Giani Francesca
Problemi e risorse degli immobili
2019/6, p. 29
L’importante calo delle vocazioni, insieme ai sempre maggiori adempimenti burocratici, descrivono il contesto entro il quale oggi inserire la riflessione sui beni immobili ecclesiastici che necessitano di politiche efficienti ed efficaci. Attenzione agli errori da evitare!

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Convegno degli economi diocesani
PROBLEMI E RISORSE
DEGLI IMMOBILI
L’importante calo delle vocazioni, insieme ai sempre maggiori adempimenti burocratici, descrivono il contesto entro il quale oggi inserire la riflessione sui beni immobili ecclesiastici che necessitano di politiche efficienti ed efficaci. Attenzione agli errori da evitare!
Lo scorso 28 febbraio la CEI ha invitato a parlare fr. Giovanni Dalpiaz e suor Alessandra Smerilli, quali delegati di CISM e USMI, alla giornata sugli immobili ecclesiastici del convegno degli economi diocesani. I due hanno raccontato l’esperienza della gestione degli immobili da parte delle congregazioni religiose tracciandone le linee storiche e sociologiche e illustrando i recenti testi della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata. Sono state narrate le ferite inferte al patrimonio immobiliare degli istituti religiosi dalle politiche di soppressione degli enti ecclesiastici con il conseguente incameramento degli immobili da parte del nascente stato italiano, per soffermarsi poi sul rapporto tra i religiosi e il territorio. Hanno quindi ricordato la capacità profetica dei diversi carismi di attivare opere che in Italia hanno saputo rispondere ai nuovi bisogni di formazione e di carità. L’importante calo delle vocazioni, insieme ai sempre maggiori adempimenti burocratici, descrivono il contesto entro il quale oggi inserire la riflessione sui beni immobili ecclesiastici che necessitano di politiche efficienti ed efficaci.
Temi
ancora assenti
Il contesto CEI ha apprezzato l’intervento dei religiosi e involontariamente evidenziato che alcuni temi relativi alla gestione del patrimonio ecclesiastico di ordinaria trattazione per il contesto diocesano – censimento degli immobili, utilizzo di software dedicati, interoperabilità dei dati – sono ancora assenti nell’ambito dei religiosi, a meno di eccezioni. La Chiesa gerarchica gode di politiche e strumenti condivisi dedicati alla gestione del patrimonio immobiliare, elementi pressoché assenti nel panorama dei religiosi, tanto che fr. Giovanni mi ha onorato citando la mia ricerca dottorale quale fonte per conoscere il riuso e le valorizzazioni degli immobili dei religiosi in Italia e quindi gestire il fenomeno dell’esubero degli immobili degli enti religiosi in un Paese che vede chiudere circa 300 conventi ogni anno.
In passato gli istituti religiosi hanno costruito contenitori – gli immobili – per allocare i contenuti: servizi per i poveri, scuole per sovvertire un futuro di povertà preannunciato, centri di formazione femminile e così via. Oggi restano i contenitori ma non sempre i contenuti. Situazione problematica, difficile e aggiungerei sconcertante: i seguaci di chi “non ha dove posare il capo”(Mt 8,20) hanno beni immobili in misura superiore alle necessità,tanto da avere spesso dei beni sovradimensionati o inutilizzati.
Nell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium 231-233 papa Francesco invita a prendere seriamente in considerazione che “la realtà è più importante dell’idea”. Suggerisce ancora una volta di leggere, comprendere e lasciarsi sollecitare dai segni dei tempi (Mt 16, 2-3 Gaudium et spes 4), che in questo frangente sono costituiti da un patrimonio che necessita cambiamento.
Nella conferenza di Massimo Recalcati alla Pontificia Università Gregoriana intitolata “La notte del Getsemani” dello scorso 22 marzo, lo psicanalista descriveva l’eredità come qualcosa che necessita intrinsecamente di novità e non di essere solamente conservata, istanza che altrimenti porta all’autodistruzione. Anche l’eredità costituita dagli immobili ecclesiastici in possesso degli istituti religiosi necessita di novità.
Questa sfida è stata affrontata e vinta dalle Benedettine delle catacombe di Priscilla di Roma, nate per custodire e valorizzare il tesoro prezioso delle stesse catacombe. Dallo scorso mese di gennaio alcuni giovani di Pietre vive, associazione per la catechesi attraverso la bellezza e l’arte, condividono con le Benedettine questa missione http://www.pietre-vive.org/. La comunità dei giovani ha trovato alloggio in un appartamento del monastero e le Pietre vive lavorano come guide alle catacombe promuovendo anche momenti di preghiera. Le monache benedettine non erano più in grado di gestire da sole le catacombe per il loro numero esiguo e per l’elevata età. Hanno riconosciuto una nuova vocazione oggi presente nella Chiesa, differente dalla loro, ma ispirata dai tempi presenti e capace di interloquire con la contemporaneità.
Anche le suore della Provvidenza hanno raggiunto l’obiettivo, infatti negli ultimi dieci anni si sono dedicate a una seria ricerca su come utilizzare meglio gli spazi abitativi secondo il proprio carisma. Nel loro grande edificio di Torre del Greco, la comunità religiosa ha riservato per sé un’abitazione più piccola, eppur sufficiente, per dare alla scuola già esistente spazi più funzionali e adeguati e per far posto al Centro Armonia – dedicato alla famiglia, con un’attenzione particolare ai bambini del territorio bisognosi di supporto educativo e ai loro genitori e a Òikos – Centro polifunzionale per persone con disabilità che è stato inaugurato lo scorso 8 aprile dopo un lungo lavoro di raccordo con il territorio e le istituzioni a favore di persone con disabilità.
