Dall'Osto Antonio
Brevi dal mondo
2019/5, p. 38
Iraq, La prima Pasqua dopo cinque anni Stati Uniti- Messico, Le Scalabriniane in servizio itinerante al confine tra i due paesi Nigeria, “Basta con i rapimenti e gli omicidi di sacerdoti e religiosi in Nigeria” India, Aumentano gli attacchi alle minoranze nel periodo elettorale

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Testimoni
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Iraq
La prima Pasqua dopo cinque anni
In Iraq, la luce della Pasqua ha squarciato l’oscurità. Per la prima volta, dal 2014, quest’anno sono stati celebrati a Mosul i riti pasquali, dopo le devastazioni compiute dall’Isis. Il nuovo arcivescovo cattolico caldeo Michael Najeeb Moussa ha potuto celebrarli assieme al “piccolo gregge” di cristiani che con la loro presenza hanno restituito alla città il suo volto cristiano deturpato dalla barbarie. Mons. Moussa, per l’occasione, ha invitato i fedeli «a costruire ponti di fraternità per abbattere i muri e a seminare speranza».
La tragedia era iniziata nel 2014 quando i terroristi islamici dell’Isis avevano occupato Mosul e gran parte dei cristiani erano fuggiti. Nel 2017, i terroristi erano stati cacciati, lasciando però una città devastata e ridotta ad un cumulo di macerie.
L’arcivescovo ha celebrato i riti pasquali nella cattedrale cattolica San Paolo dei Caldei, su quell’altare in cui riposano le spoglie mortali del suo predecessore Paulos Faraj Rahho. Mons. Rahho era stato rapito il 29 febbraio 2008. Due settimane dopo il suo corpo fu ritrovato in una discarica. La sua morte violenta aveva suscitato costernazione e indignazione in ogni parte del mondo.
Moussa, nella sua omelia, ha invitato i fedeli a non perdersi d’animo: «Abbiate coraggio di essere cristiani – ha detto loro – la nostra missione è di testimoniare Cristo. Questo è il messaggio che vogliamo trasmettere ai nostri fratelli e alle nostre sorelle, a coloro che appartengono ad altre religioni – e a tutto il popolo dell’Iraq».
Volgendo poi lo sguardo ai politici del Paese ha sottolineato: «Senza giustizia non esiste alcun futuro per i cristiani in Iraq». Ha spiegato che giustizia significa garantire i diritti a tutti i cittadini, senza distinzione di religione o di appartenenza etnica. «Noi cristiani – ha aggiunto – siamo cittadini a pieno diritto, come tutti gli altri».
Secondo le informazioni, la chiesa di San Paolo dei Caldei è attualmente l’unico luogo in cui è possibile celebrare la messa cattolica. «Qui – ha detto Moussa – celebriamo la Pasqua come prova che la luce nella nostra realtà quotidiana vince le tenebre».
