DÍEZ GONZALO A. LUIS
Il nuovo ruolo delle religiose nella Chiesa
2020/12, p. 4
Ci sono molte donne in tutto il mondo con esperienza e con una buona formazione teologica. Bisogna contare su di loro nelle decisioni di trasformazione che stanno avvenendo. L’intervista è stata raccolta da Luis A.Gonzalo Díez, cfm direttore di Vida Religiosa

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Testimoni
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INTERVISTA A PATRICIA MURRAY SEGRETARIA UISG
Il nuovo ruolo delle religiose nella Chiesa
Ci sono molte donne in tutto il mondo con esperienza e con una buona formazione teologica. Bisogna contare su di loro nelle decisioni di trasformazione che stanno avvenendo. L’intervista è stata raccolta da Luis A.Gonzalo Díez, cfm direttore di Vida Religiosa
-Qual è la missione fondamentale della segretaria esecutiva dell’UISG?
Appoggiare la Giunta esecutiva nel suo ministero di servizio alle donne che sono a capo delle congregazioni di tutto il mondo. Concretizzando un po’ di più, direi che si esprime nei seguenti servizi:
rendere visibile l’identità carismatica della vita religiosa apostolica e promuovere il suo sviluppo nella Chiesa e nel mondo.
condividere esperienze, scambiare informazioni e promuovere la comunicazione sociale e religiosa.
riflettere sulle sfide del tempo e cercare risposte adeguate.
incrementare e rafforzare le relazioni con il Vaticano e, in particolare, mantenere vincoli di collaborazione, coordinamento e dialogo con i dicasteri, i consigli e gli altri organismi che si occupano specialmente della vita religiosa femminile.
esprimere solidarietà, collaborare nei progetti di interesse generale e rafforzare i vincoli di comunione.
La nostra ottica come suore religiose è “non fare mai da sole ciò che possiamo fare insieme”.
-Che percezione ha degli effetti di Covid-19 nella vita consacrata? Abbiamo imparato qualcosa? Ha migliorato il senso della missione e dell’implicazione nella trasformazione del mondo?
Covid-19 ha avuto un enorme effetto nella vita e nei servizi delle suore. Pensi che l’UISG ha quasi 2000 membri che rappresentano più di 650.000 religiose. Perciò abbiamo la percezione dell’impatto che ha esperimentato tutto il mondo. Per spiegare ciò che affermo: sono morte molte religiose, diverse di loro erano in pensione in età avanzata, che hanno prestato servizio in tanti ministeri diversi per decenni, in molti settori differenti (catechesi ed evangelizzazione, educazione, salute, sviluppo comunitario, promozione della donna , ecc. ). Altre che sono morte si trovavano in ministeri di prima linea come medici, infermiere, e altre in funzione nella cura della salute e lo sviluppo della comunità. Molte lavoravano tra i poveri e rispondevano alla crisi attuale della mancanza di alimenti quando le persone perdevano il loro impiego o le forniture degli alimenti non giungevano nelle loro località rurali o urbane. Non conosciamo il numero esatto dei morti perché non è opportuno chiederlo in questo momento quando le suore e le famiglie stanno ancora piangendo la loro perdita.
Le suore sono state vicine ai bisogni immediati nelle numerose comunità dove vivono in tutto il mondo. Hanno mobilitato le comunità per confezionare mascherine, per creare modalità che garantissero alle persone l’accesso all’acqua. Hanno messo in guardia le loro scuole, ospedali, quartieri e zone remote dal pericolo del Covid-19 e intrapreso campagne educative per aiutare le famiglie e le comunità a proteggersi, specialmente nei luoghi dove le risorse sono scarse.
In alcuni luoghi hanno sentito la sofferenza di essere isolate dalle persone che servivano, in seguito alle norme di allarme, ma hanno trovato forme creative per collegarsi per telefono, skype, Zoom, ecc. Offrono una presenza di sostegno attraverso l’ascolto, le conversazioni, lo scambio di preghiere, l’offerta di consigli e di informazioni.
Abbiamo visto che il Covid ha fatto crescere la paura e l’ansia di molti e, come è avvenuto in tutte le pandemie della storia, le suore hanno costatato un aumento di xenofobia e della tendenza a temere e incolpare gli altri.
Abbiamo imparato ad essere interconnesse con tutto il mondo e ad avere la responsabilità di prenderci cura gli uni gli altri. Vediamo che la solidarietà e la comunione richiedono decisioni concrete e, inoltre, che non ci sono frontiere quando si tratta di tendere la mano.
Ci sono esempi meravigliosi di suore che attraversano le “loro frontiere” per aiutare.
Le suore dell’India hanno offerto un servizio di aiuto in internet che raggiunge grandi zone dell’Asia e dell’Africa.
