Come fratello assetato di pace
2019/3, p. 9
La visita ha costituito un importante punto di contatto
con i musulmani sunniti, il cui leader è il Grande imam
della moschea di Al-Azhar al Cairo, in Egitto. «Volere la
pace, promuovere la pace, essere strumenti di pace: siamo
qui per questo», ha detto il Papa.
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Testimoni
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Papa Francesco negli Emirati arabi
COME FRATELLO
ASSETATO DI PACE
La visita ha costituito un importante punto di contatto con i musulmani sunniti, il cui leader è il Grande imam della moschea di Al-Azhar al Cairo, in Egitto. «Volere la pace, promuovere la pace, essere strumenti di pace: siamo qui per questo», ha detto il Papa.
«Nel nome di Dio va senza esitazione condannata ogni forma di violenza, perché è una grave profanazione del Nome di Dio utilizzarlo per giustificare l'odio e la violenza contro il fratello. Non esiste violenza che possa essere religiosamente giustificata». Papa Francesco ha tenuto il suo atteso discorso nell'Incontro interreligioso sulla «Fratellanza umana» ad Abu Dhabi, nella breve visita compiuta dal 3 al 5 febbraio. Al Founder'sMemorial, monumento nazionale che commemora il defunto Sceicco Zayed bin Sultan Al Nahyan, si è svolto l’incontro promosso dal Consiglio Musulmano degli Anziani, con circa 700 leader di varie fedi. Il Pontefice ha preso la parola rilevando di «aver accolto l'opportunità di venire qui come credente assetato di pace, come fratello che cerca la pace con i fratelli. Volere la pace, promuovere la pace, essere strumenti di pace: siamo qui per questo». Bergoglio ha ricordato che «il logo di questo viaggio raffigura una colomba con un ramoscello di ulivo. È un'immagine che richiama il racconto del diluvio primordiale, presente in diverse tradizioni religiose. Secondo il racconto biblico, per preservare l'umanità dalla distruzione Dio chiede a Noè di entrare nell'arca con la sua famiglia». E «anche noi oggi, nel nome di Dio, per salvaguardare la pace, abbiamo bisogno di entrare insieme, come un'unica famiglia, in un'arca che possa solcare i mari in tempesta del mondo: l'arca della fratellanza».
Occorre smilitarizzare
il cuore
«Non c'è alternativa - ha proseguito il Papa - o costruiremo insieme l'avvenire o non ci sarà futuro. Le religioni, in particolare, non possono rinunciare al compito urgente di costruire ponti fra i popoli e le culture. È giunto il tempo in cui le religioni si spendano più attivamente, con coraggio e audacia, senza infingimenti, per aiutare la famiglia umana a maturare la capacità di riconciliazione, la visione di speranza e gli itinerari concreti di pace». Alle religioni, spiega Bergoglio, «forse come mai in passato, spetta, in questo delicato frangente storico, un compito non più rimandabile: contribuire attivamente a smilitarizzare il cuore dell'uomo». La guerra non sa creare altro che miseria, le armi nient'altro che morte. E ha aggiunto, nel summit interreligioso ad Abu Dhabi: «Penso in particolare allo Yemen, alla Siria, all'Iraq e alla Libia».
La Messa alla Zayed
Sports City
Ma soprattutto ha impressionato la messa alla Zayed Sports City, il grande centro sportivo di Abu Dhabi, dove ha celebrato per la comunità cattolica locale, costituita soprattutto da lavoratori immigrati da Paesi asiatici come l'India e le Filippine. Il Papa ha fatto il giro in 'papamobile' tra la folla festante dei fedeli, accorsi dagli Emirati Arabi Uniti e anche da Paesi limitrofi. Sono andati esauriti i 135 mila biglietti disponibili: 45 mila fedeli hanno assistito alla messa papale nello stadio, che è il più grande degli Emirati, gli altri nelle aree adiacenti, tra cui un palasport, sempre all'interno della città sportiva. Impressionante il colpo d'occhio delle tribune dello stadio, con decine di migliaia di giovani di circa 100 provenienze e nazionalità diverse che sventolano le bandierine bianche e gialle, i colori del Vaticano. Alla messa hanno assistito anche 4.000 ospiti musulmani. Parlando delle Beatitudini, il Papa ha detto che «vi vediamo un capovolgimento del pensare comune, secondo cui sono beati i ricchi, i potenti, quanti hanno successo e sono acclamati dalle folle. Per Gesù, invece, beati sono i poveri, i miti, quanti restano giusti anche a costo di fare brutta figura, i perseguitati». «Sono venuto anche a dirvi grazie per come vivete il Vangelo che abbiamo ascoltato», ha proseguito. «Siete un coro che comprende una varietà di nazioni, lingue e riti; una diversità che lo Spirito Santo ama e vuole sempre più armonizzare, per farne una sinfonia. Questa gioiosa polifonia della fede è una testimonianza che date a tutti e che edifica la Chiesa», ha sottolineato il Pontefice.
Il dialogo
con i giornalisti
In conclusione la visita ha costituito un importante punto di contatto con i musulmani sunniti, il cui leader è il Grande imam della moschea di Al-Azhar al Cairo, in Egitto.
