Boni Elena
Vangelo nella città
2019/4, p. 29
Dai tempi dell’Impero romano il cristianesimo si è confrontato con la realtà della città. Ma che cosa sono, oggi, le città? Quali volti sociali, culturali, economici stanno assumendo?

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Le sfide delle culture urbane
VANGELO
NELLA CITTÀ
Dai tempi dell’Impero romano il cristianesimo si è confrontato con la realtà della città. Ma che cosa sono, oggi, le città? Quali volti sociali, culturali, economici stanno assumendo?
Il magistero
del Papa
«Abbiamo bisogno di riconoscere la città a partire da uno sguardo contemplativo, ossia uno sguardo di fede che scopra quel Dio che abita nelle sue case, nelle sue strade, nelle sue piazze» (EG 71): nella sua prima esortazione apostolica, papa Francesco dedicava ben cinque paragrafi alle Sfide delle culture urbane. Ne sottolineava gli aspetti positivi: «una cultura inedita palpita e si progetta nella città» e ai cittadini sono offerte «infinite possibilità»; ma anche quelli negativi: nelle città si sviluppano spesso «pratiche di segregazione e di violenza». Che cosa ha da dire il cristianesimo alle nuove realtà urbane, alle persone che le abitano? Il papa esorta la Chiesa «a porsi al servizio di un dialogo difficile», offrendo una prospettiva che illumina l’intera teologia dell’evangelizzazione: «Vivere fino in fondo ciò che è umano e introdursi nel cuore delle sfide come fermento di testimonianza, in qualsiasi cultura, in qualsiasi città, migliora il cristiano e feconda la città».
Da queste parole ogni comunità, ogni espressione della Chiesa è invitata a interrogarsi sull’annuncio del Vangelo nelle proprie realtà urbane. Infatti, se le città hanno alcuni tratti sociologici comuni in tutto il mondo, è pur vero che la peculiarità locale rende difficilmente confrontabili le varie città. Anche la Chiesa italiana, naturalmente, si sta interrogando sul tema, con una pluralità di eventi e iniziative che sembrano fare capo ad alcuni problemi comuni: la crescente secolarizzazione delle popolazioni urbane, la resistenza ad accettare il pluralismo culturale, i nuovi problemi socio-economici fra invecchiamento della popolazione, scomparsa dei ceti medi, immigrazione e crescita dei «nuovi poveri». Ci sembra interessante, ad esempio, che il Centro universitario della diocesi di Padova abbia dedicato il proprio percorso culturale 2018-19 all’interrogativo: «Quale città?» invitando relatori di spicco a confrontarsi sulle città della Bibbia e sulle città di oggi.
Un incontro
pubblico a Bologna
Tematica analoga ha avuto l’incontro pubblico organizzato a Bologna lo scorso 13 marzo. Nei contesti urbani contemporanei nascono, in modo del tutto peculiare, modi specifici di relazionarsi con Dio, con l’uomo, con l’ambiente; modi che il Vangelo è chiamato a illuminare.
Una macro-lettura sui grandi movimenti in atto nelle città è stata offerta dal sociologo G.De Rita.La città va compresa non solo «dal basso» come ha fatto finora la sociologia, bensì «dall’alto», a partire dalle élites politico-culturali e dal ruolo che esse intendono dare alla singola città. I due grandi mali della società odierna sono la fine delle relazioni (individualismo) e l’aumento del rancore. Quest’ultimo è il lutto per la mancata crescita sociale e riguarda la maggioranza dei cittadini, quelli che non sono inseriti nel ruolo e nel processo di crescita. La Chiesa post-conciliare in Italia ha commesso l’errore di parlare quasi soltanto agli ultimi (il cui antico rancore è stato giudicato comprensibile), dimenticando le élites e il ceto medio (il cui nuovo rancore non riesce a comprendere). Occorre lavorare sulla rottura delle relazioni e annunciare la speranza alla fascia intermedia della popolazione, che oggi costituisce il vero «mistero» della nostra società.
L’arcivescovo di Milano M.Delpini ha svolto una disamina delle città bibliche. Appaiono maggiormente benedette le città imprevedibili e incomprese per gli uomini (Ninive, Betlemme, Antiochia), a scapito delle città «privilegiate» (Corazin, Betsaida e Cafarnao, le città della Galazia, Babilonia) che non sono capaci di convertirsi né di accogliere l’annuncio di novità del Vangelo. Come sarà la città in cui siamo chiamati ad annunciare il Vangelo: sarà una convivenza in cui si decreta l’assenza di Dio e la Chiesa rimane solo un museo di oggetti curiosi, oppure sarà il terreno fertile in cui il Vangelo porterà frutto?
L’arcivescovo di Bologna mons. Zuppi ha concluso con l’osservazione che in città cresce il rancore perché prevale l’individualismo: manca il “noi”, il riferimento alla dimensione comunitaria, l’incontro con l’altro. La contemplazione a cui ci chiama papa Francesco diventa scelta, capacità di costruire comunità vive, oppure no.