Un Fondo Covid creato dall’UISG – appoggiato da varie Fondazioni e da suore di tutto il mondo – ha raggiunto quasi un milione di dollari ed è stato distribuito, fino ad oggi, in Europa, Amazzonia, Africa occidentale e Sudafrica, Medio Oriente e alcuni paesi dell’Asia.
In Brasile suore di diverse congregazioni hanno creato delle équipe per recarsi nelle zone più povere e lontane per aiutare dal punto di vista sanitario e pastorale le persone senza risorse.
La stessa UISG ha offerto più di 40 seminari web durante questo tempo di Covid per collegare le suore di tutto il mondo su diversi temi affinché possano riflettere insieme attraverso le nostre congregazioni e le nostre culture e domandarsi “cosa mai ci sta chiedendo Dio in questi momenti”.
Abbiamo pregato insieme in internet per coloro che sono morti.
Abbiamo imparato a dover contrastare l’aumento della xenofobia e della paura educando le persone sulla necessità di riunirsi e venir incontro ai bisogni di tutta l’umanità in un momento di crisi. Questo è ciò che significa essere “prossimo degli altri” come ci chiede il Vangelo. C’è anche un gran bisogno di educare noi stesse e tutti sulla teologia dell’interculturalità per imparare a crescere nella stima reciproca e nella capacità di lasciarci trasformare “dall’altro”.
-Torna ad essere di attualità l’istruzione “Mutuae Relationes”, secondo lei dove siamo? Ci sarà presto un nuovo strumento che le renda dinamiche?
Sappiamo che c’è un documento in preparazione che sostituirà Mutuae Relationes. Abbiamo partecipato alla consultazione durante la preparazione e ora stiamo aspettando il documento. In questo momento di grande bisogno in tutto il mondo, è più necessaria che mai l’esigenza di creare e rafforzare il dialogo e la collaborazione a tutti i livelli nella Chiesa. Papa Francesco ha sottolineato l’importanza del discernimento personale ed ecclesiale e il processo della sinodalità per la Chiesa. Per il Papa, la sinodalità è uno stile, è un modo di camminare insieme, e ha affermato che “questo è ciò che il Signore si attende dalla Chiesa del terzo millennio”. Speriamo, pertanto, che il discernimento comunitario e la sinodalità siano accentuate nel nuovo documento.
-Abbiamo bisogno di nuove strutture ecclesiali che favoriscano la partecipazione delle consacrate?
Negli anni recenti un numero crescente di religiose è stato nominato a far parte dei consigli di diversi dicasteri vaticani, dei Consigli e commissioni pontifici per ruoli nei dicasteri, come consultrici dell’Ufficio sinodale, ecc. Anche donne laiche sono state nominate per ruoli e uffici similari. Inoltre l’UISG è stata invitata a nominare un numero sempre maggiore di suore per partecipare agli ultimi tre sinodi. Questi sono passi importanti nel senso che la voce delle donne è essenziale per il tipo di Chiesa sinodale che discerne, a cui papa Francesco ci sta chiamando. Anziché iniziare con la creazione di nuove strutture ecclesiali – anche se queste necessariamente verranno – bisogna trasformare i processi di consultazione, dialogo e discernimento per conoscere l’appello di Dio alla Chiesa nel mondo d’oggi. Questo tipo di partecipazione richiederà un ascolto umile e rispettoso più profondo da parte di tutti: donne e uomini, giovani e anziani, laici, religiosi e chierici di un’ampia varietà di culture. Richiederà una contemplazione orante con cui ci ascoltiamo gli uni gli altri e un’apertura per comprendere l’altro senza pregiudizi, cercando insieme l’ispirazione dello Spirito.
-Che cosa agevola la vera comunione dei “doni gerarchici e carismatici” nella Chiesa?
Questo tipo di ascolto e di scambio aperto e contemplativo, già descritto, è la chiave della vera comunione. Quando i doni gerarchici e carismatici della Chiesa si uniscono in un dialogo rispettoso e reciproco, sorgerà una comunione che creerà un’unione più profonda nella diversità – che è un dono. Quante più opportunità si creano per questo tipo di dialogo a tutti i livelli della Chiesa – parrocchiale, diocesano, nazionale e universale – tanto più potremo dare testimonianza del mistero della Trinità. Se siamo creati a immagine e somiglianza di Dio, che è comunione, siamo chiamati e comprenderci come esseri in relazione e a vivere le nostre relazioni interpersonali in solidarietà e reciproco amore.
-Nota che è migliorato sensibilmente il ruolo della donna nella comunione della Chiesa?
Ho visto cambiamenti significativi durante questi ultimi anni. Tuttavia, sempre più ascolto donne e alcuni uomini che chiedono che la voce delle donne sia inclusa nei diversi livelli della chiesa in cui si prendono le decisioni. Non si tratta di una ricerca di “potere”, come a volte si sente dire, ma di un profondo desiderio di contribuire alle riflessioni che vengono prese su argomenti importanti che riguardano la nostra Chiesa e il nostro mondo. Molte donne di tutto il mondo hanno ricevuto una buona formazione teologica e hanno grande esperienza e sentono il bisogno di essere coinvolte nelle riflessioni teologiche e pratiche che si stanno prendendo. Quanto più inclusiva è la comunione, tanto più ricca e profonda sarà la ricerca della Verità.
