"Ecco faccio una cosa nuova"
2020/3, p. 16
Possiamo ricavare qualche tratto dalle relazioni presentate nei primi giorni
del Capitolo, nonché dalle Linee conclusive, frutto dell’elaborazione dei gruppi di lavoro e poi dell’Assemblea.
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Testimoni
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La Provincia italiana delle Suore Maria Bambina si ridisegna
“Ecco faccio una cosa nuova”
Possiamo ricavare qualche tratto dalle relazioni presentate nei primi giorni del Capitolo, nonché dalle Linee conclusive, frutto dell’elaborazione dei gruppi di lavoro e poi dell’Assemblea.
Con il secondo mandato della superiora generale madre Ammamaria Viganò, il “ridisegno” partito dalla Provincia italiana si sta avviando nel resto dell’Istituto con un accompagnamento che mi vede coinvolta per aiutare a rielaborare il significato dei singoli passi compiuti e a delineare la forma da conferire a quelli ancora da compiere per le oltre 1200 suore di Maria Bambina presenti in Italia e le circa 3500 in Asia, America del sud e Africa.
Per la Provincia d’Italia (tenuta a battesimo nel 2016, dopo la progressiva unificazione di quelle che solo otto anni fa erano ancora 5 province), il ridisegno, avviato all’inizio del 2012, è andato gradualmente maturando fino all’attuale Capitolo, attraverso un percorso più consapevolmente sinodale.
Per la prima volta, accanto alle relazioni della Superiora provinciale e dell’Economa è stata prevista una relazione delle coordinatrici dei “Gruppi di sostegno” (GdS), attivati nel 2014-15 come uno degli esiti della prima fase del ridisegno. I GdS sono gruppi di lavoro composti da suore impegnate nei “classici” settori apostolici (povertà emergenti, pastorale della salute, scuola, pastorale giovanile), ma aperti a una maggior condivisione tra loro in costante collegamento con i Consigli provinciale e generale.
Nuovo metodo di condivisione
fra le comunità
Madre Annamaria, nella sua relazione al XXVII Capitolo Generale circa il metodo usato dai GdS, scriveva: «I GdS, per il loro specifico metodo di lavoro, non sono da considerarsi come i gruppi di settore apostolico, di cui l’Istituto si è positivamente avvalso e si avvale. Tale metodo consiste nel raccontarsi reciprocamente l’esperienza apostolica che si sta facendo; riflettere insieme su di essa; mettere in atto un confronto. Esso esige da un lato un atteggiamento di ascolto senza giudizio, ponendosi dentro il punto di vista di chi racconta, per poi aiutare eventualmente a leggere l’esperienza raccontata da una prospettiva diversa; dall’altro di lasciare che le consorelle di altre comunità guardino l’esperienza raccontata e dicano quello che intravvedono, facciano domande che aiutino a pensare ai perché, ai significati, per cercare di leggere la realtà da altre prospettive e cogliere il senso profondo di ciò che si fa, la novità presente nell’esistente».
Il Capitolo provinciale, per il quale era stato scelto il tema: Ecco faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? (Is 43,19) è stato un’occasione per condividere anche questi “sguardi nuovi” aperti alle prospettive future della provincia.
Per quanto riguarda il metodo dei GdS, le coordinatrici hanno messo in luce innanzi tutto l’importanza di:
-suscitare ricerca, domande, prima di affrettarsi a proporre soluzioni;
-favorire la condivisione di esperienze;
-animare e aiutare ad andare in profondità senza essere inquisitorie; omettere tutto ciò che rischia di esprimere personali valutazioni/giudizi cercando sempre il positivo;
-riconoscere e valorizzare l’esistente e non fermarsi a quello che manca;
-rispettare l’esperienza e il vissuto di ciascuna comunità e di ogni suora;
-evitare discorsi generici e astratti, mantenendo lo sguardo sulla realtà e sull’esperienza; riconoscere il primato della realtà sulle idee;
-porre passi di conversione personale e comunitaria, superando le resistenze al cambiamento.