Vedere
discernere, giudicare
L’incontro ha introdotto il convegno annuale della Facoltà teologica dell’Emilia-Romagna (FTER) che si è svolto il 19 e 20 marzo.Le tre sezioni in cui si è articolato intendevano rispettivamente vedere, discernere e giudicare la realtà urbana alla luce della fede; le cifre comuni sono state l’analisi del contesto multiculturale e l’invito accoglienza e al dialogo.
Il filosofo P. Boschini ha analizzato il mutamento dei legami urbani nell’ambiente digitale: l’avvento delle nuove tecnologie ha trasformato i cittadini in utenti, lasciando ai decisori (l’élite di cui parlava De Rita) la possibilità di governare senza più rendere conto. Esiste poi la nuova categoria sociale dei tecnici; al margine restano i fuori-controllo che non vogliono o non possono conformarsi alle regole della società basata sul flusso digitale. M.Cassani, moralista ed esperto di pastorale famigliare, ha analizzato la situazione delle «nuove famiglie» nel contesto urbano segnalandone in particolare due problemi: le dipendenze (vecchie e nuove) e la solitudine. Le prime sono spesso figlie della seconda. M. Prodi ha analizzato alla luce di EG alcuni macro-problemi delle grandi città oggi: l’aumento vertiginoso della popolazione, l’inquinamento e la scarsità di acqua, la multiculturalità e la paura del diverso. Anche L. Luppi ha ricercato la presenza di Dio nelle città in termini di prossimità, spaesamento e profezia a partire da grandi teologi del passato (Gregorio Magno, Caterina da Siena, Ignazio di Loyola) e da esperienze spirituali del XX secolo (T. Merton, C. Carretto, Fraternità Monastica di Gerusalemme). Un ottimo esempio di contemplazione urbana è dato dalla testimonianza profetica di Madeleine Delbrêl.
L.Bressan ha esposto il caso di Milano, città ormai compiutamente multiculturale e secolarizzata in cui la Chiesa ha dovuto re-inventare il proprio ruolo anche alla luce delle nuove forme di fede e spiritualità. Grazie alle città il cristianesimo ha sviluppato una teologia della storia; da sempre le città fungono da laboratorio teologico, spirituale, pastorale. Anche oggi, nel lavorare alla forma urbis spesso lavoriamo, magari senza rendercene conto, anche alla forma Ecclesiae. P. Cabri ha sviluppato il tema del cristianesimo come «cultura urbana» sottolineando soprattutto il concetto teologico dell’ospitalità/prossimità. Essa spinge i cristiani a coltivare la logica della comunione e la responsabilità del bene comune; a chinarsi, guardare, farsi carico della vita dell’altro. B. Salvarani ha esposto il forte impatto del pluralismo sulle città. Oggi la Chiesa dovrebbe formare cittadini capaci di mettersi in gioco nei nuovi contesti globali. Dobbiamo scegliere quali idee, gesti, valori vogliamo salvare, non dalla mutazione, ma nella mutazione.
Due interventi hanno magistralmente esposto il tema in chiave biblica. E. Casadei Garofani ha analizzato il rapporto tra cristiani e società urbana nel Nuovo Testamento nelle due logiche contrapposte della fuga (dal mondo) e dell’appartenenza. La condotta del cristiano verso l’autorità politico-sociale può cambiare a seconda dei contesti; ciò che rimane importante è la testimonianza. M.Marcheselli ha, invece, esposto i brani matteani delle beatitudini (5,3-10) e del giudizio finale (25,31-46) alla ricerca di una chiave etica comune. La sua proposta esegetica orienta il significato di giustizia verso quello di misericordia, alla quale sono invitati a conformarsi non solo i discepoli bensì tutte le genti. Infine F. Badiali ha analizzato il termine e il tema «città» nell’opera cristiana che maggiormente lo rappresenta: il De civitate Dei di Agostino. I punti di contatto fra Roma e le altre città tardo antiche con le nostre città di oggi sono molti: per questo la rilettura dell’opera risulta attuale e ricca di suggerimenti. Agostino auspica una città basata sulla concordia e sul giusto equilibrio fra amor Dei e amor sui; la ricerca umana della giustizia avrà compimento in prospettiva escatologica.
La voce
dei giornalisti
Anche i giornalisti cattolici riuniti nell’UCSI (Unione Cattolica Stampa Italiana) hanno scelto di dedicare al tema «Raccontare la città» l’annuale Scuola di formazione (Assisi, novembre 2018) e l’ultimo numero della rivista Desk.Il buon giornalismo deve dare conto della realtà locale (V.Morgante, direttore di TV2000) e nello stesso tempo, aprire alla conoscenza del mondo e dell’altro, per sollevare il lettore dalla paura del diverso che, solitamente, nasce dalla non conoscenza di esso (M. Marazziti, giornalista e scrittore). Se nel 2030 il 70% della popolazione mondiale vivrà nelle megalopoli, il giornalista cristiano deve innanzitutto «connettere le solitudini sul territorio», comprendere i processi culturali e la dialettica centro-periferia per «mettere insieme le ricchezze di tutti coloro che vivono» nelle nostre città: questa la lezione di F. Occhetta, giornalista de La Civiltà Cattolica e consulente spirituale UCSI.
Elena Boni