Vincere questa sfida richiede la capacità di riconoscere i segni dei tempi, i propri limiti e andare oltre se stessi: “se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto” (Gv 12,24).
Gli errori
da evitare
Quali sono invece gli errori da evitare per non danneggiare gli immobili del proprio istituto?
1. Vivere come se la parte materiale dell’esistenza fosse di ostacolo. Non si pensa alla vita dell’istituto come ad un unicum, ma si chiede all’economo di risolvere i problemi puntuali estromettendo l’economia dalla storia della salvezza, che secondo questa tentazione sembrerebbe essere fatta solo di cose immateriali.
2. Non conoscere lo stato dell’arte degli immobili. Non disporre di un censimento aggiornato e ben organizzato di tutti i beni immobili è un grave problema. Si tratta di strumento necessario per qualsiasi politica di gestione e programmazione che comprenda la conformità urbanistica dei beni e lo stato della verifica dell’interesse culturale (pratica necessaria in caso di alienazione che necessita mediamente di un anno per essere ottenuta). Senza questo strumento non è possibile eseguire una gestione concertata del patrimonio immobiliare: è consigliabile infatti gestire complessivamente l’insieme delle proprietà e non assumere singole decisioni sui vari immobili senza conoscere il piano generale e avere strategie complessive.
3. Assumere decisioni senza confrontarsi con il futuro. Anche l’ambito immobiliare ha delle regole da rispettare, una tra le più importanti è che ogni scelta immobiliare deve essere fatta in relazione al periodo medio lungo (20-25 anni). Pertanto prima di assumere decisioni in merito agli immobili, in base al piano carismatico si dovrà ipotizzare il futuro dell’istituto nei prossimi 25 anni (Quanti saremo? Che età media avremo? Quale sarà la nostra missione? Dove?) e quindi operare scelte. Troppe volte si vede ristrutturare un’opera poco prima che venga chiusa…
4. Non conoscere e non gestire lo stato urbanistico degli immobili pregiudicandone il valore. Ovvero non ci interessiamo di conoscere cosa le leggi urbanistiche comunali prevedono per i beni di proprietà degli istituti. Quante scuole non sono destinabili ad altri usi perché non si sono presentate le opportune osservazioni nei giorni successivi all’approvazione degli strumenti urbanistici e ora il valore dell’immobile ne risente gravemente! Gli strumenti urbanistici oggi prevedono la possibilità di azioni concordate tra proprietari e gli enti locali che necessitano di tempo e di soldi nonché di opportuna programmazione. Spesso gli istituti arrivano già affaticati alla vendita degli immobili e non hanno tempo per gestire eventuali cambi di destinazione d’uso che aumenterebbero il valore degli immobili. Risultato: si vende a basso prezzo per poi vedere aumentare a dismisura il valore del bene grazie alle politiche di valorizzazione immobiliare attuate dall’acquirente.
5. Definire una vendita accettando un pagamento dilazionato: abbiamo visto fallire una società nei giorni successivi all’atto di vendita e quella casa costruita con tanta fatica dalle suore oggi è di altri che neppure hanno corrisposto il giusto pagamento! Mai vendere senza ricevere i soldi contestualmente all’atto a meno che non ci si accordi per un rent to buy – affitto con riscatto -.
6. Affittare o dare in comodato immobili a enti o persone che non hanno un passato verificato o verificabile. Ad esempio è stato dato un comodato ad un nascente istituto di suore che ha ospitato una cerimonia di consacrazione di un vescovo scismatico.
7. Fidarsi di consulenti che non meritano la propria fiducia. Il ruolo apicale di una istituzione religiosa oggi è di particolare difficoltà. Spesso i consulenti si guadagnano la stima semplicemente non contrariando la committenza e “lisciandone il pelo”. Magari offrono consigli affinché poco cambi così da garantirsi la continuità della consulenza e lasciare la committenza gratificata nell’immediato ma impelagata in gravi problemi di gestione – penso alle molte case per ferie con il bilancio in rosso. La materia è così complessa che non basta un bravo professionista. Occorre un team di persone con competenze diverse (tecnici, economi, giuristi civili e di diritto canonico non uno contro l’altro ma uniti in un progetto comune) consapevoli delle specificità dei beni ecclesiastici e del carisma della proprietà.
8. Non decidere e lasciare gli immobili inutilizzati. La prima causa di deperimento di un immobile è il suo inutilizzo, superiore ai danni provocati da terremoti o guerre. Occorre gestire il proprio “portafoglio immobiliare” senza lasciare che il tempo lo distrugga e assumendosene le responsabilità.
Le difficoltà sono molte ma è possibile gestirle nel rispetto delle necessità dell’ente– carismatiche, sociali, ecologiche ed anche economiche – e facendo sì che ciò che è un bene lo sia veramente, a differenza delle molte volte in cui gli immobili sono dei gravi pesi.
Invito gli istituti religiosi che già hanno dato vita a nuove opere in loro proprietà anche in collaborazione con altri enti o affidato a terzi i propri immobili a condividere queste buone pratiche segnalandole alla seguente email: fgiani@fondazionehumanitate.it.
Concludo ricordando una frase di san Giovanni Crisostomo (Omelia su Lazzaro, 1, 6:PG 48, 992D) affinché ci solleciti a fare del nostro meglio “Non condividere con i poveri i propri beni è derubarli e togliere loro la vita. Non sono i nostri beni che noi possediamo, ma i loro”.
Francesca Giani
architetto della fondazione Summa Humanitate e PhDstudent DICEA
La Sapienza Roma fgiani@fondazionehumanitate.it