Filippi Alfio; Laudage Christine
Maria Grazia Mara ha attraversato la notte. Suor Angela come un raggio di sole
2020/2, p. 13
All’alba di lunedì 30 dicembre è morta nella sua casa di Roma Maria Grazia Mara, tenuta per mano da chi le era vicino. Era nata nel 1923 e ha attraversato la notte di una lunga attesa. Nel diminuire delle forze, della vista e della mobilità continuava a chiedersi e a chiedere perché Dio non la veniva a prendere. Auschwitz, 23 dicembre 1944

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In situazioni diverse hanno testimoniato la loro fede
Maria Grazia Mara ha attraversato la notte
All’alba di lunedì 30 dicembre è morta nella sua casa di Roma Maria Grazia Mara, tenuta per mano da chi le era vicino. Era nata nel 1923 e ha attraversato la notte di una lunga attesa. Nel diminuire delle forze, della vista e della mobilità continuava a chiedersi e a chiedere perché Dio non la veniva a prendere.
L’ho conosciuta come docente e ne ho ricevuto tanto come amica: la contattai per chiederle se era disponibile a stendere per le EDB un commento serio all’apocrifo Vangelo di Pietro, uscito poi nel 2003 nella collana “Scritti delle origini cristiane”; di quest’opera aveva già fatto nel 1973 l’edizione critica presso le Sources Chrétiennes. Il discepolato che ne nacque da parte mia divenne ben presto amicizia condivisa.
Era nata a Milano nel 1923 e cresciuta fino a 16 anni a Tunisi, ove il padre, nei quartieri poveri della città, esercitava la medicina come autentica filantropia religiosa. Un aspetto sul quale ella tornava spesso come tratto essenziale dell’essere cristiani.
Al momento della rottura politica tra Francia e Italia causata dal fascismo, fu caricata con tutti gli italiani su una nave: lei, papà e mamma arrivarono a Roma con quello che avevano addosso. Ricominciarono dal nulla e tra la diffidenza per chi viene da lontano.
Mi ha raccontato una per una le prime cose che la mamma riusciva a comprare, elencava le persone che avevano offerto un gesto e la comprensione.
Su questa seminagione profonda dell’altruismo, dato e ricevuto, Maria Grazia ha costruito la sua fede. La sua ricerca su Ricchezza e povertà nel cristianesimo primitivo (pp. 260, EDB 2015) e il suo commento al testo di Ambrogio su La vigna di Naboth (pp. 136, EDB 2015 e 2016) nascono da questo vissuto.
Per decenni è stata docente di storia del cristianesimo all’Università di Roma La Sapienza e ha insegnato Patrologia fondamentale alla pontificia facoltà Augustinianum.
Nell’insegnamento accademico e nella vita della Chiesa ha sempre predicato e praticato libertà e verità, anche quando sapeva che le sue posizioni non avrebbero facilitato la sua carriera. Non a caso è stata studiosa innamorata di Erasmo.
Era esigente nell’affermare la serietà nello studio, sia sul versante laico sia su quello ecclesiastico; non lo voleva apologetico e rifiutava decisamente la cultura come forma di potere.
Della Chiesa amava sottolineare l’universalità in senso umano e non clericale; ricordava che Chenu le aveva detto, alzando il dito: «La Chiesa arriva fino a dove cielo e terra si uniscono», cioè in ogni uomo. Un ecumenismo umano e universale. «Se manca l’umano, la grazia non ha dove posarsi», è un altro dei suoi princìpi. Per questo ricordava spesso suo padre, religioso perché filantropo. Lui e lei hanno attraversato la notte della fede.
Di conforto immenso fu per lei la visita privata e improvvisa di papa Francesco a casa sua. «Come dovere di giustizia, per ringraziarla del bene che ha fatto e fa alla Chiesa», le disse.
La sua memoria è in benedizione.
