Gellini Anna Maria
Madri
2020/11, p. 47
Maria è una madre affidabile, rassicurante, paziente; possiede molte delle qualità su cui hanno dialogato i relatori della Cattedra del confronto 2018, un’iniziativa che l’arcidiocesi di Trento, in collaborazione con alcuni docenti dell’Ateneo cittadino, propone con successo alla cittadinanza ormai da più di un decennio».

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Testimoni
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Carla Canullo Giovanni Pagazzi Madri EDB, 2020 pp. 84 € 8,50
«Faticosamente, i penitenti del Purgatorio di Dante salgono la montagna per meritare la purificazione: attraversano gli spazi dei sette peccati capitali e scoprono sette esempi di virtù grazie a Maria, unica figura presente in ogni zona. Attraverso le parole di Luca e di Giovanni, Maria viene raccontata mentre accoglie la sorpresa annunciata da Gabriele, accetta come casa il rifugio di Betlemme, dà fiducia a Gesù tra i dottori del Tempio e alle nozze di Cana. In ogni occasione Maria aiuta il figlio a diventare se stesso e i peccatori pentiti a trovare la via del cielo. Maria è una madre affidabile, rassicurante, paziente; possiede molte delle qualità su cui hanno dialogato i relatori della Cattedra del confronto 2018, un'iniziativa che l'arcidiocesi di Trento, in collaborazione con alcuni docenti dell'Ateneo cittadino, propone con successo alla cittadinanza ormai da più di un decennio». Nessuno può vivere senza avere una madre, sia perché tutti veniamo da un grembo materno, sia perché tutti abbiamo bisogno di qualcuno che ci accolga e faccia sentire la sua cura per noi. La filosofa Carla Canullo e il teologo Giovanni Pagazzi riflettono sul miracolo della vita che si compie con ogni maternità, capace di sorprendere, di allargare i propri confini verso l'altro e il nuovo, di combattere la paura della morte con la forza feconda della vita. E questo sia che si tratti della madre naturale, sia che si tratti della madre-Chiesa e di ogni altra forma di maternità spirituale. Interessante nel testo la riflessione che dalla generatività della vita si passa all’educazione come risposta alla vita. «Non si tratta di tirar fuori qualcosa dalla vita di un altro ma di rispondervi e di aiutare chi educhiamo a rispondere. Aiutare, cioè, la vita cui rispondiamo a rispondere alla e della sua vita. Questo implica che l'altro sia lasciato essere, che impariamo a seguirlo come si segue una traccia, facendo attenzione a non cancellarla». La fecondità del seguire l'«altro» sta nell'incrocio del nostro tempo con il suo tempo, del nostro spazio con il suo, in un meraviglioso scambio che ci sorprende sempre.