Arrighini Angelo
La vita religiosa nel secolo XXI
2020/1, p. 1
Dopo la ripresa dei temi del sinodo pan amazzonico e della protezione dei minori e di adulti vulnerabili, l’intervento più atteso - aperto ad un vero e proprio “cammino pasquale”- sulla VR nel XXI secolo.

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93° ASSEMBLEA USG
La vita religiosa nel secolo XXI
Dopo la ripresa dei temi del sinodo pan amazzonico e della protezione dei minori e di adulti vulnerabili, l’intervento più atteso - aperto ad un vero e proprio “cammino pasquale”- sulla VR nel XXI secolo.
L’argomento proposto in occasione dell’ultima assemblea dei superiori generali svoltasi a Roma, alla Balduina, dal 27 al 29 novembre: “La vita religiosa nel secolo XXI”, era particolarmente allettante. Forse anche per questo, oltre che per la preannunciata udienza conclusiva di papa Francesco in Vaticano, il numero dei presenti (150 circa) era sensibilmente più alto del solito. Tentare di capire dove sta andando oggi la VR, e soprattutto anticiparne in qualche modo alcune linee di quello che sarà il suo futuro, non è cosa da poco. Prima però di affrontare direttamente questo tema, nella prima giornata di lavori, i superiori generali si sono confrontati su altre due problematiche, oggetto peraltro di precedenti assemblee, e cioè: “Il sinodo pan amazzonico” e “La protezione di minori e di adulti vulnerabili”. Il card. Michael Czerny, uno dei più stretti collaboratori di papa Francesco nella sezione del dicastero vaticano per il servizio dello sviluppo umano integrale e dell’assistenza dei migranti e dei rifugiati, ha parlato del sinodo pan amazzonico. Sheila Kinsey, fcjm, nella sua relazione sui “seminatori di speranza per il pianeta”, ha commentato e attualizzato l’esortazione apostolica di papa Francesco: “Laudato sì”. Il sottosegretario della congregazione per la dottrina della fede, mons. Matteo Visioli, ispirandosi alla lettera apostolica di papa Francesco “Vos estis lux mundi”, ha ripreso e ulteriormente approfondito il tema della protezione dei minori e degli adulti vulnerabili.
Se già queste relazioni, per la loro importanza, avrebbero potuto tranquillamente occupare tutti i lavori dell’assemblea, nella seconda giornata ci si è concentrati sulla “vita religiosa nel secolo XXI”. A introdurre e illustrare il tema con piena cognizione di causa, è stato invitato uno psicologo sociale molto noto nel mondo anglosassone, ma quasi del tutto sconosciuto dalle nostre parti, l’irlandese Diarmuid O’Murchu, dei missionari del Sacro Cuore. Dopo di lui si sono ascoltate in assemblea le testimonianze di quattro giovani religiosi (Celeste Berardi, Miguel Marcos, Ken Masudo, Lilly Thayamkeri) prima di ritrovarsi in una sintesi conclusiva coordinata da Enzo Biemmi con la partecipazione di tutti i relatori.
Anno 1969. «Fra dieci anni la VR non ci sarà più».
L’intervento più atteso non poteva che essere quello di O’Murchu. «È la prima volta, ha esordito, che in vita mia mi rivolgo a un pubblico così importante». Invitando i presenti ad avere molta pazienza, ha precisato subito di aver lavorato per tanti anni, nella sua vita, come psicologo in mezzo alla gente comune. «Non sono un accademico, non sono uno studioso in senso formale, non ho un’esperienza diretta di leadership». Questo però non gli ha impedito di operare a tempo pieno anche nell’ambito della crescita della fede degli adulti. Appellandosi al ben noto processo: “vedere, giudicare, agire”, si è preoccupato di sviluppare soprattutto il primo di questi tre punti. «Nella chiesa occidentale abbiamo una forte tendenza a saltare subito al momento del giudicare trascurando l’importanza del vedere; ma se non vediamo la realtà con una certa chiarezza, il nostro giudizio sarà falso e le nostre azioni inadeguate».
Nel 1969, in un seminario intercongregazionale gestito dai gesuiti a Dublino, in un corso di teologia morale, uno dei suoi compagni di classe aveva posto all’insegnante, un gesuita, una domanda sul significato della VR. Bruscamente si è sentito rispondere: «lascia perdere; fra dieci anni la VR non esisterà più». Nel corso di quell’estate, metà degli studenti, compreso l’insegnante di teologia, hanno abbandonato la VR e il sacerdozio. In settembre, ritornato a scuola, vedendo tanti banchi vuoti, «incominciai a pensare che forse quell’insegnante aveva ragione». Dialogando con il suo confessore, un anziano gesuita, si sentì rispondere: «Non ti preoccupare, tutto a posto, tutto a posto. La madre chiesa sa (quello che deve fare). Avrei voluto prenderlo sul serio, ma non lo feci».
