Zanoncelli Marco
Cura e preghiera
2020/3, p. 38
La cura è quell’atteggiamento che rende familiare lo straniero, vicino il lontano, che genera tra le persone ponti talmente forti da creare legami eterni e duraturi. Vive la cura colui che è decentrato da sé, sbilanciato verso l’altro, in un continuo esodo dal proprio io narcisistico verso un tu da cercare, da custodire, da promuovere e da valorizzare. Non è facile vivere questa radicale disponibilità all’altro, questa propensione all’ascolto che si fa dono. Per questo servono persone che «si hanno in mano», che non temono di perdersi in questo viaggio verso l’alterità.

Accedi alla tua area riservata per visualizzare i contenuti.

Questo contenuto è riservato agli abbonati a
Testimoni
.
VOCE DELLO SPIRITO
Cura e preghiera
La cura è quell’atteggiamento che rende familiare lo straniero, vicino il lontano, che genera tra le persone ponti talmente forti da creare legami eterni e duraturi. Vive la cura colui che è decentrato da sé, sbilanciato verso l'altro, in un continuo esodo dal proprio io narcisistico verso un tu da cercare, da custodire, da promuovere e da valorizzare. Non è facile vivere questa radicale disponibilità all'altro, questa propensione all'ascolto che si fa dono. Per questo servono persone che «si hanno in mano», che non temono di perdersi in questo viaggio verso l'alterità. L'esercizio della cura esige persone riconciliate con se stesse, con gli altri e con la vita, disponibili a questo esodo che le spinge ad abbandonare la sicurezza della propria autoreferenzialità per incontrare l'altro, là dove si trova. […] Esiste un «luogo» nel quale riesci a sperimentare una custodia viva e profonda dei tuoi legami, in cui questa cura si esprime in maniera sommamente libera e liberamente gioiosa. Questo luogo è la preghiera. Non so perché ma spesso ci portiamo dentro un assurdo preconcetto sulla preghiera, percepita come un’esperienza solitaria, introversa, addirittura solipsistica. Intendiamo la preghiera come un fatto talmente intimo da divenire uno spazio arido e solitario, abitato solo dalla nostra consapevolezza e agitato solo dai movimenti del nostro spirito. La preghiera può invece trasformarsi in un luogo affollato, spesso talmente gremito di gente che fatichi a contenerla tutta. Accade quando le persone di cui ti prendi cura, che ami e che abitano i tuoi affetti, si rendono presenti nella tua preghiera come una compagnia calda e piacevole, come un consorzio di legami che dà pienezza e sostanza alla tua esistenza. La preghiera può diventare un luogo di custodia, uno spazio in cui puoi prenderti cura delle tue relazioni, in cui puoi occuparti delle persone care, non solo pensando a loro, ma condividendo quel pezzo di vita che stanno percorrendo, quella difficoltà che stanno sperimentando, quella meta che stanno inseguendo e celebrando i traguardi che hanno raggiunto. È sufficiente lasciare che i volti delle persone scorrano sotto gli occhi della nostra anima; basta che i visi vengano ad abitare la nostra preghiera, a prendere posto nei nostri ricordi. È sufficiente che quelle persone siano lì con noi, semplicemente e poveramente, e sentire il loro esserci, percepire il loro passo stanco o affaticato, vigoroso e gioioso, tentennante e incerto. È in questo modo che possiamo davvero sperimentare una vicinanza profonda e ricca, una compagnia capace di andare al di là del tempo e dello spazio, una cura che sa andare al cuore delle cose, che sa superare egoismi e interessi, capricci e voglie, simpatie e risentimenti. Nella preghiera abbiamo la possibilità di giungere anche là dove la nostra mano e le nostre parole non sanno arrivare, dove la nostra presenza fisica non può giungere. La cura è forse una delle dimensioni più alte dell'essere uomo, una meta che è segno di un’umanità piena e ricca. In quello spazio orante in cui il volto dell'altro e dell'Altro si fanno presenti, ciascuno di noi sperimenta quella comunione di vita che la tradizione della Chiesa ha indicato come comunione dei santi. È il luogo in cui, nel Figlio, sperimentiamo tutti una figliolanza che ci rende, indissolubilmente ed eternamente, fratelli.
Marco Zanoncelli
da “I gesti della vita”
EDB, Bologna 2019