Prezzi Lorenzo
Fratellanza umana per la pace
2019/4, p. 1
Il testo della dichiarazione firmata dal papa e dal grande imam di Al-Azhar nel viaggio ad Abu Dhabi costituisce un prezioso riferimento per ambedue le fedi. Contesto, contenuto e possibili conseguenze.

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Testimoni
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Dialogo islamo-cristiano
FRATELLANZA UMANA
PER LA PACE
Il testo della dichiarazione firmata dal papa e dal grande imam di Al-Azhar nel viaggio ad Abu Dhabi costituisce un prezioso riferimento per ambedue le fedi. Contesto, contenuto e possibili conseguenze.
Con il documento sulla Fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune, «la Chiesa universale e Al-Azhar hanno superato con la loro iniziativa i decisori della politica sia nel mondo arabo che in Occidente». Nei responsabili religiosi c’è una capacità di visione che i politici non sembrano avere. L’affermazione è di una figura di spicco del dibattito civile libanese e medio-orientale, Fares Souhaid, durante un convegno romano organizzato da Civiltà cattolica il 4-5 marzo.
Un giudizio impegnativo fra i due viaggi di papa Francesco in terra islamica: negli Emirati Arabi Uniti (3-5 febbraio 2019) e in Marocco (30-31 marzo). A conferma di una scelta che rimonta al Vaticano II e che ha trovato negli ultimi decenni alcuni appuntamenti di rilievo come il viaggio di Giovanni Paolo II a Casablanca (1985), il dibattito successivo al discorso di Benedetto XVI a Regensburg (2006), la lettera aperta di 138 sapienti islamici (2007), la dichiarazione comune del Forum cattolico-musulmano (2008), l’ottavo centenario del dialogo fra san Francesco e il sultano d’Egitto Malek al-Kamel (1219; http://www.settimananews.it/religioni/quale-messaggio-dallincontro-francesco-col-sultano) con la lettera di papa Francesco (26 febbraio 2019) fino al documento sulla Fratellanza.
Lettura
sinottica
Il testo, che porta la data del 4 febbraio 2019, può essere letto in parallelo all’unico documento similare che impegna il fronte cattolico e quello musulmano e cioè la dichiarazione del Forum cattolico-musulmano del 2008. Essa arrivò come pacificazione dopo le violenti critiche che il mondo musulmano fece al discorso di Benedetto XVI a Regensurg (12 settembre 2006). O meglio a un passaggio in cui citava l’imperatore bizantino Manuele II Paleologo che nel 1402 così parlava del profeta: «Mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo e vi troverai soltanto cose cattive e disumane». Si trattava di una citazione esemplificativa e non priva di asprezza «al punto di stupirci» (distanza poi espressa più chiaramente «per noi inaccettabile») dentro l’affermazione generale del discorso con il chiaro e radicale rifiuto della motivazione religiosa della violenza. Vi furono reazioni critiche di massa e dei vertici di alcuni paesi islamici. Al-Azhar interruppe i contatti col Vaticano. 38 sapienti musulmani scrissero al papa. La successiva attività diplomatica e del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso portarono ad un rinnovato dialogo. Il 13 novembre 2007 venne pubblicata una lettera aperta (Una parola comune fra noi e voi) di 138 sapienti islamici sul tema dell’amore di Dio nell’islam e nella Bibbia ebraico-cristiana. La rappresentatività delle firme, l’uso di fonti bibliche e non solo coraniche e un lessico simpatetico con la spiritualità cristiana furono riconosciuti come il pregio del testo. Su quell’avvio, l’anno successivo, si ritrovarono in Vaticano 24 partecipanti e 10 consiglieri di ambedue le parti per un dialogo diretto che portò a una dichiarazione comune (8 novembre 2008).