Alfio Filippi
Suor Angela, come un raggio di sole
Auschwitz, 23 dicembre 1944
«In questo manicomio Angela era come un sorriso dell’alba, come un raggio di sole. Nel mezzo della miseria inimmaginabile con lei sorgeva un’isola di tenerezza». Così scriveva nel campo di concentramento di Auschwitz una dottoressa ebrea in riferimento alla presenza di suor Angela del Sacro Cuore di Gesù. La suora, nata in Vestfalia, è nota anche come «l’angelo di Auschwitz». Suor Angela morì di infarto il 23 dicembre 1944 mentre il campo di concentramento veniva bombardato dagli americani.
Suor Angela aveva cercato di aiutare i compagni e le compagne di prigionia prima nel campo di concentramento di Ravensbrück e poi in quello di Auschwitz. Nei quattro anni che passò nei campi di concentramento nazisti, suor Angela ha vissuto il carisma del suo Ordine: aiutare ed essere prossimi agli uomini e le donne incarcerati. Ed è morta per vivere questo carisma spirituale.
Maria Cecilia Autsch, questo il suo nome di battesimo, nacque il 26 marzo 1900 a Röllecken in Vestfalia, in una famiglia di sette bambini; qui imparò a conoscere la povertà sulla propria pelle. Per contribuire al sostentamento della sua famiglia, Maria Cecilia lavorò dapprima come bambinaia e poi come commessa in un negozio di vestiti. Ma non trovò in queste attività il senso della sua vita. Dopo qualche tempo si decise per la vita religiosa.
Attraverso la sua partecipazione all’opera del movimento laicale dell’Ordine delle Trinitarie Scalze, Maria Cecilia entrò nel settembre del 1933 nell’unico convento di lingua tedesca della Congregazione a Mötz in Tirolo. Cinque anni dopo fece la sua professione perpetua: Maria Cecilia divenne così suor Angela del Sacro Cuore di Gesù.
Quel 1938 fu un anno fatidico per l’Austria e anche la vita della suora fu toccata in maniera decisiva. I nazional-socialisti salirono al potere in Austria e cercarono di requisire il convento di Mötz. Suor Angela si oppose con successo a questo tentativo da parte del nuovo potere politico.
Suor Angela Autsch
«Hitler è una piaga per tutta l’Europa» – con queste parole suor Angela diede voce ai moti del suo cuore. Altre sue osservazioni pubbliche fecero pensare alla Gestapo che ascoltasse notizie trasmesse dalle radio nemiche (il cui ascolto era stato proibito). Per queste ragioni fu incarcerata, nell’agosto del 1940, nel campo di concentramento di Ravensbrück con l’accusa di «insulti contro il Führer e di corruzione delle forze militari».
Con su scritto il numero di prigionia 4651, suor Angela portava la pezza rossa che contrassegnava coloro che erano stati internati per motivi politici. A tutt’oggi disponiamo di 67 sue lettere di prigionia, in cui suor Angela racconta in maniera cifrata della sua vita quotidiana nel campo di concentramento.
Le fu affidato un lavoro nell’infermeria del campo, a cui avevano accesso solo i nazisti, dove doveva occuparsi della lavanderia e della distribuzione del cibo. Tutto questo si rivelò essere una benedizione per gli altri prigionieri, poiché in tal modo suor Angela fu in grado di dare loro cibo, acqua calda e sapone, come le fu possibile nascondere nella lavanderia prigionieri malati così che potessero riprendersi almeno un po’. Il soprannome di «angelo di Auschwitz» se l’è guadagnato mettendo in gioco la sua vita per gli altri.
Dopo la sua morte, alla vigilia di Natale del ’44 il suo cadavere fu immediatamente bruciato nei forni crematori di Auschwitz. Il processo di beatificazione è stato aperto a Vienna nel 1990; nel 1992 gli atti sono stati spediti a Roma. Nel maggio 2018 papa Francesco ne ha riconosciuto le virtù eroiche.
Christine Laudage