Nuovi istituti approvati solo dal Vaticano
2020/12, p. 1
Con il Motu Proprio “Authenticum charismatis”,
in data 1 novembre, papa Francesco ha modificato il can. 579
del Codex Iuris Canonici (CIC). In futuro, i vescovi diocesani
potranno erigere ordini e comunità religiose nelle loro diocesi
solo con l’approvazione del Vaticano.
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MOTU PROPRIO "AUTHENTICUM CHARISMATIS"
Nuovi istituti
Approvati solo dal Vaticano
Con il Motu Proprio "Authenticum charismatis", in data 1 novembre, papa Francesco ha modificato il can. 579 del Codex Iuris Canonici (CIC). In futuro, i vescovi diocesani potranno erigere ordini e comunità religiose nelle loro diocesi solo con l'approvazione del Vaticano.
Cosa c'è dietro questa disposizione? L’esperto di diritto canonico, p. Stephan Haering, OSB, in questa intervista raccolta da Matthias Altmann, spiega quali sottintesi potrebbero esserci dietro e quali le conseguenze canoniche di questa iniziativa.
-Il Vaticano ora si riserva l'ultima parola sul riconoscimento degli ordini religiosi e di altri istituti di vita religiosa di diritto diocesano. Questo regolamento esprime sfiducia nei confronti delle nuove fondazioni?
No, non lo direi proprio. Piuttosto, credo che il Vaticano ritenga che non tutti i vescovi siano in grado di giudicare e regolare le cose in modo appropriato in questi casi.
-In che senso?
Ciò dipende sicuramente dalla visione d'insieme che la Sede Apostolica ha in questi problemi più di un singolo vescovo diocesano. Suppongo che in passato ci siano state delle fondazioni “non in grado di sostenersi” che poi hanno dovuto essere presto sciolte.
-Cosa significa "non in grado di sostenersi” in questo contesto?
Da un lato, la mancanza di sostentamento può dipendere dal fatto che mancano le basi economiche sufficienti per garantire la sussistenza; dall’altro può anche capitare che una fondazione non si sviluppi quanto sperato tanto in termini di personale e che l'iniziativa giunga concretamente alla sua fine.
-Dietro a questa decisione ci può essere anche una possibile diffidenza del Vaticano nei riguardi delle decisioni dei vescovi in tali materie?
Non riesco a immaginare che ci sia altro dietro. In definitiva, già nel 2016, era stato stabilito l’obbligo dei vescovi di avere l'approvazione della Sede Apostolica per le nuove fondazioni degli ordini religiosi. A quel tempo, la Segreteria di Stato vaticana aveva emanato un documento in cui dichiarava che la prescritta consultazione, di cui si parlava nella vecchia versione del can. 579, era obbligatoria per la validità di una nuova fondazione. Con ciò veniva assicurato che la Congregazione per la vita religiosa fosse al corrente di ogni relativo progetto prima che l’opera potesse essere realizzata. In questo modo essa avrebbe potuto anche impedirla. Adesso la pertinente competenza è esplicitamente introdotta nel Codice – perciò, tutto è regolato un po’ più chiaramente.
-Prima, come lei ha appena accennato, era necessaria solo una consultazione del Vaticano, ora c’è bisogno della sua approvazione. Si tratta solo di una formalità? Se il Vaticano avesse detto di sconsigliare una fondazione di istituto, difficilmente un vescovo lo avrebbe ignorato ...
È abbastanza concepibile che un vescovo particolarmente sicuro di sé possa dire che la semplice consultazione non è necessaria per la validità. Penso che ciò sia abbastanza concepibile. Il vescovo poteva presumere di avere una visione migliore e di poter così semplicemente realizzare una nuova fondazione senza coinvolgere la Sede Apostolica, cioè senza seguire il suo consiglio.
-Cosa distingue gli ordini religiosi e gli istituti di vita consacrata di diritto diocesano da quelli di diritto pontificio?
Ogni istituto religioso ha bisogno di un competente superiore gerarchico per essere vincolato alla Chiesa. Nel caso delle comunità di diritto diocesano, si tratta del vescovo diocesano e, per quelle di diritto pontificio, della Sede Apostolica. Questo coordinamento è decisivo, ad esempio, per quanto riguarda la vigilanza o la responsabilità, ma anche quando sono in gioco cambiamenti importanti che riguardano i singoli membri. Ad esempio, se un membro con voti perpetui vuole andarsene, ciò deve essere approvato dall'autorità gerarchica. Questi è quindi il vescovo - o Roma.
-Perché alcuni ordini religiosi "optano" per la forma giuridica diocesana, altri per quella pontificia?
Il riferimento al Vescovo diocesano o alla Sede Apostolica non risiede nella libera decisione della comunità religiosa. Le nuove fondazioni iniziano regolarmente come comunità di diritto diocesano. Quando hanno raggiunto una particolare dimensione e sono diffuse in molte diocesi, è più opportuno che sia competente la Sede Apostolica. Una comunità può anche adoperarsi di propria iniziativa per passare dallo status di diritto diocesano a quello di diritto pontificio; non esiste tuttavia una rivendicazione giuridica.
-Tornando al Motu proprio: si dice che bisogna evitare che sorgano "istituti prematuramente inadeguati o difficilmente sostenibili". Anche il Vaticano vuole impedire possibilmente che germoglino troppe di queste comunità?
In ogni caso, questa intenzione fa da guida. Nelle persone particolarmente pie c’è a volte il pericolo di farsi prendere da certe idee e poi di pensare di dover iniziare qualcosa di nuovo. Ma non tutte le idee vengono dallo Spirito Santo. A volte si tratta di religiosi che già vivono in una comunità e poi sentono l’impulso di fondare qualcosa di nuovo che li distoglie da quello che è stato finora il loro istituto. Se un vescovo acconsente coinvolto troppo in fretta, può capitare che ci si trovi ben presto ad avere una quantità variegata di piccole comunità individuali. Una certa pluralità è certamente legittima, ad esempio nelle forme di pietà. Anche i carismi devono avere il loro posto e poter fiorire nella Chiesa. Ma può anche essere il caso che qualcuno voglia crearsi una propria nicchia e coltivare il proprio "orticello" senza prestare alcuna attenzione ai bisogni della Chiesa.
-Questo è anche un meccanismo per impedire comunità troppo liberali o eccessivamente conservatrici?
Credo che questa nuova versione possa essere uno strumento con cui poter guidare gli sviluppi. In questo modo, gli estremi indesiderati possono certamente essere respinti.
-Con questo cambiamento, il Vaticano interviene nell'amministrazione dei vescovi. Come si accorda ciò con il "rafforzamento della chiesa locale" e il decentramento spesso propugnati da papa Francesco?
Con questa misura legislativa, ovviamente non si può parlare di decentralizzazione. Alcune voci lo avevano già stabilito nel 2016, quando fu pubblicato il rescritto sulla consultazione vincolante necessaria del Vaticano nel caso di una nuova fondazione. Ma sono convinto che ci siano esperienze concrete dietro a questa decisione. Il Vaticano ha visto qui certamente un bisogno concreto di non consentire determinate realizzazioni. Pertanto l’iniziativa è del tutto plausibile.
MATTHIAS ALTMANN