Chiaro Mario
Torna la domanda di felicità
2020/1, p. 30
Da secoli l’umanità tenta di definire in cosa consista la felicità e quale sia il modo per conseguirla. La felicità rimane sempre un’idea soggettiva, ma dipende anche fortemente dal contesto sociale e dalle condizioni in cui ci troviamo a vivere. Nella modernità si è fatto sempre più coincidere il benessere e la felicità con la disponibilità crescente di beni materiali. Infatti per fornire orientamenti alla politica, le società odierne utilizzano il Prodotto Interno Lordo (PIL), che è un indicatore sintetico: una società progredisce e i cittadini vivono una vita migliore se cresce la ricchezza materiale – misurata come somma di beni e servizi prodotti (il suo PIL) –, mentre il segno di disagio più evidente è il PIL in declino.

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Torna la domanda di felicità
Da secoli l’umanità tenta di definire in cosa consista la felicità e quale sia il modo per conseguirla. La felicità rimane sempre un’idea soggettiva, ma dipende anche fortemente dal contesto sociale e dalle condizioni in cui ci troviamo a vivere. Nella modernità si è fatto sempre più coincidere il benessere e la felicità con la disponibilità crescente di beni materiali. Infatti per fornire orientamenti alla politica, le società odierne utilizzano il Prodotto Interno Lordo (PIL), che è un indicatore sintetico: una società progredisce e i cittadini vivono una vita migliore se cresce la ricchezza materiale – misurata come somma di beni e servizi prodotti (il suo PIL) –, mentre il segno di disagio più evidente è il PIL in declino. Questa visione è stata contestata da singoli intellettuali ed economisti, fino a quando le contraddizioni della modernità non si sono manifestate nella forma della distruzione ambientale e dell’insoddisfazione sociale. Di conseguenza, in questi ultimi anni è tornata in primo piano la riflessione su che cosa sia una vita buona e felice, fino a diventare anche una ricerca di massa.
L'Onu nel 2012 ha proclamato il 20 marzo come Giornata internazionale della felicità: si invitano «tutti gli stati membri, le organizzazioni del sistema Onu e altri organismi internazionali e regionali, così come la società civile e i singoli individui, a celebrare la ricorrenza in maniera adeguata, anche attraverso attività educative di crescita della consapevolezza pubblica». In questo modo si riconosce che felicità e benessere sono obiettivi e aspirazioni universali nella vita degli esseri umani di tutto il mondo e si sottolinea la loro importanza negli obiettivi di politica pubblica. Inoltre, si evidenzia anche l’importanza di un approccio più inclusivo ed equo, che promuova lo sviluppo sostenibile, la riduzione delle diseguaglianze e lo sradicamento della povertà.
La felicità nel nuovo paradigma di sviluppo
Dal piccolo paese del Buthan, che ha creato il nuovo indicatore di ‘Felicità interna lorda’, emerge un’interessante definizione della felicità stessa: è un senso profondo e duraturo di armonia con il mondo naturale e con i nostri simili caratterizzato da compassione, appagamento e gioia. Il fondamento e la precondizione per raggiungere la felicità consiste nel benessere, che comprende buona salute, sicurezza economica, conoscenza, pace e sicurezza fisica, giustizia e uguaglianza, comunità vivaci, relazioni piene di significato e benessere per tutte le forme di vita. Sullo sfondo si delinea un progetto di ridisegno delle strutture portanti della società e dell’economia, avendo come guida il sistema di valori imperniato su una concezione estesa del benessere e della felicità e sul rispetto dei confini planetari, con una visione allineata alle elaborazioni più avanzate della scienza della sostenibilità. In questo senso, ritroviamo un autorevole richiamo all’enciclica ‘Laudato si’ di papa Francesco, dove prevale l’ispirazione spirituale e valoriale sulla considerazione dei mezzi tecnici e socio-economici da attivare per rendere concreto il “diritto alla felicità”: «Se teniamo conto del fatto che anche l’essere umano è una creatura di questo mondo, che ha diritto a vivere e a essere felice, e inoltre ha una speciale dignità, non possiamo tralasciare di considerare gli effetti del degrado ambientale, dell’attuale modello di sviluppo e della cultura dello scarto sulla vita delle persone» (LS 44).
Di certo, con sempre maggiore evidenza, emerge che la crescita economica da sola non è sufficiente a produrre felicità. Molti paesi ricchi sono diventati ancora più ricchi negli ultimi decenni, ma sono anche meno felici. L’economia globale di mercato infatti funziona bene nel produrre ricchezza, ma non nel distribuirla equamente e nella protezione dell’ambiente dal vizio dell’avidità. Le nuove forme d’infelicità includono epidemie di abuso di sostanze fino alle nuove droghe, dipendenza diffusa da fast food, gioco d’azzardo, shopping compulsivo e molti altri tipi di attività on-line.
La nuova domanda di felicità si coniuga insomma con la ricerca di nuova sapienza per vivere. L’etimologia ci dice che “felice” e “felicità” derivano dal latino e hanno la radice in comune con fecundus, fecondo. Felix e felicitas indicano insomma ciò che è fertile e nutriente. Va riconosciuto questo bisogno comune a ogni essere umano: rendere, per quanto possibile, fertile ogni momento del suo breve passaggio su questa terra. L’uomo è infelice, pur dentro l’abbondanza di beni, perché è imprigionato dentro ai propri desideri: è autoreferenziale, affermano i sociologi. Il significato della propria vita invece vien dal di fuori, rispondendo ai bisogni delle persone e delle situazioni. Le ricerche sulla felicità nel mondo sembrano confermare questo paradosso: l’uomo diventa se stesso nel cercare di rendere felice l’altro.
Mario Chiaro