Proprio in quel periodo O’Murchu ha iniziato a intraprendere un “lungo viaggio” leggendo tutto quello che trovava sulla VR. Nelle sue letture è rimasto colpito da un articolo in cui si diceva che la VR è contrassegnata da cicli storici (di declino e di rinascita). E proprio nel 1969 la VR si sarebbe venuta a trovare in una fase in discesa. «È come se lo Spirito Santo mi stesse dicendo che questo era l’inizio della risposta alle mie domande».
Pochi anni dopo, ha pubblicato il suo primo libro. «I critici lo hanno fatto a pezzi. Dissero che era un insieme di appunti senza alcun significato; ma fino a due anni fa ho continuato a ricevere lettere di congratulazioni per questo testo». L’autore non aveva fatto altro, in quel libro, che cercare di capire le ragioni di un inarrestabile calo della VR. Lui stesso non riusciva quasi a capacitarsi del fatto di aver detto “qualcosa di importante a tante persone”. Nel 2016 è apparso il suo nuovo libro “Religious Life in the 21st Century». Si tratta, afferma lui stesso, «di qualcosa di più sofisticato, ma i principi di base sono sostanzialmente quelli di sempre».
Ad uno storico della chiesa che gli contestava le sue argomentazioni sul declino in atto nell’ambito della VR come troppo superficiali, lui ha risposto di trovarvi invece «un significato molto profondo che non può essere spiegato razionalmente. Sono davvero convinto che lo Spirito Santo vi ha messo mano». Quello attuale, è un ciclo che richiede «moltissima attenzione e un grande discernimento». Dopo aver accennato al declino prima dei benedettini e poi dei cistercensi proprio nel momento in cui i terreni da loro coltivati erano diventati particolarmente produttivi e fiorenti, «sembra quasi, ha precisato, che ci sia qualcosa di misterioso: il loro declino è inesorabile. Io non so spiegare perché questo avvenga. E’ realmente un mistero». Eppure una risposta O’Murchu la darà convintamente alla fine del suo discorso, quando accennerà a quello che lui chiama il “viaggio pasquale”.
La stanza con bagno
Una conferma delle sue tesi, l’autore la trova nel calo enorme della VR dopo la rivoluzione francese. Dopo ormai 40 anni di ricerche, è però convinto «che anche se non ci fosse stata questa rivoluzione, ci sarebbe stata comunque una forte crisi della VR verso la fine dell’800». In quel periodo, infatti, «i religiosi si concentravano più su se stessi che su Dio; da qui inizia il declino, perdendo di vista la missione, preoccupandosi prevalentemente della propria sopravvivenza; proprio da qui parte quel grande declino che ci ha portato al ciclo attuale». Basti un dato statistico eloquente: se nel 1960 i religiosi erano circa 1.300.000, adesso sono circa 850.000. «Se questa tendenza rimane stabile i religiosi nel mondo cattolico saranno meno di 200.000 nel 2100».
Da un punto di vista “personalissimo”, dice il nostro autore, «questo declino sarà universale». La vistosa decrescita numerica attualmente in atto in Europa e nell’America del Nord, si andrà inevitabilmente estendendo in tutto il resto del mondo, fatta eccezione, al momento, del Vietnam e dell’India. Ma la crescita in atto in questi due paesi non è tale da poter compensare il declino della VR nel resto del mondo.
«Questa, afferma O’Murchu, è la nostra epoca; vorrei che ci fosse più onestà nell’affrontare le cose, perché la verità ci rende liberi; tutti abbiamo una grande paura della morte; tutto ciò che riguarda il calo della VR ci fa paura, ma questo fa parte della vita». Oggi i religiosi vengono messi da parte, hanno sempre meno voce e anche senza volerlo, cercano di identificarsi con la parte istituzionale della Chiesa. Ciò nonostante «sono convinto che le nostre congregazioni potrebbero anche morire, ma una VR, in una forma o nell’altra, ci sarà sempre». Se si può essere giustamente orgogliosi di ciò che i religiosi hanno saputo realizzare, «stiamo attenti; tutto questo si potrebbe trasformare in idolatria».
Purtroppo, anche senza accorgersene, oggi i religiosi sono alla ricerca di un sempre maggior benessere materiale. «La mia congregazione ha attraversato un momento molto difficile quando mi sono accorto che la preoccupazione maggiore dei miei confratelli era quella di avere una stanza con bagno. Proprio così. Tanto è vero che alcuni confratelli, con meno di cinquant’anni, si sono rifiutati di partecipare ad una conferenza in un luogo dove non c’era la stanza con bagno. Rendiamoci conto, tutto questo sta realmente uccidendo la VR».
