Brevi dal mondo
2020/10, p. 37
SIRIA Continua la missione dei frati della Custodia
AUSTRALIA Il segreto confessionale è inviolabile
PAKISTAN Asia Bibi e la legge sulla blasfemia
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Testimoni
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Siria
Continua la missione dei frati della Custodia
La metà dei frati francescani in Siria – scrive Daniele Rocchi nell’agenzia SIR del 12 settembre – è stata contagiata dal Covid-19, due i religiosi morti. Nonostante la guerra e la pandemia nessuno di loro però ha abbandonato la propria comunità continuando quella missione portata avanti nei secoli scorsi durante le epidemie di peste. A raccontarlo al SIR è il Custode di Terra Santa, padre Francesco Patton che denuncia le sanzioni "ingiuste" che impediscono ai siriani di reperire medicinali per curarsi.
Sono 407 i francescani morti di peste dal 1619 fino ai giorni nostri. A loro, in queste ultime settimane vanno ad aggiungersi, dalla Siria in guerra, anche padre Edward Tamer, 83 anni, una vita passata nelle scuole della Custodia, gli ultimi 20 anni ad Aleppo, e a tradurre in arabo testi di teologia. Con lui, padre Firas Hejazin, 49 anni di cui 23 di sacerdozio. Ieri la peste, oggi il Covid. Padre Tamer e padre Hejazin sono morti dopo aver contratto il Coronavirus.
Attualmente i frati presenti in Siria sono 15, in 9 parrocchie, due di queste sono al confine con la Turchia, a Knayeh e Jacoubieh, nella valle dell’Oronte, ancora sotto controllo delle milizie jihadiste.
“La metà dei frati in Siria – rivela al SIR padre Francesco Patton, Custode di Terra Santa – ha contratto il virus riuscendo poi a guarire. Frati che hanno sacrificato la propria vita per rimanere al fianco dei malati in tempo di epidemie. Tutti hanno scelto di restare con il popolo, senza abbandonare nessuno”.
Come accadde durante le grandi epidemie di peste del 1347 e del 1370. “Allora l’attività dei medici francescani in Terra Santa – riferiscono dall’Archivio Custodiale – fu determinante, grazie alle alte conoscenze dei frati. La Custodia di Terra Santa, infatti, fece venire dall’Europa frati competenti in materia di scienza e medicina. I medici francescani erano molto stimati dai locali e anche dalle autorità musulmane”, come racconta la storia del Gran Mufti di Gerusalemme curato dal medico del convento di San Salvatore, fr. Giovanni da Bergamo, o del pascià di Acri, Muhammed al-Gezzar, che chiamò molte volte a palazzo fr. Francisco Lopez, medico di Gerusalemme. “Oggi curarsi in Siria, dove si combatte da 10 anni, è molto difficile anche a causa delle sanzioni economiche imposte da Usa e Ue – denuncia il Custode –. Il Coronavirus è una delle tante difficoltà che i siriani affrontano ogni giorno per sopravvivere. Basti pensare che per reperire medicinali la popolazione deve spesso ricorrere al mercato nero.
“Oggi siamo vicini alla gente con le parrocchie che hanno continuato la loro attività pastorale fornendo, attraverso una rete di carità interna, supporto materiale. Le nostre fraternità si prendono cura non solo delle piccole comunità cattoliche rimaste ma anche dei musulmani, molti dei quali profughi a causa della guerra.
Con noi – precisa padre Patton – sono rimasti accanto alla popolazione sofferente anche tanti altri istituti e congregazioni religiose, come i Salesiani, i Gesuiti, le suore di Madre Teresa, le Dorotee, le suore del Rosario, quelle del Verbo Incarnato e altre ancora. Tantissimi religiosi e religiose, consacrati laici e laiche, che sono il segno della presenza della Chiesa in questo tempo di sofferenza”.
Australia
Il segreto confessionale è inviolabile
Lo scorso 8 settembre, il Parlamento dello stato australiano del Queensland, ha approvato una legge che chiede ai sacerdoti di rompere il segreto confessionale, con l’obbligo di denunciare alla polizia gli abusi sessuali sui minori, pena, in caso di rifiuto, tre anni di carcere.
La legge è la risposta alle raccomandazioni della Royal Commission Into Child Sexual Abuse, dopo aver scoperto e documentato la tragica storia degli abusi nelle organizzazioni religiose e laiche, comprese le scuole cattoliche e gli orfanotrofi in tutto il paese. Il vescovo di Townsville, subito dopo il pronunciamento del parlamento ha dichiarato che “i sacerdoti cattolici non possono infrangere il segreto della confessione”.
Il Queensland non è il primo stato australiano che approva una legge del genere; prima, leggi simili erano state approvate nell'Australia Meridionale (South Australia), Victoria, Tasmania e Australian Capital Territory. Una raccomandazione della Royal Commission chiedeva alla Conferenza episcopale cattolica australiana che consultasse la Santa Sede affinché "chiarisse se le informazioni ricevute da un bambino nel sacramento della riconciliazione che ha subito abusi sessuali sono coperte dal segreto della confessione" e anche "se a una persona che confessa nel sacramento della riconciliazione di aver perpetrato abusi sessuali a carico di minori, si potesse e dovesse negare l'assoluzione fino a quando non si denunciasse alle autorità civili".
In una nota approvata da papa Francesco e pubblicata dal Vaticano a metà 2019, la Penitenzieria Apostolica ribadisce l'assoluta segretezza di tutto quanto detto in confessione e ha invitato i sacerdoti a difenderla a tutti i costi, anche a costo della propria vita. "Il sacerdote, infatti, viene a conoscenza dei peccati del penitente 'non ut homo sed ut Deus' – non come uomo, ma come Dio – al punto semplicemente da 'non sapere ' cosa è stato detto nel confessionale perché non ascoltava in quanto uomo, ma in nome di Dio ".