Il documento si apre con una duplice presentazione del tema dell’amore di Dio secondo la tradizione cristiana e secondo la teologia islamica. Nella prima, l’amore è il fondamento e la somma di tutti i comandamenti. Nella seconda è una forza trascendente e imperitura. A questo primo seguono 14 punti che riguardano la vita umana, la dignità di ciascuno, la parità di uomo e donna, la libertà di coscienza religiosa, il diritto delle minoranze religiose, la dimensione trascendente della vita credente, la condanna dell’esclusione sociale, la pluralità delle culture, l’informazione sulle religioni degli altri, la condanna del terrorismo, la cooperazione internazionale, la formazione dei giovani, un luogo di confronto stabile islamo-cattolico, il programma di un altro incontro.
I contenuti
Il documento sulla Fratellanza è assai più ampio e porta la firma di papa Francesco e del grande imam di Al-Azhar, Ahmad Al-Tayyip. Essa è avvenuta davanti a 500 leader religiosi, non solo musulmani. Presente anche il Segretario generale del Consiglio ecumenico delle Chiese. Frutto di un anno di lavoro fra le due delegazioni (vaticana e di Al-Azhar) il testo inizia così: «La fede porta il credente a vedere nell’altro un fratello da sostenere e da amare. Dalla fede in Dio che ha creato l’universo, le creature e tutti gli esseri umani – uguali per la sua misericordia – il credente è chiamato a esprimere questa fratellanza umana, salvaguardando il creato e tutto l’universo e sostenendo ogni persona, specialmente le più bisognose e povere». In nome di Dio, dell’innocente anima umana, dei poveri e dei miseri, dei rifugiati ed esiliati, delle vittime, della libertà, della giustizia e della misericordia, in nome della fratellanza umana e di tutti gli uomini di buona volontà, i musulmani di Oriente e Occidente e i cattolici d’Oriente e Occidente «dichiarano di adottare la cultura del dialogo come via; la collaborazione comune come condotta; la conoscenza reciproca come metodo e criterio».
Si chiede ai leader politici come a quelli accademici di diffondere la cultura della tolleranza, della convivenza e della pace. Il giudizio sul moderno è articolato. Da un lato vi è il riconoscimento delle conquiste come gli sviluppi scientifici, tecnologici e medici, dall’altro il predominio dell’individualismo, il deterioramento dell’etica e il diffondersi dell’estremismo. Vi sono tutti i segnali che preparano nuovi conflitti. Si denunciano le crisi politiche, l’ingiustizia, la mancanza di un’equa distribuzione delle risorse. Si attesta l’importanza del risveglio del senso religioso e la difesa della istituzione familiare.
La vita è dono di Dio e le pratiche che la minacciano (genocidi, terrorismi, migrazioni forzate, aborto, eutanasia, traffico di organi) sono da censurare. L’invito alla violenza non viene dalla retta religione. «Infatti Dio, l’onnipotente, non ha bisogno di essere difeso da nessuno e non vuole che il suo nome venga usato per terrorizzare la gente».
Seguono una dozzina di indicazioni circa la pratica religiosa in ordine alla pace. Il sostegno ai valori della conoscenza reciproca e della fratellanza si sposa con la libertà come diritto di ogni persona. La giustizia è basata sulla misericordia e dialogo, tolleranza e convivenza contribuiscono a ridurre i problemi delle popolazioni mondiali. I credenti sono chiamati ad incontrarsi nei molti valori comuni, garantendo reciprocamente i luoghi di culto. No chiaro al terrorismo che «non è dovuto alla religione». Sì alla piena cittadinanza e contro le violenze sulle minoranze. Fra Oriente e Occidente vi è una reciproca necessità: il primo può aiutare a superare il materialismo, il secondo può stimolare il superamento dei conflitti e il declino scientifico. È necessario riconoscere «il diritto della donna all’istruzione, al lavoro, all’esercizio dei propri diritti politici». Così come vanno tutelati i diritti dei bambini, degli anziani, dei deboli e degli oppressi.
Passi in avanti
Vi sono indubbie assonanze fra i due testi, prevalentemente sul versante dei valori umani e delle relazioni: dalla vita alla dignità di ciascuno, dal ruolo femminile alla pratica della religione, dalla difesa dei luoghi di culto all’informazione reciproca e alla condanna del terrorismo. Sono più interessanti le differenze perché attestano il cammino compiuto dalle due comunità, islamica e cattolica, in questo decennio.