-La vita consacrata ha compreso il grido sociale a favore della donna? Ne tiene conto?
La vita consacrata femminile si trova all’avanguardia per quanto riguarda l’accettazione del grido in tutto il mondo nel contesto di molte questioni sociali – tratta degli esseri umani, prostituzione, mutilazione genitale femminile, mancanza di educazione e di attenzione alla salute, abuso e violenza contro le donne, le donne migranti e i loro figli – l’elenco potrebbe essere enorme. La maggior parte delle congregazioni femminili si concentrano specialmente sui bisogni delle donne. Tuttavia, l’attenzione è cambiata radicalmente nel corso degli anni e ora si cerca la responsabilizzazione delle donne sapendo che quando queste crescono, lo fanno anche i loro figli, le loro famiglie e le loro città e quartieri. Diverse iniziative per la responsabilizzazione della donna hanno consentito alle donne di educarsi, di finanziare microprogetti, costituire cooperative, di sfuggire ai trafficanti, di parlare dei loro diritti e mettere in discussione le pratiche culturali e sociali che degradano o escludono le donne.
L’UISG coopererà sempre più a far giungere le voci delle suore e delle donne con cui collaborano agli incontri nazionali e internazionali dove potranno parlare con chi elabora politiche e avvia programmi destinati specialmente alle donne e ai bambini.
Nell’UISG è stata prestata speciale attenzione alle necessità delle donne mediante:
-Talitha Kum: la rete mondiale di donne e uomini religiosi contro la tratta delle persone.
-Progetto della Sicilia un progetto intercongregazionale di aiuto ai migranti e rifugiati in Sicilia che presta speciale attenzione alle necessità delle donne e dei bambini.
-Catholic Care for Children International: una nuova iniziativa per promuovere il passaggio dei bambini vulnerabili dall’attenzione istituzionale (orfanotrofio) all’attenzione basata sulla famiglia o di tipo familiare;
-Violenza contro la donna nei conflitti. L’UISG ha organizzato una serie di laboratori nella Repubblica democratica del Congo, Uganda e il Sud Sudan per affrontare questo problema.
-Quale contributo possono offrire le congregazioni religiose alla ricostruzione sociale? E a quella ecclesiale?
Come persone consacrate possiamo contribuire al rinnovamento sociale ed ecclesiale parlando con coraggio dovunque vediamo la necessità del cambiamento e del rinnovamento.
Dobbiamo continuare a cercare e a chiedere nuove opportunità per essere presenti nelle riunioni e negli incontri in cui si prendono le decisioni. Questo richiede la costruzione di relazioni di fiducia e di rispetto affinché ci sia un ascolto genuino e un dialogo che cerchi ciò che porterà “pienezza di vita” a ciascuna persona nella Chiesa e nella società.
-Perché la vita consacrata può essere un cammino di realizzazione per una giovane che in forza della fede voglia cambiare il mondo?
Posso rispondere solo personalmente a questa domanda. Se Dio chiama una giovane (o una non tanto giovane) a questa forma di vita, so che come in qualsiasi altro cammino dovrà affrontare delle sfide. Ma la mia esperienza è stata che con Gesù come costante compagno, ti senti chiamata a rispondere in una maniera che non avresti mai immaginato. Si arricchiranno attraverso diverse e numerose esperienze nel corso del cammino vivendo una vita basata sui voti in comunità che le pone al servizio del Regno di Dio. Come religiosi siamo chiamati ad essere l’amore nel cuore del mondo. “Ma è nel dare che ricevi” e in questo ricevere dagli altri, è quando sei cambiata o cambiato; trasformata o trasformato.
-Infine: che cosa fa Patricia Murray per essere una donna piena di speranza?
Come suora di Loreto, prendiamo una massima della Scrittura quando professiamo i voti perpetui. Il mio motto dice: “Il Signore è misericordia e amore; è mia forza e mio canto”. Questa massima mi ricorda ogni giorno che non siamo mai soli, che Dio è sempre presente, con noi, come persone e comunità.
Ho visto il volto compassionevole e amorevole di Dio nella bontà di tanta gente, e lo cerco ogni giorno nelle strade, nei mezzi di comunicazione, dovunque la gente si riunisce.
Questo mi dà forza e una ragione per sperare che insieme possiamo costruire una comunione mondiale di solidarietà e di amore, qualcosa tanto piccolo, e allo stesso tempo tanto “grande” quanto un granello di senape.
LUIS A. GONZALO DÍEZ, CMF