Hartmann Christoph Paul
Nuove forme di identità religiosa
2019/7, p. 8
Attualmente sono numerosi coloro che affermano di avere interessi spirituali, ma di non essere “religiosi”, ossia legati a una religione, e di voler vivere la loro spiritualità privatamente, senza alcun aggancio con delle istituzioni. Il fenomeno è diffuso in particolare tra i giovani. La religione non ha quasi nessun influsso nella loro vita. Nella loro scala dei valori, è considerata una faccenda personale e non occupa nemmeno il primo posto; viene persino dopo la politica.

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Nuove forme di identità religiosa
Attualmente sono numerosi coloro che affermano di avere interessi spirituali, ma di non essere “religiosi”, ossia legati a una religione, e di voler vivere la loro spiritualità privatamente, senza alcun aggancio con delle istituzioni. Il fenomeno è diffuso in particolare tra i giovani. La religione non ha quasi nessun influsso nella loro vita. Nella loro scala dei valori, è considerata una faccenda personale e non occupa nemmeno il primo posto; viene persino dopo la politica. Al primo posto vengono messi i problemi secolari, come il benessere, la famiglia, il tempo libero, ecc. E anche coloro che sono in ricerca non si rivolgono più alla Chiesa, ma preferiscono attingere a quello che è chiamato “il mercato delle religioni”, con particolare attenzione al mondo orientale asiatico. Il sociologo tedesco delle religioni, professore Detlef Pollack, di Münster, osserva che il fenomeno non riguarda la maggioranza della gente, ma è però in continua espansione. Tutto ciò costituisce una grande sfida per la Chiesa.
“Spirituale sì, religioso no”: è la risposta alla domanda di fondo che ritorna continuamente nella vita di tutti i giorni. In particolare gli adolescenti sono i più restii a impegnarsi nelle cose riguardanti la religione e nell’appartenenza confessionale. Un sondaggio rappresentativo tra di essi riguardante l’insegnamento religioso ed etico, effettuato lo scorso anno, dava i seguenti risultati: il 52% dice di credere in Dio, ma solo il 22% si dichiara religioso. E quasi il doppio si definiscono semplicemente “credenti”.
Secondo il sociologo della religione Detlef Pollack, professore a Münster, il fatto che delle persone si definiscano “spirituali” e non più “religiose” non è un fenomeno di massa. Pollack si riferisce a diversi studi secondo cui tra il 6 e il 13% degli individui in Germania dicono di essere solo spirituali ma non religiosi. Si tratta di una minoranza che però guadagna consenso, soprattutto tra i giovani. La ragione, secondo Pollack, dipende dalle molte sfumature del concetto di “religione”: la maggior parte pensa al cristianesimo e alle grandi (ancora) chiese. L’andare in chiesa e i dogmi sono qui strettamente legati alla fede in Dio. “La distinzione tra “spirituale” e “religioso” esprime il tentativo di cogliere forme di religiosità che non hanno una connotazione ecclesiale”. In effetti, le norme riguardanti la fede dettate dall’alto godono di un buono stato solo in un numero sempre minore di persone. La persona vuole sentirsi più libera, individuale e personale. Si tratta di una tendenza complessivamente avvertibile.
L’espressione chiave che in questo contesto ritorna spesso è quella di “mercato o mosaico delle religioni”. Infatti soprattutto le religioni dell’estremo oriente, come il buddismo o, le forme di meditazione o di spiritualità dei paesi lontani trovano in occidente un grande interesse. Il “mercato delle religioni” diventa più variegato. Ciò tuttavia, osserva Pollack”, non dovrebbe occultare il fatto che “il protagonista principale nel mercato delle religioni è costituito ancora dalle chiese”.
Credenti consapevoli di sé
Ma l’atteggiamento di autoconsapevolezza di fronte alla religione anche della singola persona legata a una confessione non è un fenomeno nuovo. Già nelle indagini degli anni ’70 si rilevava un’alta percentuale di inchiestati che si identificavano come cattolici, ma con la clausola “a modo mio”. Ciò ha a che fare con un cambiamento di prospettiva nei riguardi della religione: i credenti di oggi considerano la religione soprattutto come una faccenda personale – è la persona a stare al centro dell’interesse religioso – ciò crea naturalmente una tensione con gli organismi come le chiese che si ritengono in possesso di importanti messaggi e chiedono la docilità del loro “gregge”.
La radice di questa visione personale della fede, Pollack la riscontra già nel Medioevo e al tempo della Riforma. I cercatori religiosi e i mistici del tardo Medioevo si dedicavano in quanto singoli alla ricerca di Dio al di fuori dei percorsi tradizionali. Soprattutto Lutero pose il rapporto individuale con Dio al centro della sua teologia. L’individualismo ricevette una forte spinta con il pietismo che separò la pietà personale dai dogmi e dalla metafisica, e con l’illuminismo che mise al centro l’autodecisione nella visione dello Stato e in quella religiosa.