La Fratellanza è anzitutto un testo unitario, cioè composto a più mani dalle due parti con un linguaggio che risulta a tratti inconsueto e sorprendente. Ad esempio, difficilmente un testo cattolico, dopo aver valorizzato il dialogo e le virtù suggerirebbe di «evitare le inutili discussioni», come è improbabile che un musulmano riconosca subito una espressione come questa: «abbiamo condiviso le gioie, le tristezze e i problemi del mondo contemporaneo», assai prossima alle prime righe della costituzione conciliare Gaudium et spes. È l’avvio di un linguaggio comune e di una lingua condivisa?
Di rilievo sono le firme che impegnano la Chiesa cattolica con il papa e l’islam con il grande imam, anche se vi è difformità di rappresentatività. Per papa Francesco è piena e universale, per l’imam non c’è niente di simile. È solo autorevole nel contesto dell’islam sunnita. Non è più un confronto fra teologie come nel 2008, ma una piattaforma di riferimento per i responsabili. È indicativa l’insistenza perché il testo sia recepito dai rappresentanti civili e dai luoghi di studio. Cosa che, per gli Emirati arabi uniti è stata assicurata dal ministero degli esteri, in visita al papa il 25 febbraio 2019. Se qualcosa di simile avvenisse anche in Marocco si incomincerebbe a delineare una nuova geografia dei diritti.
È un testo fra credenti, ma non è casuale l’accenno ai diritti degli atei: «questa dichiarazione sia un invito alla riconciliazione e alla fratellanza tra tutti i credenti, anzi tra i credenti e i non credenti, e tra tutte le persone di buona volontà». Un passo rilevante è fatto sulla «cittadinanza». «È necessario impegnarsi per stabilere nelle nostre società il concetto della piena cittadinanza e rinunciare all’uso discriminatorio del termine minoranze». Il testo del 2008 parlava di «pluralità di culture, civiltà, lingue e popoli», mentre in quello attuale si amplia il quadro: «Il pluralismo e la diversità di religione, di colore, di sesso, di razza e di lingua sono una sapiente volontà divina, con la quale Dio ha creato gli esseri umani». Più avveduta la considerazione del moderno nelle sue luci e nelle sue ombre, anche se le due fedi hanno un diverso approccio: il cristianesimo ha attraversato il moderno mentre l’islam ha solo cominciato il confronto. Molto più netta e severa è anche la condanna del terrorismo. Non solo non trova alcuna giustificazione nella religione (le sue ragioni nascono dalle «accumulate interpretazioni errate dei testi religiosi»), ma si richiede di «interrompere il sostegno ai movimenti terroristici attraverso il rifornimento di denaro, di armi, di piani o giustificazioni e anche la copertura mediatica».
I modernizzanti
I cristiani del Medio Oriente ricordano la permanenza di infinite penalizzazioni culturali e amministrative, di comportamenti contraddittori, di improvvisi cambiamenti politici che influenzano subito e negativamente la loro vita. Gli esperti moderano ogni entusiasmo e danno più fiducia alle buone pratiche di convivenza che ai proclami. Tuttavia vi sono segnali interessanti come la dichiarazione di 500 imam pakistani contro le violenze religiose (gennaio 2019) o la conferenza di Marrakech (Marocco) per la protezione delle minoranze religiose (2016) e quella successiva ad Abu Dhabi per la pace nelle società islamiche (2017), o la critica dell’imam di Al-Azhar sulla poligamia (1 marzo 2019). Vi è un settore dell’islam, certo minoritario, ma non ignorabile, quello dei modernizzatori. Ne è un esempio la dichiarazione di Parigi del 27 febbraio 2019 in cui si chiede la piena libertà di coscienza (anche di cambiare religione), il rifiuto della violenza non solo terroristica ma anche contro i singoli (flagellazione, lapidazione ecc.), la piena uguaglianza uomini e donne, oltre a una vera libertà di ricerca e di comunicazione.
Lorenzo Prezzi