Gellini Anna Maria
Per gli ultimi e per Dio
2019/2, p. 46
ANairobi, nel fuoco di una pira all’ombra delle giacarande che amava tanto, Annalena bruciava: era la fine di tutto o forse l’inizio. Annalena se n’era appena andata, senza un cuscino né una mano fraterna sul selciato scabro dove era stata abbattuta. Come «un agnello al macello», come sapeva sarebbe accaduto. Finalmente nel suo solco per l’eternità, alla soglia dei 60 anni, a un passo dal ritorno all’agognato silenzio dei suoi eremi, alla vigilia della partenza, ormai inevitabile, da Borama.

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NOVITà LIBRARIA
per gli ultimi
e per dio
«A Nairobi, nel fuoco di una pira all'ombra delle giacarande che amava tanto, Annalena bruciava: era la fine di tutto o forse l'inizio. Annalena se n'era appena andata, senza un cuscino né una mano fraterna sul selciato scabro dove era stata abbattuta. Come «un agnello al macello», come sapeva sarebbe accaduto. Finalmente nel suo solco per l'eternità, alla soglia dei 60 anni, a un passo dal ritorno all'agognato silenzio dei suoi eremi, alla vigilia della partenza, ormai inevitabile, da Borama. Quella vita per gli altri, quella vita che si sbriciolava in un pomeriggio di ottobre tra le lacrime di chi le voleva bene, Annalena l'aveva vissuta. Con passione, con coerenza, con gioia e, soprattutto, con amore.» (pag.15)
Dal Kenya al Somaliland
La missione africana di Annalena Tonelli incominciò in Kenya nel 1969, poi proseguì nel deserto del nord-est per 17 anni, condividendo con i somali «la vita più bella del mondo». Annalena si trasferì in Somalia ai tempi della guerra civile (1987-1995) e nel 1996 in Somaliland, dove fu uccisa nell’ospedale in cui curava i malati di TBC e AIDS. Gli ultimi sette anni della sua vita, dal 1996 al 2003, sono stati i più duri e difficili. Le lettere raccolte in questo volume raccontano dell'apertura e del fiorire del suo ultimo ospedale, a Borama, in quel Somaliland che inizialmente sembrava più ospitale e pacifico del resto della Somalia. Lettere scritte per lo più nel silenzio della notte: le ore della notte erano in parte il suo eremo. Annalena, fuori dall'appartenenza a qualsiasi aggregazione di movimenti, semplicemente cristiana, non per questo si isolava, tutt'altro, creava reti e relazioni privilegiando gli ultimi, amiche ed amici e la sua famiglia. Queste lettere rivelano di Annalena la tenerezza di un bisogno di compagne e di compagni di viaggio, da sostenere e da cui essere sostenuta. Nello stesso tempo esprimono uno stretto legame tra la passione per gli ultimi e la passione per Dio.
Ciò che conta
è solo amare
Attraverso le sue parole, Annalena ci fa conoscere il luogo dei suoi ultimi anni di vita, «il luogo dell'amore estremo». E non solo perché Borama fu il luogo della sua morte per assassinio. L'amore è estremo quando le creature che sei chiamato ad amare non hanno qualità di bellezza che ti rendono facile amarle. Più volte, nelle sue lettere da Borama, Annalena confida come la sua missione incroci ogni giorno un'umanità degradata e come l'aiuto lo possa attingere solo da Dio. Eppure in lei non c’è resa, ma la fiducia che il deserto per grazia cominci a fiorire: ….«Come potrebbero essere più ultimi? Eppure anche loro possono fiorire...soprattutto le donne. Le donne sono umili rispetto agli uomini. Le donne piano piano ascoltano e sia pure in maniera e misura informe cominciano a comprendere, a cambiare atteggiamenti, a crescere in gentilezza, grazia, bellezza, tolleranza, interesse a qualcosa di vero al di fuori della loro vita 'animale'.» «Nulla ha senso al di fuori dell'amore. La mia vita ha conosciuto tanti e poi pericoli, ho rischiato la morte tante e poi tante volte. Sono stata per anni nel mezzo della guerra. Ho esperimentato nella carne dei miei, di quelli che amavo, la cattiveria dell'uomo, la sua perversità, la sua crudeltà, la sua iniquità. E ne sono uscita con una convinzione incrollabile che ciò che conta è solo amare.» (pag.442)
Servizio e silenzio
sempre alla Sua presenza
Consapevole che il cuore dell'uomo, anche di quello che si dona, può essere misteriosamente molto duro, Annalena capiva che quando perdeva o stava per perdere il senso del servizio e la capacità di amare, poteva ritrovare i beni perduti solo ai piedi del Signore. Per questo, aveva costruito un eremo e là andava per un giorno, o più giorni o per periodi anche lunghi di silenzio ai piedi di DIO. Là ritrovava equilibrio, quiete, lungimiranza, saggezza, speranza, forza per combattere la battaglia di ogni giorno prima di tutto con tutto ciò che ci tiene schiavi dentro, che ci tiene nel buio.
Nel corso della sua vita, «ci sono stati altri eremi, altri silenzi, la Parola di DIO, i grandi libri, i grandi amici, soprattutto nella fede cattolica: i padri del deserto, i grandi monaci, Francesco di Assisi, Chiara, Teresa di Lisieux, Teresa d'Avila, Charles de Foucauld, padre Voillaume, sorella Maria, Giovanni Vannucci, Primo Mazzolari, Lorenzo Milani, Gandhi, Vinoba, Pina e Maria Teresa... Ma al centro sempre DIO e Gesù Cristo….i piccoli sì, i sofferenti, io impazzisco, perdo la testa per i brandelli di umanità ferita, più sono feriti, più sono maltrattati, disprezzati, senza voce, di nessun conto agli occhi del mondo, più io li amo. E questo amore è tenerezza, comprensione, tolleranza, assenza di paura, audacia. Questo non è un merito. È una esigenza della mia natura. Ma è certo che in loro io vedo LUI, l'Agnello di Dio che patisce nella sua carne i peccati del mondo, che se li carica sulle spalle, che soffre ma con tanto amore... nessuno è al di fuori dell'amore di DIO».
Anna Maria Gellini