfare i servizi specialistici, o l’insieme del sistema di cura, portando allo sfinimento quelli e quelle che si impegnano con passione. Facciamo sentire la nostra riconoscenza».
È nostro compito inventare nuove forme di ospitalità, «trovare maniere che dicano la nostra amicizia e la nostra cura. La nostra capacità di umanità dovrà misurarsi in questo combattimento di lunga durata. Non per sfidare un virus, ma per essere nelle nostre modeste misure piccoli laboratori senza pretese di questa creatività di legami».
Senza entrare nelle polemiche politiche, è il momento di volere «che la nostra democrazia, che esprime il modo in cui siamo visceralmente legati alla libertà, alla dignità e alla fraternità, possa resistere in questa crisi senza precedenti e vincerla».
«La nostra tradizione biblica ci ricorda che le calamità non sono mai lontane. Ci ricorda anche che l’uomo ha bisogno di tempo, 40 giorni, 40 anni, per trovare il suo cammino, cambiare la sua vita, il suo cuore. È l’ora di aprirsi, di allargare lo spazio della tenda interiore. In queste settimane grigie, molte persone sono e saranno desolate, in difficoltà, senza alcun appoggio. Come Chiesa dobbiamo trovare il modo per sostenerle, anche se non possiamo raggiungerle fisicamente come molti di noi fanno di abitudine visitandole e accompagnandole.
Manifestare l’ascolto, la nostra sincera prossimità, la nostra fede umile e tenace è una priorità. Il sostegno spirituale e umano non si interrompe quando persone e famiglie ne hanno un bisogno maggiore, quando i luoghi abituali, come la cappellania o la parrocchia non possono rispondere. Il servizio della Chiesa oggi non è quello di ieri. È quello della compassione per chiunque abbia bisogno. Tocca a noi inventare una nuova forma a servizio di tutti in questo tempo di grande prova per molti».
Purificare le relazioni comunitarie
In una lettera del provinciale dei dehoniani, p. Enzo Brena, del 17 marzo, si affronta più direttamente il tema della relazione e della tenuta comunitaria.
«La condizione critica attuale – oramai di dimensioni mondiali, avendo toccato tutti i continenti – ci ha “costretti” a una realistica presa di coscienza di quanto siano importanti i valori fondamentali della nostra umanità, da tempo divenuti opzionali, quasi dimenticati. Persona, accoglienza, rispetto, dignità, stima, solidarietà, condivisione, misericordia, lealtà, onestà, fedeltà ecc.: tutti valori che esistono ancora anche se non sempre sono in cima alla hit parade dell’attenzione di noi che, guarda caso, abbiamo anche scelto di vivere in fraternità evangelica.
La condizione attuale ci ricorda, soprattutto, quanto sono importanti le relazioni, quanto è sano e ci fa bene ricordarci gli uni gli altri e comunicare. Sono tutte realtà da noi conosciute nella teoria, ma spesso dimenticate nella pratica, presi come siamo dai nostri programmi, impegni, interessi… presi da noi stessi, insomma».
«Il vivere fianco a fianco senza poter uscire ci mette in condizione, come mai prima nelle nostre comunità, di sperimentare qualità e spessore della libertà con cui abbiamo scelto di essere fratelli; di verificare se il metro di misura del nostro vivere in comunità è il fratello o il nostro io».
«Carissimi in questi giorni difficili aiutiamoci a vicenda a rispettare le regole di comportamento per far fronte all’emergenza sanitaria attuale, e accettiamo questo tempo di sacrifici come un’occasione di conversione. Aiutandoci, riusciremo a sconfiggere non solo il coronavirus, ma anche i tanti agenti patogeni che stanno dentro di noi e che ci impediscono di contemplare, già fin d’ora, la bellezza dell’opera di Dio che è ciascuno di noi, che è l’uomo vivente».
Temi trasversali
Vi sono alcuni elementi che in questi e altri testi tornano con insistenza.
Comunità, preghiera e missione
Il blocco degli spostamenti enfatizza necessariamente la dimensione comunitaria e quella della preghiera. Lo stare insieme è messo alla prova e, nello stesso tempo, è una risorsa straordinaria. Un legame che nasce come dono dello Spirito e che diventa vero nella cura reciproca, nel servizio, nell’incoraggiamento. Una sfida particolare è attiva nelle comunità multietniche dove vi possono essere reazioni diverse all’emergenza. Gli anziani sono una benedizione, ma anche un motivo in più di attenzione.
Non mancano i casi dei malati (vi sono intere comunità in quarantena), con la necessità di salvaguardare il loro isolamento e di patire l’assenza, almeno temporanea, del culto delle esequie per quelli che muoiono. Diventa molto forte il tema dell’intercessione rispetto a quanti (fedeli, colleghi, amici, familiari ecc.) erano i normali riferimenti dell’attività pastorale. La preghiera personale e comunitaria diventa l’opus Dei, opera di Dio in ciascuno e di ciascuno in Lui e nella Chiesa. Essa assume con evidenza il ruolo di punto focale della comunità. Per le comunità femminili, private spesso della celebrazione eucaristica, la dimensione orante assume una rilevanza ancora maggiore
Cittadini fra gli altri
Vi è un’insistenza non consueta sull’obbedienza alle regole di sanità pubblica che le autorità emettono. La pretesa di contrastarle in nome di una retorica autonomia non sembra avere alcun ruolo significativo, pur avendo le comunità memoria del coraggio manifestato dai religiosi in altre emergenze epidemiche della storia. In questa attenzione è iscritto sia il rispetto e il sostegno al personale di cura, sia un più radicale senso positivo dello stato democratico e della sua difesa.
Missione, lavoro e telelavoro
Il lavoro pastorale trova vie impreviste grazie ai nuovi strumenti comunicativi. Dall’uso ampio dei social alla trasmissione delle celebrazioni, dal tradizionale telefono ai contatti diretti (sempre all’interno delle regole) rianimano una rete di legami, anche se non estesa come la precedente. Per chi ha un lavoro legato al computer continua il proprio impegno, pur senza la strumentazione ulteriore garantita dall’ufficio.
Informazione
La comunità che assomma i rapporti diretti con quelli amicali e familiari oltre ai mezzi di comunicazione pubblica è sollecitata, da un lato, a una certa disciplina perché l’informazione non turbi il cuore spirituale dell’impresa e, dall’altro, dalla richiesta di un’informazione affidabile, con una riserva critica rispetto alle false informazioni che girano nella rete.
Lorenzo Prezzi