Quasi non bastasse, si assiste oggi «ad una sempre più frequente mancanza di competenza nel discernimento degli adulti, ad una spiritualità spesso insipida, ad un attaccamento eccessivo a determinate formule di preghiera». Gli aspetti pratici finiscono con il prevalere di gran lunga su tutto il resto. Si è ancora «vincolati a troppi legami di fedeltà ecclesiastica e questo è un aspetto molto delicato». Spesso i religiosi sono accusati di proporre un “magistero alternativo”; inutile negarlo, anche questa è «una tensione che c’è sempre stata». I religiosi non si devono occupare solo della chiesa, ma anche «del mondo, del creato, di tutto ciò che avviene in questo mondo che sarebbe molto più povero senza di noi, dal momento che noi siamo portatori di una dimensione più profetica». Ma i religiosi rischiano oggi «di aggrapparsi al passato, al proprio modo di intendere il carisma, ad una interpretazione letterale del carisma, dimenticando che il Vaticano II ci ha invitati ad andare oltre».
Il “cammino pasquale” della VR
Purtroppo, spesso la dimensione teologica «è stata eliminata dal diritto canonico». Un noto monaco benedettino, di ritorno dal Vaticano II, in una sua sintesi data alla stampa ha affermato che al concilio «vi era veramente un gran fermento, soprattutto a proposito della ecclesiologia, della liturgia, della chiesa; ma ogni volta che si parlava della VR si tornava sempre al diritto canonico». Inutile negarlo, «abbiamo un diritto canonico molto più forte della stessa teologia». Una delle grandi sfide attuali è quella di trovare tra queste due realtà un “giusto equilibrio”.
Quando le statistiche ci dicono che il 70% delle congregazioni religiose si sono storicamente estinte, perché non convincersi che questo «potrebbe essere anche il destino dei nostri attuali istituti religiosi?». Non per nulla oggi si parla sempre più frequentemente di rifondazione, ma ad una condizione, chiarisce O’Murchu, e cioè «Non siamo noi, ma è Dio che rifonda la VR. Questa è una sua prerogativa». Essere aperti al futuro significa saper cogliere «ciò che il futuro vorrà dire a noi». Il discernimento, come la lettura creativa dei “segni dei tempi”, mai come oggi rivelano tutta la loro importanza. Discernere significa saper rispondere ai bisogni urgenti non solo “nella” chiesa, ma a volte anche “oltre” la chiesa; significa, ancora, saper passare ad altri, al tempo opportuno, la torcia, senza l’illusione di poterla portare e di poter vivere per sempre. Il discernimento serve per capire «dove ci conduce lo Spirito».
O’Murchu, in passato, aveva svolto il ruolo di facilitatore in un movimento ecclesiale aperto indistintamente a tutti, consacrati e non. Fra i tanti lo aveva colpito, in particolare, un giovane laico fin dal primo momento della sua adesione. Proprio in quel periodo si stava discutendo apertamente sul futuro della casa madre, molto prestigiosa, di una congregazione religiosa femminile. Il dubbio se chiuderla o meno, aveva già creato uno stato d’animo fino all’angoscia nelle poche persone direttamente coinvolte. Quando alla fine della giornata si chiese a quel giovane cosa pensasse di tutta quella discussione, immediata la sua risposta: «Sorelle, ho visto e comprendo tutto il vostro dolore, ma alla fine di questa giornata penso di potervi dire che voi quella casa l’avete già chiusa». A queste parole è seguito immediatamente un “silenzio mortifero”. In quelle parole c’era qualcosa di molto vero e profondo. Purtroppo, però, per una questione che si sarebbe potuta risolvere in pochi mesi, ci sono voluti ben cinque anni prima di alienare quella struttura, e cioè fino a quando materialmente non c’era più nessuna persona in grado di prendersene cura. «Quando lo spirito si fa sentire, ha commentato il relatore, bisogna ascoltarlo e agire di conseguenza», anche se «tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare».
In una situazione analoga, per la verità, si erano venuti a trovare anche i confratelli di O’Murchu, quando alla fine di un processo di discernimento si decise di chiudere una loro parrocchia nel Regno Unito, la prima e più antica opera dell’istituto. Dopo questa decisione, un gruppo di confratelli, anziani e non, che non erano stati consultati, non condividendo la decisione hanno reagito in maniera molto brusca. Il superiore generale, per dirimere la questione, si era rivolto a due canonisti secondo i quali la decisione presa non era in linea con il diritto canonico; ma probabilmente il responso sarebbe stato del tutto diverso, ha commentato il generale, se invece che a due canonisti «ci si fosse rivolti a due gesuiti».
Su questo registro di concretezza, di realismo, di consapevolezza della complessità dei problemi da una parte, ma anche del coraggio e dell’urgenza di aprirsi a nuove prospettive dall’altra si è prolungato, per tutta la mattinata, un ampio dialogo tra relatore e assemblea. «Quel declino che tutti noi non vorremmo mai vedere, ha concluso O’Murchu, in realtà è un momento scelto da Dio. Questa per me è un’epoca santa, un’epoca in cui dovremmo saper morire. Non è forse questa la volontà di Dio per noi? È sicuramente un periodo di purificazione, di oscurità, ma Dio è sempre con noi. La grazia del Signore ci sorprenderà». In queste parole il relatore ha in qualche modo sintetizzato il resto del suo discorso incentrato sostanzialmente su quello che ripetutamente ha qualificato come il “cammino pasquale” della VR nel XXI secolo.
Angelo Arrighini