“Sguardi nuovi” sul quotidiano
Nel GdS “Povertà e Formazione alla Fede sul Territorio” è emersa la presenza di una comunità in un contesto di povertà socio-culturale-ecclesiale: non ha con la parrocchia una collaborazione continuativa, ma è presente nel quartiere, tra le famiglie, a sostegno della scolarizzazione per la promozione-integrazione dei minori in alternativa alle proposte di “arrangiamento malavitoso”. Gli adulti chiedono alle suore di essere preparati ai sacramenti di iniziazione cristiana e al matrimonio. I sacerdoti chiedono alle suore di occuparsi delle donne che esprimono loro la richiesta di un percorso sacramentale.
Un’altra comunità, convinta di non avere molte risorse a causa dell’anzianità, è arrivata a riconoscere che si potevano ugualmente intensificare gli scambi con i laici e le altre realtà educative sul territorio che – prima dello scambio con il GdS – venivano percepite come troppo diverse, se non distanti. Tutto ciò ha portato queste suore anziane a ri-coinvolgersi direttamente in attività anche nuove per rispondere insieme ai bisogni. Parallelamente, è nata da parte dei laici la richiesta alla comunità di una formazione condivisa e di approfondire la conoscenza della spiritualità dell’Istituto.
Il GdS sulla Pastorale della Salute ha riconosciuto che “la nostra prassi, caratterizzata da un’operatività tecnica alla quale la professione infermieristica aveva abituate ed abilitate, doveva diventare anche riflessione profonda per cogliere il senso di quanto ci viene chiesto nelle relazioni di vicinanza che il servizio di pastorale sanitaria consente.” Ne è scaturita una approfondita riflessione sull’immagine ambigua della “volontà di Dio” che si rischia di veicolare di fronte alla sofferenza e sulla necessità di trasmettere innanzi tutto la vicinanza e l’Amore di Dio, anche quando diventa più difficile farne l’esperienza.
Infine, il GdS sulla Pastorale Giovanile ha riconosciuto che “accogliere i giovani in casa fa bene anche a noi, ci fa aprire gli occhi su noi stesse e cambia il nostro sguardo su di loro, scoprendo risorse impensate. C’è ancora molto cammino da fare per maturare la consapevolezza che la pastorale giovanile non è un servizio tra i tanti, bensì un’attenzione e uno stile trasversale a tutti i servizi apostolici”.
Linee per il cammino
formativo della Provincia
Dalle ricche riflessioni contenute nella relazione della Superiora provinciale, M. Piercarla Mauri, dell’Economa, sr. Antonia Ferraro e nell’esperienza dei Gruppi di sostegno, le Capitolari sono giunte ad individuare 4 nuclei tematici sui quali lavorare in modo specifico: formazione, poveri, giovani e fragilità. Ed è attorno a questi che ha preso forma il Documento conclusivo sulle Linee per il cammino formativo della Provincia nel quadriennio 2020-2024.
Riguardo alla formazione: “Riconoscendo che solo ciò che tocca la vita ci forma, ci si propone di sperimentare in comunità occasioni e spazi di riflessione personale e condivisa sulle esperienze apostoliche e sul contesto, sui momenti e gesti quotidiani della vita fraterna, sulla dimensione economica della nostra vita, per formarci a “guardare la realtà insieme e insieme cercare la novità che germoglia” per “portarla alla luce e impegnarci a viverla”. Siamo consapevoli che questo stile si impara facendo e che esso esige un accompagnamento che curi il maturare tra noi di una comunicazione fatta di ascolto, rispetto, non giudizio, attenzione al contributo di ciascuna, capacità di farsi domande, anziché cercare subito risposte”. Come a dire che la condivisione sperimentata grazie ai GdS ne ha fatto apprezzare l’efficacia e ha evidenziato la necessità di passare dall’urgenza di trovare soluzioni ai problemi e alle questioni, all’importanza di fermarsi a pensare e costruire uno sguardo condiviso. Tale metodo qualifica la fraternità perché permette di approfondire la conoscenza e la stima reciproca e promuove la partecipazione anche di chi è restia al confronto.