In seguito all’industrializzazione e al concomitante aumento del benessere sociale, dell’istruzione e della certezza del diritto, la principale preoccupazione della gente non riguarda più direttamente la propria sopravvivenza. Si sono piuttosto sviluppate delle esigenze personali che vengono sempre più affermate nei confronti dello Stato e dell’opinione pubblica. Sulla scia di questa forte focalizzazione sulla propria persona è sorto il desiderio dell’autenticità. Non si vuole più farsi piegare, ma rimanere autentici – e ciò riguarda anche la religione.
Un mercato variegato delle religioni
Per questa ragione, molti si volgono con interesse al “mercato delle religioni”. I confini tra religione, tecniche spirituali e pratiche di benessere sono cancellati. Oppure uno può cercare di scegliere il meglio: lo yoga, per esempio, è un approccio religioso-spirituale olistico, ma in molti casi si concentra sugli elementi sportivi e rilassanti. D’altronde esercita un ruolo anche la visione capitalistica: molti settori dell’esoterismo o della spiritualità promettono di scoprire fonti nascoste o potenzialità inespresse del proprio io, sia dal punto di vista professionale sia privato. Secondo Pollack “ciò non è estraneo alla religione”. Dopotutto è sempre stato un mezzo per rafforzare il proprio io e le risorse in esso contenute.
Queste tendenze hanno connotazioni molto diverse in coloro che sono religiosamente interessati – gli esoterici convinti rappresentano piuttosto un’eccezione. Il bisogno di spiritualità è tuttavia molto sentito – e le chiese cercano di rispondervi. Esse indagano sempre più nelle fonti spirituali del cristianesimo e offrono percorsi spirituali oppure cercano di riprendere cristianamente forme sincretistiche. Lo scopo è di attirare persone che sono lontane dalle forme tradizionali della fede.
Una spada a due tagli
Questa strategia è, almeno in parte, fruttuosa: infatti la spiritualità soprattutto nella chiesa cattolica ha un ruolo importante. Per esempio, uno studio dell’Istituto di ricerche di mercato “rheingold”, commissionato dall’arcidiocesi di Colonia lo scorso anno, ha rivelato che le componenti spirituali possono avere un “grande peso” per quanto riguarda la forza di vincolare alla Chiesa. Per coloro che sono in genere interessati spiritualmente ciò costituisce un aggancio: ma non si può fare affidamento su di esse.
Pollack ritiene che nel processo di individualizzazione e la scomparsa dei confini religiosi, gioca un ruolo anche la secolarizzazione. Con le istituzioni religiose rimane ancora soltanto un rapporto molto debole, ci si lega malvolentieri. Ciò riguarda non solo le chiese ma anche i partiti e lo Stato e gli stessi gruppi esoterici il cui “nocciolo duro” è spesso molto piccolo; la maggioranza viene solo di tanto in tanto.
Lo stesso avviene per le chiese: la maggior parte dei membri sono piuttosto distanti, apprezzano tuttavia i valori religiosi per l’educazione dei bambini, ma per il resto si occupano poco di Dio e della vita dopo la morte. Sono più importanti i campi secolari: una famiglia funzionante, un lavoro appagante e la realizzazione di sé nel tempo libero. La religione nei vari ambiti della vita è solo una parte tra gli altri – e non sta affatto al primo posto. La vita secolare offre un numero così grande di possibilità che l’attenzione è distolta dai problemi religiosi. Per i più giovani perfino la politica è più importante della religione. Le persone che si definiscono “spirituali”, ma non “religiose” non sono in grado di contrastare la tendenza generale della secolarizzazione. Affermano chiaramente meno degli altri di “sentirsi una cosa sola con il divino”. Raramente comunque vanno in chiesa. Spiritualità significa perciò soprattutto che la religiosità si sbiadisce e diventa vaga. Questa forma di religiosità, sottolinea Pollack, ha poco influsso sullo stile di vita personale, sull’educazione dei figli e sulla scelta elettorale politica.
Per le chiese questa situazione complessa costituisce una duplice sfida: esse cercano con nuove proposte alternative di suscitare l’interesse anche tra coloro che sono in ricerca, ma finora lontani dalla chiesa. Ma poi devono riuscire a convincerli con dei contenuti cristiani e vincolarli a sé in maniera durevole. Altrimenti l’escursione nella Chiesa rimane un breve interludio. (katholisch.de, 6 giugno 2019)
Christoph Paul Hartmann