Nigeria
“Basta con i rapimenti e gli omicidi di sacerdoti e religiosi in Nigeria”
“Apprendiamo con forte turbamento e con sdegno l’aumento dei rapimenti, e in alcuni casi degli omicidi, di sacerdoti e religiosi, nel nostro Paese” afferma la risoluzione approvata al termine della prima Assemblea Plenaria dell’associazione dei Direttori delle Comunicazioni, diocesani e religiosi, della Nigeria, che si è tenuto presso il Centro pastorale San Giovanni Paolo II, a Makurdi, nello Stato di Benue, dal 25 al 29 marzo.Proprio il giorno di apertura dei lavori, il 25 marzo, �� stato sequestrato un altro sacerdote nigeriano, p. John Bako Shekwolo nella sua casa nel villaggio di Ankuwai, nello Stato di Kaduna, nel centro - nord della Nigeria (vedi Fides) 27/3/2019). Solo una settimana prima, il 20 marzo, era stato trovato il corpo di don Clement Rapuluchukwu Ugwu, parroco della chiesa di San Marco, a Obinofia Ndiuno, nella Ezeagu Local Government Area, nello Stato di Enugu, che era stato rapito il 13 marzo (vedi Fides “La Chiesa è stata e continua a essere la voce e la speranza di chi non ha voce nella nostra società” ricordano i Direttori delle comunicazioni sociali. “Questa funzione è stata portata avanti da preti e religiosi: fare a meno di sacerdoti e religiosi implica far sparire la Chiesa e ciò che rappresenta”. Di fronte a questa ondata di crimini che minaccia la vita della Chiesa, i Direttori delle comunicazioni sociali lanciano un appello alla Conferenza Episcopale della Nigeria perché “ricerchi le cause dei rapimenti e degli omicidi di preti e religiosi, e collabori con il governo per porre fine a questi atti sacrileghi”. (L.M.) (Agenzia Fides 3/4/2019)
Stati Uniti - Messico
Le Scalabriniane in servizio itinerante al confine tra i due paesi
Dall’inizio di marzo la frontiera tra Stati Uniti e Messico ha dei nuovi angeli custodi: le suore missionarie di San Carlo Borromeo, meglio conosciute come Scalabriniane, protagoniste di un servizio itinerante, destinato a spostarsi di volta in volta nei punti di confine in cui c’è maggiore bisogno. Un’iniziativa necessaria come l’ossigeno, dato che continuano a giungere in ogni maniera possibile numerosi migranti, soprattutto centroamericani, mentre gli Stati Uniti continuano ad attuare una politica di ingressi il più possibile restrittiva, cui si aggiunge la scelta di respingere in Messico i migranti in attesa di sentenza rispetto alla loro domanda di ottenere asilo.L’obiettivo del servizio itinerante è andare a partecipare alla gestione delle emergenze migratorie lì dove si sviluppano, con la solidarietà, la preghiera e l’accompagnamento delle carovane. Suor Neusa de Fatima Mariano, superiora generale delle Scalabriniane, afferma: “Il nostro impegno è principalmente volto a donne e minori migranti, le fasce più deboli che risentono di maggiori problemi quando si trovano costrette a trasferirsi da un luogo all’altro”.
Sono tre le religiose coinvolte nel progetto. Due di loro, in particolare, sono già immerse pienamente nel servizio, nella rovente frontiera di Ciudad Juárez: si tratta di suor Noemia Silva, portoghese d’origine, un recente passato tra i migranti di Chicago. Suor Nyzelle Juliana Dondé è brasiliana e vanta un’esperienza soprattutto con i migranti dell’America Latina: “L’emergenza migratoria è sempre più pressante, continuano ad arrivare alla frontiera con gli Usa carovane di migranti centroamericani. Cerchiamo di essere presenti facendo fronte alle necessità più urgenti, alimentazione, vestiario… Lo facciamo muovendoci lungo la frontiera, sul lato messicano, in costante coordinamento con altri soggetti ecclesiali, come la Caritas e la Casa del Migrante, gestita dalla diocesi, dove facciamo base.
Recentemente ha fatto discutere un’altra scelta fatta dal governo degli Stati Uniti: espellere in Messico i migranti che attendono il loro turno per presentarsi di fronte a un giudice statunitense che deciderà se hanno diritto a ricevere o no asilo. Anche i vescovi delle diocesi di frontiera di Texas e Messico hanno preso vivacemente le distanze dal provvedimento, che tra l’altro “obbligherà il Messico a organizzare accampamenti per decine di migliaia di rifugiati, minando in realtà il loro diritto a chiedere asilo negli Usa, e privandoli dell’appoggio dei loro familiari sul suolo statunitense”.
“Oltre che dare un aiuto concreto, facciamo anche un servizio di ascolto e di incoraggiamento. E la Casa del Migrante è un aiuto importante”. Le religiose sono coscienti che anche il loro servizio non è privo di rischi. “Ma – affermano – confidiamo nella mano di Dio”.
