IL VALORE DEL DIALOGO
2019/5, p. 1
In Marocco dal 30 al 31 marzo, due giorni, papa Francesco
ha affrontato un vasto ventaglio di problematiche.
Partiamo dai migranti e dal volo di ritorno con il
consueto appuntamento con i giornalisti.
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Viaggio del Papa in Marocco
IL VALORE
DEL DIALOGO
In Marocco dal 30 al 31 marzo, due giorni, papa Francesco ha affrontato un vasto ventaglio di problematiche. Partiamo dai migranti e dal volo di ritorno con il consueto appuntamento con i giornalisti.
En passant, va detto che le conferenze stampa sui voli di rientro, per quantità di temi e importanza delle risposte, sono forse destinate a passare come veri e propri atti di «magistero» che consentono di entrare nelle pieghe dei ragionamenti e delle analisi di Papa Francesco.
La tragedia
dei migranti
Dunque sui migranti – il Marocco è uno dei paesi di passaggio, di «frontiera» con la Spagna e dunque con l’Unione Europea – Papa Francesco ha notato che «Non entra nella mia testa e nel mio cuore vedere affogare nel Mediterraneo e fare un muro ai porti. Questo non è il modo di risolvere il grave problema dell’immigrazione. Io capisco: un governo, con questo problema ha la patata bollente tra le mani, ma deve risolverlo altrimenti, umanamente. Quando ho visto quel filo, con le lame, sembrava incredibile. Poi una volta ho avuto la possibilità di vedere un filmato fatto in un carcere, di rifugiati che sono respinti indietro. Carceri non ufficiali, carceri di trafficanti. Se vuoi, posso inviartelo. Fanno soffrire… fanno soffrire. Le donne e i bambini li vendono, rimangono gli uomini. E le torture che si vedono filmate lì sono da non credere. È stato un filmato fatto di nascosto, con i servizi. Ecco, io non lascio entrare, è vero, perché non ho posto, ma ci sono altri Paesi, c’è l’Unione Europea. Si deve parlare, l’Unione Europea intera. Non li lascio entrare e li lascio annegare o li mando via sapendo che tanti di loro cadranno nelle mani di questi trafficanti che venderanno le donne e i bambini e uccideranno o tortureranno per fare schiavi gli uomini? Questo filmato è alla vostra disposizione. Una volta ho parlato con un governante, un uomo che rispetto e dirò il nome, con Alexis Tsipras. E parlando di questo e degli accordi per non lascare entrare, lui mi ha spiegato le difficoltà, ma alla fine mi ha parlato col cuore e ha detto questa frase: “I diritti umani sono prima degli accordi”. Questa frase merita il premio Nobel».
Il giorno prima nella sede della Caritas di Rabat, proprio incontrando un gruppo di migranti, aveva usato parole chiare: «Cari amici migranti, la Chiesa riconosce le sofferenze che segnano il vostro cammino e ne soffre con voi. Raggiungendovi nelle vostre situazioni così diverse, essa tiene a ricordare che Dio vuole fare di tutti noi dei viventi. Essa desidera stare al vostro fianco per costruire con voi ciò che è il meglio per la vostra vita. Perché ogni uomo ha diritto alla vita, ogni uomo ha il diritto di avere dei sogni e di poter trovare il suo giusto posto nella nostra “casa comune”! Ogni persona ha diritto al futuro. Vorrei esprimere ancora la mia gratitudine a tutte le persone che si sono poste al servizio dei migranti e dei rifugiati nel mondo intero, e oggi particolarmente a voi, operatori della Caritas, che avete l’onore di manifestare l’amore misericordioso di Dio a tanti nostri fratelli e sorelle a nome di tutta la Chiesa, come pure a tutte le associazioni partner. Voi sapete bene e sperimentate che per il cristiano “non si tratta solo di migranti”, ma è Cristo stesso che bussa alle nostre porte».
Dichiarazione comune
su Gerusalemme
L’altro polo del viaggio è stato il dialogo interreligioso, tema su cui Papa Francesco si spende moltissimo, pur consapevole che è in atto un focoso tentativo di «ributtare a mare» (espressione nostra, ndr) ogni cammino fin qui compiuto nel vigore del conflitto ideologico-politico che si svolge sui social e fa stragi nel mondo. In occasione della visita in Marocco, Papa Francesco e il Re Mohammed VI hanno firmato una Dichiarazione comune su Gerusalemme Città Santa che vale la pena leggere per intero.
«In occasione della visita al Regno del Marocco, Sua Santità Papa Francesco e Sua Maestà il Re Mohammed VI, riconoscendo l’unicità e la sacralità di Gerusalemme / Al Qods Acharif e avendo a cuore il suo significato spirituale e la sua peculiare vocazione di Città della Pace, condividono il seguente appello: Noi riteniamo importante preservare la Città santa di Gerusalemme / Al Qods Acharif come patrimonio comune dell’umanità e soprattutto per i fedeli delle tre religioni monoteiste, come luogo di incontro e simbolo di coesistenza pacifica, in cui si coltivano il rispetto reciproco e il dialogo. A tale scopo devono essere conservati e promossi il carattere specifico multi-religioso, la dimensione spirituale e la peculiare identità culturale di Gerusalemme / Al Qods Acharif. Auspichiamo, di conseguenza, che nella Città santa siano garantiti la piena libertà di accesso ai fedeli delle tre religioni monoteiste e il diritto di ciascuna di esercitarvi il proprio culto, così che a Gerusalemme / Al Qods Acharif si elevi, da parte dei loro fedeli, la preghiera a Dio, Creatore di tutti, per un futuro di pace e di fraternità sulla terra».
