Chiaro Mario
Non si tratta solo di migranti
2020/1, p. 34
Attraverso di loro il Signore ci chiama a una conversione, a liberarci dagli esclusivismi, dall’indifferenza e dalla cultura dello scarto. Attraverso di loro il Signore ci invita a riappropriarci della nostra vita cristiana nella sua interezza.

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LE DUE FACCE DELLA MEDAGLIA
Non si tratta
solo di migranti
Attraverso di loro il Signore ci chiama a una conversione, a liberarci dagli esclusivismi, dall’indifferenza e dalla cultura dello scarto. Attraverso di loro il Signore ci invita a riappropriarci della nostra vita cristiana nella sua interezza.
I migranti ci aiutano a leggere i “segni dei tempi” e a costruire un mondo più rispondente al progetto di Dio. Molte ricerche fotografano contraddizioni e tensioni generate dai movimenti di persone nell’era della globalizzazione. Il caso Italia è peculiare perché presenta le due facce della medaglia: i migranti stranieri che cercano di entrare e i migranti italiani che lasciano il paese.
Per non perdere la bussola nella grande complessità del fenomeno migratorio, vale la pena tornare a riflettere sul Messaggio del pontefice per la 105ª Giornata mondiale del migrante e del rifugiato significativamente intitolato“Non si tratta solo di migranti”. Scrive papa Francesco: «la presenza dei migranti e dei rifugiati – come, in generale, delle persone vulnerabili – rappresenta oggi un invito a recuperare alcune dimensioni essenziali della nostra esistenza cristiana e della nostra umanità, che rischiano di assopirsi in un tenore di vita ricco di comodità. Ecco perché “non si tratta solo di migranti”, vale a dire: interessandoci di loro ci interessiamo anche di noi, di tutti; prendendoci cura di loro, cresciamo tutti; ascoltando loro, diamo voce anche a quella parte di noi che forse teniamo nascosta perché oggi non è ben vista… Dunque, non è in gioco solo la causa dei migranti, non è solo di loro che si tratta, ma di tutti noi, del presente e del futuro della famiglia umana. I migranti, e specialmente quelli più vulnerabili, ci aiutano a leggere i “segni dei tempi”. Attraverso di loro il Signore ci chiama a una conversione, a liberarci dagli esclusivismi, dall’indifferenza e dalla cultura dello scarto. Attraverso di loro il Signore ci invita a riappropriarci della nostra vita cristiana nella sua interezza e a contribuire, ciascuno secondo la propria vocazione, alla costruzione di un mondo sempre più rispondente al progetto di Dio».
In questa prospettiva, a fronte diricerche che evidenziano come in Italia stiano aumentando le tendenze xenofobe e “sovraniste”, fortunatamente si registrano interventi concreti di segno opposto, con reazioni istituzionali (Regioni e Comuni), delle comunità ecclesiali, della società civile organizzata e di singoli cittadini. In particolare va menzionata la campagna “Io accolgo” (promossa fra gli altri da Fondazione Migrantes e Caritas italiana), che mira a dare visibilità ai tanti cittadini che condividono i valori dell’accoglienza e della solidarietà, che esprimono il proprio dissenso rispetto alla “chiusura dei porti”, ai decreti “sicurezza” e alle politiche “anti-migranti”, mettendo in rete vecchie e nuove iniziative (reti territoriali di prossimità, servizi di supporto all’inclusione sociale e azioni di tutela dei diritti).
L’Italia nel contesto
internazionale
Secondo il Dossier Statistico Immigrazione 2019 del Centro studi Idos in partenariato con il Centro studi Confronti, tra le estati 2018 e 2019 è trascorso un annus horribilis per l’immigrazione, con due decreti “sicurezza” che hanno colpito sia gli immigrati già presenti in Italia, sia quelli diretti verso il paese. A seguito dei discutibili accordi che l’Italia ha stretto con la Libia, già nel 2017 il numero dei migranti sbarcati in Italia è diminuito di oltre un terzo rispetto al 2016: circa 119mila casi. Durante tutto il 2018 il numero si è attestato a oltre 23mila, per ridursi nei primi nove mesi del 2019 a soli 7.710 casi. Il crollo degli arrivi via mare è stato ottenuto al prezzo di un gran numero di migranti che o sono stati fermati lungo la traversata dalla Guardia costiera libica (finanziata, addestrata e rifornita di mezzi da Italia e UE) per essere riportati nei campi di detenzione o che sono annegati lungo la rotta del Mediterraneo centrale (la più letale al mondo con oltre 25mila morti o dispersi accertati dal Duemila a oggi).