India
Aumentano gli attacchi alle minoranze nel periodo elettorale
L’India si trova in pieno clima elettorale. La chiamata alle urne riguarda 900 milioni di indiani, su una popolazione di un miliardo e 300 milioni di abitanti. Le votazioni, iniziate l’11 aprile, si stanno svolgendo in sette fasi: 11, 18, 23, 29 aprile e 6, 12 e 19 maggio, mentre lo scrutinio delle schede avrà inizio il 23 maggio.
Nelle elezioni in atto, come nel 2014, due sono i candidati per la carica di primo ministro: Narendra Modi che si candida per il secondo mandato e Rahul Gandhi, capo del partito del Congresso, figlio di Sonia Gandhi e dell’ex primo ministro Rajiv. Ma in questa circostanza si presentano anche alcuni partiti regionali che sono riusciti a coalizzarsi, formando un terzo fronte che raccoglie tra le sue file anche molte esponenti donne.
La Conferenza episcopale indiana segnala con preoccupazione l'aumento delle violenze anticristiane in attesa degli esiti elettorali di maggio. La denuncia arriva da monsignor Theodore Mascarenhas, vescovo ausiliare di Ranchi e segretario generale della Conferenza episcopale indiana.
"Quello degli attacchi alle minoranze in India" afferma il presule ad Aiuto alla Chiesa che Soffre - ACS "è un fenomeno che ha luogo su una scala talmente vasta da far paura. Ho parlato con le religiose nei giorni scorsi e hanno riferito che alcuni dei responsabili sono stati arrestati. Ma il problema non sono le reazioni all’attacco, bensì il fatto che simili incidenti possano anche solo verificarsi in una società civilizzata". In India il lungo periodo di consultazioni elettorali si concluderà solo il prossimo 19 maggio: il partito nazionalista di Narendra Modi, il Bharatiya Janata Party è alla ricerca di un secondo mandato, possibilità che preoccupa non poco i cristiani e le altre minoranze dal momento che da quando è al potere le violenze ai danni dei non indù si sono moltiplicate. L’ultimo grave episodio è l’attacco del 26 marzo scorso a Chinnasalem, nello Stato del Tamil Nadu, dove 200 fondamentalisti indù hanno attaccato una scuola cattolica e aggredito le suore che la gestivano.
"Questi gruppi - è la preoccupazione di monsignor Mascarenhas - non vengono fermati, né sui social media né nella vita reale, sembrano ricevere privilegi politici, e persino l'autorizzazione da parte della leadership. Ed è questo il problema più grave: anziché fermarli, i leader politici li stanno incoraggiando".
Monsignor Mascarenhas è convinto che l’opera della Chiesa al fianco degli ultimi sia una delle motivazioni dietro gli attacchi. "Come afferma un proverbio locale, si tirano sassi soltanto all’albero che porta frutti. Ed io ritengo che una delle ragioni per cui i fondamentalisti sono contro di noi sia il nostro lavoro a sostegno dei poveri".
L’aumento delle violenze, non impedisce tuttavia alla Chiesa di portare avanti la propria missione. "Ho chiesto" afferma ancora il presule "alle suore recentemente attaccate se avessero paura e mi hanno risposto di non essere spaventate e di voler continuare a gestire la loro scuola. E così tutti noi continueremo a servire i più poveri dei poveri. Sappiamo che questo ci causerà gravi difficoltà, che ci porterà persecuzioni e avversità, ma seguiteremo a fare il nostro lavoro per i poveri, per Dio e per Gesù".
Nel caso di una vittoria dell’attuale presidente Narendra Modi Modi , a soffrirne maggiormente sarebbero ancora una volta soprattutto le minoranze religiose. Il partito nazionalista Baratya Janata Party infatti persegue la realizzazione di uno stato teocratico induista in cui non ci deve essere spazio per le altre religioni anche se ciò è in contrasto con la Costituzione del 1950 che proclamava l’India una democrazia laica e pluralista.
a cura di Antonio Dall’Osto