Dalla tolleranza
al rispetto
E poco prima, quello stesso 30 marzo, di fronte al Re, al governo, al Corpo Diplomatico, aveva ribadito con parole precise e sentite il valore del dialogo. «Pertanto, un dialogo autentico ci invita a non sottovalutare l’importanza del fattore religioso per costruire ponti tra gli uomini e per affrontare con successo le sfide precedentemente evocate. Infatti, nel rispetto delle nostre differenze, la fede in Dio ci porta a riconoscere l’eminente dignità di ogni essere umano, come pure i suoi diritti inalienabili. Noi crediamo che Dio ha creato gli esseri umani uguali in diritti, doveri e dignità e che li ha chiamati a vivere come fratelli e a diffondere i valori del bene, della carità e della pace. Ecco perché la libertà di coscienza e la libertà religiosa – che non si limita alla sola libertà di culto ma deve consentire a ciascuno di vivere secondo la propria convinzione religiosa – sono inseparabilmente legate alla dignità umana. In questo spirito, abbiamo sempre bisogno di passare dalla semplice tolleranza al rispetto e alla stima per gli altri. Perché si tratta di scoprire e accogliere l’altro nella peculiarità della sua fede e di arricchirsi a vicenda con la differenza, in una relazione segnata dalla benevolenza e dalla ricerca di ciò che possiamo fare insieme. Così intesa, la costruzione di ponti tra gli uomini, dal punto di vista del dialogo interreligioso, chiede di essere vissuta sotto il segno della convivialità, dell’amicizia e, ancor più, della fraternità».
Dialogo
interreligioso
Nell’ampio discorso, sul quale è importante soffermarsi, Papa Francesco ha legato tre temi: il dialogo interreligioso, i più urgenti problemi contemporanei, il ruolo della Chiesa nel paese. Quanto al primo, ha detto: «Considero anche un segno profetico la creazione dell’Istituto Ecumenico Al Mowafaqa, a Rabat, nel 2012, per iniziativa cattolica e protestante in Marocco, Istituto che vuole contribuire alla promozione dell’ecumenismo, come pure del dialogo con la cultura e con l’Islam. Questa lodevole iniziativa esprime la preoccupazione e la volontà dei cristiani che vivono in questo Paese di costruire ponti per manifestare e servire la fraternità umana. Sono tutti percorsi che fermeranno la ‘strumentalizzazione delle religioni per incitare all’odio, alla violenza, all’estremismo o al fanatismo cieco e porranno fine all’uso del nome di Dio per giustificare atti di omicidio, esilio, terrorismo e oppressione’ (Documento sulla fratellanza umana, Abu Dhabi, 4 febbraio 2019)».
La nostra
casa comune
Sul secondo ha osservato come «il genuino dialogo che vogliamo sviluppare ci porta anche a prendere in considerazione il mondo in cui viviamo, la nostra casa comune. Pertanto, la Conferenza internazionale sui cambiamenti climatici, COP 22, tenutasi pure qui in Marocco, ha attestato ancora una volta la presa di coscienza di molte Nazioni della necessità di proteggere il pianeta in cui Dio ci ha posto a vivere e di contribuire a una vera conversione ecologica per uno sviluppo umano integrale. Esprimo apprezzamento per tutti i passi avanti compiuti in questo campo e mi rallegro della messa in atto di una vera solidarietà tra le Nazioni e i popoli, al fine di trovare soluzioni giuste e durature ai flagelli che minacciano la casa comune e la sopravvivenza stessa della famiglia umana. È insieme, in un dialogo paziente e prudente, franco e sincero, che possiamo sperare di trovare risposte adeguate, per invertire la curva del riscaldamento globale e riuscire a sradicare la povertà». E sulla «crisi migratoria» ha auspicato che si passi «dagli impegni presi almeno a livello morale, ad azioni concrete e, specialmente, ad un cambiamento di disposizione verso i migranti, che li affermi come persone, non come numeri, che ne riconosca nei fatti e nelle decisioni politiche i diritti e la dignità. Voi sapete quanto ho a cuore la sorte, spesso terribile, di queste persone, che, in gran parte, non lascerebbero i loro Paesi se non fossero costrette. Spero che il Marocco, che con grande disponibilità e squisita ospitalità ha accolto quella Conferenza (la Conferenza intergovernativa sul Patto mondiale per una migrazione sicura, ordinata e regolare, del dicembre 2018, ndr) vorrà continuare ad essere, nella comunità internazionale, un esempio di umanità per i migranti e i rifugiati, affinché essi possano essere, qui, come altrove, accolti con umanità e protetti, si possa promuovere la loro situazione e vengano integrati con dignità».
Il ruolo
dei cristiani
Quanto al ruolo dei cristiani, ha ribadito come «l’impegno della Chiesa cattolica in Marocco, nelle sue opere sociali e nel campo dell’educazione attraverso le sue scuole aperte agli studenti di ogni confessione, religione e origine, mi sembra significativo. Per questo, mentre rendo grazie a Dio per il cammino fatto, permettetemi di incoraggiare i cattolici e i cristiani ad essere qui, in Marocco, servitori, promotori e difensori della fraternità umana». Tema programmatico per la Chiesa, ribadito nell’omelia della Messa del 31: «Care sorelle, voglio ringraziarvi per il modo in cui date testimonianza del vangelo della misericordia in queste terre. Grazie per gli sforzi compiuti affinché le vostre comunità siano oasi di misericordia. Vi incoraggio e vi incito a continuare a far crescere la cultura della misericordia, una cultura in cui nessuno guardi l’altro con indifferenza né giri lo sguardo quando vede la sua sofferenza. Continuate a stare vicino ai piccoli e ai poveri, a quelli che sono rifiutati, abbandonati e ignorati, continuate ad essere segno dell’abbraccio e del cuore del Padre».
Fabrizio Mastrofini