In seguito alla drastica riduzione degli arrivi via mare e alla chiusura dei canali regolari di ingresso per persone non comunitarie che cercano lavoro stabile in Italia, da 6 anni la nostra popolazione straniera non è in espansione: nel 2018 essa è cresciuta di appena il 2,2%, arrivando a 5.255.000 residenti (8,7% di tutta la popolazione). Nel contempo invece in due anni i migranti nel mondo sono aumentati di oltre 14mln, arrivando a un totale di 272mln a giugno 2019: di costoro, circa 24mln sono rappresentati da rifugiati e richiedenti asilo, ai quali vanno aggiunti 41mlm 400mila sfollati interni e circa 5mln di rifugiati “storici” palestinesi, per un totale di quasi 71mln di migranti forzati a livello planetario. Nel più ristretto contesto dell’Unione europea, all’inizio del 2018 si registra una popolazione straniera di 39,9mlndi persone (il 7,8% dei 512mln di abitanti complessivi). L’Italia si colloca al terzo posto per numero di stranieri residenti, dopo Germania e Regno Unito, precedendo Francia e Spagna. La metà degli stranieri residenti in Italia è di cittadinanza europea (50,2%); poco più di un quinto è di origine africana (21,7%); gli asiatici coprono un altro quinto delle presenze (20,8%), mentre è americano (soprattutto latino-americano) 1 residente straniero ogni 14. I più numerosi sono i romeni: con 1.207.000 residenti rappresentano la prima collettività estera in Italia. Seguono 441mila albanesi, 423mila marocchini, 300mila cinesi e 239mila ucraini. Dal 2016 è fermo il numero dei soli soggiornanti non comunitari, pari a 3.717.000 persone: dei 242mila nuovi permessi di soggiorno rilasciati nel 2018 (più della metà per motivi familiari), quasi 40mila hanno riguardato presenze temporanee, come studio e lavoro stagionale.
Le condizioni di vita
degli stranieri in Italia
Stando ai dati del 28° Rapporto Immigrazione Caritas-Migrantes, per quanto riguarda l’occupazione, al primo semestre 2018 la popolazione immigrata in età da lavoro è di oltre 4mln di persone dai 15 anni in su. Si conferma la cosiddetta segregazione occupazionale degli immigrati: i lavoratori stranieri si concentrano infatti nel settore dei servizi collettivi e personali, nell’industria, nel settore alberghiero e della ristorazione, nelle costruzioni. Persiste negli stranieri anche il fenomeno dell’over-education, cioè l’impiego in attività non adeguate alla propria formazione. Secondo i dati Unioncamere, le imprese di cittadini non comunitari nel 2017 sono 374mila, in aumento rispetto al 2016 (+2,1%). La regione col maggior numero di questo tipo di imprese è la Lombardia, seguita da Lazio e Toscana.
Sul versante della famiglia, nel corso del 2017 sono stati celebrati 27.744 matrimoni con almeno uno dei coniugi straniero: nel 55,7% dei casi si tratta dell’unione di uomini italiani con donne straniere. Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna raccolgono il 37,4% del totale dei matrimoni misti. Nel 2018 sono 65.444 i bambini nati da genitori entrambi stranieri (quasi il 15% del totale delle nascite), in calo rispetto al 2017.
Gli alunni stranieri che frequentano la scuola nell’a.s. 2017-18 sono circa 840mila (9,7% della popolazione scolastica totale), in aumento di 16mila unità rispetto all’anno scolastico precedente. I dati attestano che il 63% degli alunni con cittadinanza non italiana è nato in Italia. Il settore della scuola primaria è ancora quello che registra il maggior numero di alunni con cittadinanza non italiana. Sebbene l’aumento degli alunni stranieri rimanga un trend costante, procede a ritmo rallentato da oltre sei anni, anche a causa della crisi economica che ha portato molte famiglie immigrate in Italia a spostarsi verso i paesi del Nord Europa o a fare ritorno al paese d’origine. La crescita è sostenuta da una nuova tipologia di allievi, i minori stranieri non accompagnati, di cui non si conoscono i dati esatti nelle iscrizioni scolastiche.
