Dall'Osto Antonio
C’è ancora molto da fare
2020/1, p. 6
In questi ultimi tempi si sono compiuti molti progressi. Adesso rimane aperto il grande tema: Chiesa, eucaristia, ministero. Ma ciò non avviene dall’oggi al domani. Tuttavia si può dire che sta avvenendo più di quanto si pensi.

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INTERVISTA DEL CARD. WALTER KASPER
C’è ancora molto da fare
In questi ultimi tempi si sono compiuti molti progressi. Adesso rimane aperto il grande tema: Chiesa, eucaristia, ministero. Ma ciò non avviene dall’oggi al domani. Tuttavia si può dire che sta avvenendo più di quanto si pensi.
Come va attualmente l’ecumenismo? A questo interrogativo ha risposto il card. Walter Kasper, presidente del Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani fino al 2010, in una recente intervista rilasciata a Renardo Schlegelmilch, per conto della “Domradio” di Colonia. Secondo il cardinale, nonostante i molti progressi di questi ultimi anni, rimane ancora molto da fare. Lo ha ribadito anche il card. Koch, attuale presidente dello stesso Pontificio Consiglio. Parlando il 12 ottobre scorso a un incontro internazionale di esperti sul tema della “Confessione di Augusta”, ha affermato: “Diversamente da quanto si sente dire, non tutti i problemi e le differenze sono stati teologicamente risolti. Decisivo sarà infatti giungere a un consenso vincolante sui temi riguardanti la Chiesa, l’Eucaristia e il Ministero. Sarà questo, come ribadisce anche il card. Kasper nella seguente intervista, il grande argomento su cui si dovrà discutere non soltanto a Roma nel Consiglio per l’unità. Ma il consenso su questi temi – come ha sottolineato – non si raggiunge dall’oggi al domani. Importante è tuttavia che si cominci a parlarne.
L’intervista del card. Kasper
– Nei mesi scorsi si è celebrato il 500° anniversario della disputa di Lipsia tra il riformatore Martin Lutero e il domenicano Johannes Eck. In questa circostanza lei è stato ospite a Lipsia e ha discusso con il vescovo Wolfgang Huber sul futuro dell’ecumenismo. L’euforia di molti dopo l’anno della Riforma luterana nel 2017 si è un po’ attenuata; forse le attese erano un po’ troppo alte?
Non direi. È normale che questi momenti di punta, anche di carattere emotivo, sbolliscano. Ma l’ecumenismo continua ad andare avanti. Naturalmente ci sono state in Germania, soprattutto sul problema della comunione, alcune difficoltà. Ma, nel complesso, abbiamo trovato, credo, nella maggior parte delle diocesi un modo di aiutare le persone che si trovano in situazioni difficili e complesse.
– Qual è la sua valutazione sull’attuale momento dell’ecumenismo?
Abbiamo già fatto molti progressi. Non bisogna dimenticarlo! In particolare, nell’anno della Riforma, l’insieme delle Chiese che esistevano già nel 16° secolo hanno firmato la Dichiarazione congiunta sulla giustificazione. In tutte le principali Chiese occidentali si è riscontrato un ampio consenso. Poi si è aggiunta la Dichiarazione di Magdeburgo sul riconoscimento reciproco del battesimo. Ciò significa che siamo, in certo modo, anzi, in modo fondamentale, l’unica Chiesa di Cristo mediante l’unico battesimo. Sono dei progressi da non minimizzare.
Non ci possono essere sempre dei momenti di punta. Adesso si discute sul prossimo grande tema: Chiesa, eucaristia, ministero. Sono discussioni avviate non solamente a Roma nel Consiglio per l’unità.
Ciò non si compie dall’oggi al domani. Ma qui sta avvenendo più di quanto si pensi. E io ritengo che, se ciascuno al proprio posto compie ciò che deve fare, allora progrediamo davvero.
– Si parla sempre più del concetto di “diversità riconciliata”. Ma ci sono anche delle critiche. Si dice che è uno sfoggio di etichetta. Il rimprovero vero è che le differenze sono presentate semplicemente in forma graziosa. Non c’è forse qualcosa di vero in questo?
Certamente c’è qualcosa di vero. A volte capita di minimizzare le differenze. La “diversità riconciliata” è un obiettivo cui tendere. Ciò vuol dire che oggi non ci siamo ancora arrivati. Naturalmente dobbiamo tener presenti le diversità che esistono soprattutto nell’ambito della comprensione della Chiesa e del ministero. Dobbiamo ancora lavorare molto su questi aspetti. Non intendo affatto minimizzare nulla. Ma l’obiettivo è la “diversità riconciliata”, che non è ancora riconciliata in tutto. È una meta verso cui tendere. Ciò significa che non è facile avere una Chiesa unificata, un’unica Chiesa. Ci sono anche diverse tradizioni.
Inoltre, per riconciliarsi, queste devono riconoscersi reciprocamente. Finora non ci siamo ancora riusciti. Ma la Chiesa unificata non c’era nemmeno nel Medioevo. Esisteva allora una diversità maggiore di quanto oggi sia presente nella nostra coscienza comune. Ma si sono riconosciute, comprese e riconosciute reciprocamente come un’unica Chiesa.
– Come potrebbe apparire una Chiesa del genere nel 21 ° secolo?
Non penso affatto di giocare con la sabbia se dico come dovrà apparire. Lo Spirito Santo è sempre pronto alle sorprese.
Si devono compiere i passi che attualmente sono possibili insieme e in maniera responsabile. Ci sono molte cose che i cristiani possono fare insieme.
E da molti rigagnoli, alla fine, nascerà un ruscello e un grande fiume. Ma non faccio qui grandi progetti per il futuro.
– Lei a Lipsia ha parlato di diaspora: in una situazione del genere si può promuovere e alimentare l’ecumenismo quando una Chiesa è in una condizione di minoranza?
Sì, certamente, nella misura in cui c’è una maggiore consapevolezza di ciò che vuol dire essere cristiani e cosa significhi. Questo non avviene allo stesso modo qui da noi in Germania occidentale e nella Germania del sud-ovest. Affrontiamo sfide simili. Anche le minoranze possono avere un significato per la società. Se sono attive, consapevoli e, nello stesso tempo, aperte.
– Noi cattolici, in questa regione di lingua tedesca, siamo relativamente vicini ai protestanti. In altre regioni, ci sono meno punti di contatto e più critiche. Ciò rende il dialogo più complicato?
Evidentemente ci sono situazioni diverse. Io vivo già da 20 anni in Italia. Anche qui trovo molto interesse per l’ecumenismo, anche se non ci sono molti contatti diretti. C’è un interesse per l’ecumenismo con le Chiese orientali ma anche con il protestantesimo. Ci sono diverse velocità. Non è giusto che noi tedeschi diamo l’impressione di voler indicare agli altri quale strada intraprendere. Dobbiamo fare molta attenzione. La Chiesa universale non è la Curia romana. Ci sono 1,3 miliardi di persone che, nel mondo, si riconoscono cattoliche. E fa parte dell’essere cattolico anche ascoltare cosa dicono gli altri, quali esperienze e aspettative hanno. Noi tedeschi possiamo esercitare il nostro influsso e offrire il nostro contributo. Ma non possiamo dire quale strada intraprendere.
Antonio Dall’Osto