Importanti anche le puntualizzazioni di papa Francesco nel volo di ritorno, parlando con i giornalisti. «È un Paese moderno, accoglie tanti popoli ed è un Paese che guarda al futuro: per esempio nell’educazione dei bambini. Educano guardando al futuro. Poi mi ha colpito il problema dell’acqua: stanno cercando per il prossimo futuro di prendere l’acqua del mare e renderla potabile, e anche l’acqua dell’umidità e farla potabile. Sempre cercano cose nuove. Ho anche sentito dire da loro: ci mancherà il petrolio, e ci stiamo preparando. Mi è sembrato un Paese aperto, non chiuso. Anche religiosità: è un Islam aperto, di dialogo, un Islam fraterno, di pace. Sottolineo la vocazione alla pace che ho sentito di avere, malgrado ci siano i problemi di alcune guerre nella zona. Per me molto toccante l’incontro con i saggi dell’Islam, un incontro profondo, erano di diversi luoghi e di varie culture. Questo indica pure l’apertura di questo Paese a un certo dialogo regionale, universale, religioso. Sono stato colpito poi dal convegno interreligioso: è stato un fatto culturale forte».
Risposta del Papa
alle critiche
Ma anche importanti le risposte alle critiche, di cui il Papa si è dimostrato consapevole. «Mi accusano di farmi strumentalizzare, ma non solo dai musulmani! Da tutti, anche dai giornalisti! È parte del lavoro». «Dal punto di vista cattolico – ha aggiunto – il documento non è andato di un millimetro oltre il Concilio Vaticano II», ha precisato a proposito del documento firmato a quattro mani con il Grande imam di al-Azhar. «Il documento è stato fatto nello spirito del Vaticano II. Prima di prendere la decisione di dire: sta bene così, lo finiamo così, l’ho fatto leggere a qualche teologo e anche dal teologo della Casa pontificia che è un domenicano con la bella tradizione domenicana, non di andare alla caccia di streghe ma di vedere la cosa giusta. E lui ha approvato. Se qualcuno si sente male, lo capisco, non è una cosa di tutti i giorni, e non è un passo indietro. È un passo avanti che viene da 60 anni, il Concilio che deve svilupparsi. Gli storici dicono che perché un concilio abbia conseguenze nella Chiesa ci vogliono 100 anni, siamo a metà del cammino. È accaduto anche a me. Ho letto una frase del documento che mi ha sorpreso e mi sono detto: non so se è sicura. Invece era una frase del Concilio! Nel mondo islamico ci sono diversi pareri, alcuni più radicali, altri no. Ieri nel Consiglio dei saggi c’era almeno uno sciita e ha parlato bene. Ci saranno discrepanze tra loro… ma è un processo, i processi devono maturare».
Interpellato sul prossimo viaggio in Marocco, Francesco ha risposto: «È un po’ un caso la vicinanza dei due viaggi. Io volevo andare all’incontro a Marrakech, ma c’erano delle questioni protocollari, non potevo andare all’incontro senza fare una visita al Paese. E per questo abbiamo rimandato la visita e ora è in coincidenza con questo viaggio. E il Segretario di Stato è andato a Marrakech. È stata una questione diplomatica e di educazione, la vicinanza delle date non è stata una cosa pianificata. Ma anche in Marocco io seguo le tracce di san Giovanni Paolo II, che è stato il primo ad andarci. Sarà un viaggio piacevole. Ho ricevuto inviti di altri Paesi arabi, e vedremo il prossimo anno, e io o un altro Pietro. Qualcuno ci andrà».
Importante compiere
un passo alla volta
Come ha sottolineato mons. Felix Machado, arcivescovo di Vasai e presidente dell’Ufficio per l’ecumenismo e gli affari interreligiosi della Federazione delle Conferenze episcopali asiatiche (Fabc), è importante compiere «un passo alla volta. Dobbiamo prendere le cose per ciò che sono e per quello che si rivelano di fronte a noi. Non possiamo fare dei piani a priori. Il dialogo è rispetto e apertura. Dobbiamo lasciare che le cose accadano, invece che imporre o mantenere aspettative non realistiche. Il dialogo è come le relazioni: si mantiene attraverso incontri, l’ascolto, il parlare e la speranza. Non possiamo mollare. Questa è la natura della dinamica del dialogo. Vedo che negli anni molto è stato fatto di buono, ma non esprimo giudizi sul “tanto” o “poco”, su “bene” o “male”, e così via. La Chiesa vuole costruire relazioni e papa Francesco sta facendo tutto il possibile per dare una mano». L’Islam è la religione ufficiale, perciò la cultura è davvero islamica. «Ma i diversi luoghi sono governati da legislatori differenti e con sistemi differenti. Per esempio, il Bahrain non è l’Arabia Saudita e gli Emirati non sono il Bahrain. Al momento gli sceicchi governano questi Paesi ed essi sono i governanti. Sono musulmani, ma sono anche i legittimi governanti. Sono Paesi ricchi di petrolio, ma con carenza di manodopera, quindi i migranti sono i benvenuti (ma solo per lavorare, non per diventare cittadini permanenti). Essi vanno bene come migranti, ma solo in questi termini. Chi accetta di andare lì per lavoro deve rimanere del tutto sotto controllo del loro potere e dell’amministrazione. Perciò si fa fatica a parlare di “diritti umani”, secondo il termine usato nei Paesi democratici. I musulmani sono arrivati tardi al dialogo, ma si sono aperti al resto del mondo». Fin qui mons. Machado. Vedremo ora quale sarà l’evoluzione del dialogo e quali altre visite in Medio Oriente sarà in grado di compiere Papa Francesco.
Fabrizio Mastrofini