Sui poveri: “Occorre darsi tempo come comunità per rileggere ciò che viviamo nella nostra relazione con chi è povero, per non svolgere solo servizi, ma per maturare e condividere uno stile capace di ascolto paziente e profondo; per aiutarci a superare forme di assistenzialismo e maternalismo; per riconoscere sottili forme di discriminazione che permangono anche tra noi; per interrogarci su come rendere le nostre case più accoglienti; per crescere nella capacità di metterci in gioco con la nostra povertà e impotenza. Le situazioni di povertà che incontriamo ci sollecitano ad attivare collaborazioni e a metterci in rete con altri soggetti (congregazioni, laici, enti…) per leggere meglio la realtà, per operare un discernimento sulle nostre modalità di presenza, per promuovere e sostenere l’iniziativa di altri nella carità. È oggi sempre più importante avere il coraggio di prendere posizione anche pubblica contro le forme di sfruttamento e contrastare quella mentalità razzista che si respira a livello sociale e che può inquinare anche i nostri cuori”.
Quanto alle opere, si segnala una riflessione secondo cui “è opportuno superare la mentalità che lega la nostra possibilità di risposta solo a servizi stabili e strutturati, per pensare a forme agili e temporanee di servizio, che permettano di dare aiuto a situazioni di bisogno, anche là dove già operano nostre comunità”. Infine, “nel ridimensionamento – guidato dai criteri del ridisegno – occorre essere attente a quelle zone dove c’è più povertà di presenze religiose. Il divario Nord-Sud è ancora molto forte e ci chiede disponibilità alla mobilità apostolica.”
Riguardo ai giovani, il desiderio è che “ogni comunità sia capace di ascoltare, mettersi in gioco, interrogarsi sui giovani che incontra, trovando modi concreti e condivisi per accogliere; preghi per quelli che incontra e per i molti che non riesce ad incontrare; sia ‘amante della gioventù’, capace di vera tenerezza e compassione, di piangere e gioire con loro, capace di recepire il loro ‘vieni e vedi’, prima che il nostro; sappia farsi ‘casa’ per i giovani, perché possano incontrare fraternità autentiche, non perfette, ma evangeliche, dove noi stesse ci giochiamo in relazioni vere, nella gratuità dell’incontro, nella condivisione semplice, quotidiana, con quello stile che favorisce la relazione e offre spazi di vita e clima di silenzio”.
Riguardo infine alla fragilità, essa è “caratteristica del nostro essere creature, che ci fa solidali con tutti nella impegnativa obbedienza alla vita” e ci chiede di accoglierla e di riconoscerla nei suoi tratti di fatica e porla con umiltà sotto lo sguardo di Gesù; a non viverla come alibi per tirarci indietro. Viviamo l’attenzione alle sorelle anziane come opportunità per ricevere il loro dono, occasione di incontro con il mistero della fragilità e del limite che fa parte della vita.
Sr. Caterina Bonalda ha così concluso il Capitolo: “In questi giorni ci siamo accorte che il ‘nuovo’ sta nell’incontro, nel cercare insieme e nell’ascoltarci reciprocamente, nel desiderio di intravvedere il bene, nel necessario ripensamento delle nostre ‘attenzioni formative’ perché ci aiutino realisticamente a ridare senso ai gesti di ogni giorno, a passare il guado delle tensioni, delle incomprensioni, dello scontro tra sensibilità e punti di vista diversi, per imparare dall’esperienza e dalla diversità.” Sarà compito di tutto il Consiglio provinciale trovare le forme perché ciò possa avvenire, mantenendo quella prospettiva di sinodalità e corresponsabilità che il processo di ridisegno esige sempre più.
Giorgia Gariboldi