Al 31 dicembre 2018 i detenuti stranieri presenti negli istituti penitenziari italiani sono 20.255, su un totale di 59.655 persone ristrette. L’incidenza della componente straniera sulla popolazione carceraria totale appare sostanzialmente stabile. I dati evidenziano la maggiore presenza di detenuti stranieri con età compresa tra i 30 e i 34 anni. La nazione più rappresentata è il Marocco (3.700 detenuti); seguono Albania e Romania, circa 2.500 presenze ciascuna. Nelle sezioni femminili spiccano, invece, le detenute provenienti da Romania e Nigeria. Nel complesso, le pene inflitte denotano una minore pericolosità sociale degli immigrati. Le più recenti emergenze investigative, però, evidenziano il carattere sempre più pervasivo delle organizzazioni criminali straniere che operano in Italia. Si evidenzia anche che l’assistenza religiosa in carcere contribuisce a prevenire fondamentalismi di matrice confessionale. Di contro, c’è un aumento dei reati di discriminazione e odio etnico, nazionale, razziale e religioso contro i cittadini stranieri.
Gli studi evidenziano come la fede sia un importante sostegno emotivo e psicologico nelle diverse fasi del processo migratorio. Al 1° gennaio 2019 i cittadini stranieri musulmani residenti in Italia risultano 1mln 580mila (+2% rispetto al 2018), mentre i cittadini stranieri cristiani residenti si stimano in 2mln 815mila (4% rispetto al 2018). In grande crescita risultano gli stranieri atei o agnostici (più di mezzo milione). Fra i cristiani stranieri, risiedono in Italia 1mln 560mila ortodossi, 977mila cattolici, 183mila evangelici, 16mila copti e 80mila fedeli di altre confessioni cristiane. Principali comunità straniere musulmane risultano quella marocchina e quella albanese, mentre fra i cattolici troviamo quella romena e quella filippina.
La mobilità
dei cittadini italiani
A fronte dei dati su migranti e richiedenti asilo che cercano di entrare in Italia, il XIV° Rapporto Italiani nel mondo della Fondazione Migrantes sottolinea le 128mila partenze di italiani solo nell'ultimo anno. All’inizio del 2019 registriamo quasi 5,3mln di residenti oltre confine su un totale di oltre 60mln di cittadini residenti in Italia (dati Anagrafe italiani residenti all’estero). Dal 2006 al 2019 la mobilità italiana è aumentata di circa il 70% (quasi la metà dei partenti è originaria del Meridione). Oltre 2,8mln risiedono in Europa e oltre 2,1mln nelle Americhe. Le comunità più consistenti si trovano in Argentina (quasi 843mila), in Germania (circa 764mila), in Svizzera (623mila), in Brasile (447mila), in Francia (422mila), nel Regno Unito (327mila) e negli Stati Uniti d’America (272mila).La metà degli italiani che hanno fissato la residenza all’estero nell’ultimo anno ha meno di 30 anni; 3 su 4 ne hanno meno di 45.
Continua dunque la dispersione del nostro grande patrimonio umano giovanile: capacità e competenze che, invece di essere impegnate al progresso e all’innovazione dell’Italia, vengono disperse a favore di altre realtà nazionali che attirano investendo su di esse e trasformandole in protagoniste dei processi di crescita e di miglioramento. Il “vuoto” sociale che si sta creando è iniziato nel lontano 1995 quando la popolazione italiana ha cominciato a decrescere, complice un tasso di natalità già in declino e che oggi è considerato il più basso al mondo. È indubbio che l’Italia stia vivendo da tempo un “malessere demografico”, che però è possibile fronteggiare e da cui è possibile guarire scegliendo la cura adeguata e sapendo che i risultati saranno godibili non da chi c’è oggi, ma piuttosto da chi ci sarà domani. In ogni caso, gli scenari evocati devono responsabilizzarci tutti per aiutare al rispetto della diversità e di chi, italiano o cittadino del mondo, si trova a vivere in un paese diverso da quello in cui è nato.
Mario Chiaro