"La difesa del sigillo sacramentale da parte di un confessore, se necessario, fino allo spargimento di sangue", diceva la Nota, "non è solo un atto obbligatorio di fedeltà al penitente ma è molto di più: è una testimonianza necessaria – un martirio – al potere salvifico unico e universale di Cristo e della sua Chiesa".
Anche se il sacerdote è tenuto a custodire scrupolosamente il sigillo del confessionale, – sottolinea nelle sue osservazioni il Vaticano – certamente può, e anzi in certi casi dovrebbe, incoraggiare una vittima a cercare aiuto al di fuori del confessionale oppure incoraggiare la vittima a segnalare un caso di abuso alle autorità.
"Riguardo all'assoluzione, il confessore deve stabilire che i fedeli che confessano i loro peccati siano veramente contriti del fatto commesso" e intendono cambiare. "Poiché il pentimento è, infatti, il cuore di questo sacramento, l'assoluzione può essere negata solo se il confessore conclude che al penitente manchi la contrizione necessaria".
Occorre anche ricordare che il confessore che violi direttamente il sigillo sacramentale incorre nella scomunica latae sententiae (can 1388, par,1).
Pakistan
Asia Bibi e la legge sulla blasfemia
Un appello al Primo Ministro del Pakistan, Imran Khan, perché “aiuti le nostre ragazze, abusate sessualmente, convertite con la forza e costrette a sposarsi”. A lanciarlo è stata Asia Bibi, che tutti ricorderanno per essere stata condannata a morte l’11 novembre del 2010 con l’accusa di blasfemia e poi assolta 8 anni dopo dalla Corte Suprema. Da 15 mesi vive in Canada insieme alla sua famiglia ed è impegnata per la difesa delle ragazze pakistane perseguitate. Nessuna deve soffrire, ha dichiarato in una video intervista rilasciata ad Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs), la fondazione pontificia che sin da subito aveva sostenuto la sua causa facendola conoscere in tutto il mondo con iniziative significative come illuminare di rosso, “il colore del sangue dei martiri”, importanti monumenti quali il Colosseo e la Fontana di Trevi a Roma, la Cattedrale e l’Abbazia di Westminster a Londra, il Cristo Redentore a Rio de Janeiro e la Basilica del Sacro Cuore a Parigi.
Ricordando i casi di due bambine cristiane rapite, convertite a forza e costrette a sposare i loro rapitori, ha ricordato che “il Pakistan è di tutti i cittadini pakistani. Le minoranze religiose hanno diritto di cittadinanza e la legge pakistana prevede che ognuno abbia la libertà. Questa deve essere garantita e rispettata”. Da qui un secondo appello al premier Khan: “Quando il Pakistan venne fondato, il padre fondatore, Jinnah Muhammad Ali, nel suo discorso di apertura ha garantito libertà religiosa e di pensiero a tutti i cittadini. Faccio appello al premier pakistano, specialmente per le vittime della legge sulla blasfemia e per le ragazze convertite con la forza, perché tuteli e protegga le minoranze che sono anch’esse pakistane. Da vittima, offro il mio esempio: ho sofferto molto e vissuto molte difficoltà. Ora sono libera e spero che questa legge possa essere soggetta a cambiamenti che vietino ogni suo abuso”.
Durante la video intervista Asia Bibi ha parlato anche della sua prigionia e ringraziato tutti coloro che hanno pregato per lei e che si sono impegnati per farle ottenere la libertà: “Ringrazio Dio – ha dichiarato – e quanti hanno pregato per me e per la mia liberazione che per me è un motivo di gioia. Dio mi ha liberata dalle difficoltà in cui mi trovavo. In questi 10 anni di false accuse ho sofferto molto per la mancanza della mia famiglia. Nessuna madre vorrebbe essere separata dai propri figli. Sono stata molto male anche fisicamente. Nel contempo ho sentito forte la presenza di Dio”.
A sostenerla durante la prigionia è stata la preghiera del Rosario recitata con una coroncina di papa Francesco: “La preghiera è il modo per vivere in rapporto con Dio e nel Vangelo è scritto che chiunque seguirà Cristo sarà perseguitato. Per restare saldi nella fede la preghiera è necessaria. Ho due coroncine del Papa, una è rimasta in Pakistan, l’altra la tengo sempre con me e ogni giorno recito il Rosario per la fede e per i perseguitati in Pakistan. Ringrazio papa Francesco e Benedetto XVI che è intervenuto per me e ringrazio “Acs (Aiuto alla Chiesa che soffre) , tutti i benefattori e tutti gli italiani”. Infine un impegno: “Offro la mia disponibilità per dare visibilità alla condizione delle persone perseguitate come me a causa della fede”. Ha aggiunto che le piacerebbe venire in Italia: “Mi piacerebbe molto vedere Roma e incontrare il Papa e voi tutti, come anche visitare i luoghi santi a Gerusalemme”.
“Ciò che colpisce parlando con lei, non solo in occasione dell’intervista, è la sua serenità nutrita da una fede profonda” ha dichiarato a SIR, Monteduro, che l’ha intervistata. Oggi Asia si dice disponibile a divenire la testimonial dei milioni di cristiani perseguitati. Mette dunque a disposizione di tutti noi la sua prova. È un ruolo al quale potrebbe tranquillamente sottrarsi per dedicarsi, dopo dieci anni di prigionia, alla propria famiglia e a se stessa. E invece ha deciso di intraprendere un nuovo percorso che, per le comunità cristiane oppresse, per esempio per le tante adolescenti appartenenti alle minoranze religiose rapite e schiavizzate, può essere decisivo.
a cura diAntonio Dall’Osto