Arnaiz José Maria
Una rinascita profetica per la VC
2019/2, p. 39
Sono trascorsi 50 anni dalla II assemblea latinomericana di Medellín, in cui la Chiesa e la vita consacrata hanno cercato di tradurre in pratica sul piano continentale il rinnovamento promosso dal Concilio. Oggi, a distanza di mezzo secolo, si possono già vedere i copiosi frutti che sono da allora maturati.

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MedellÍn ieri e oggi
UNA RINASCITA
PROFETICA PER LA VC
Sono trascorsi 50 anni dalla II assemblea latinomericana di Medellín, in cui la Chiesa e la vita consacrata hanno cercato di tradurre in pratica sul piano continentale il rinnovamento promosso dal Concilio. Oggi, a distanza di mezzo secolo, si possono già vedere i copiosi frutti che sono da allora maturati.
Dal 23 al 26 dello scorso agosto 2018, ci siamo riuniti a Medellín più di 400 tra vescovi, laici e laiche, sacerdoti, religiosi e religiose. In questo incontro in occasione del 50° anniversario della II Conferenza del Celam “ abbiamo guardato con riconoscenza il passato”, “vissuto con intensità il nostro presente” nel vedere i frutti maturati in questi 50 anni e “abbracciato con speranza il futuro”. Si è visto chiaramente in determinati momenti che eravamo lì per vivere una “nuova pentecoste” e giungere agli orizzonti che avevamo intravisto. Abbiamo lavorato seguendo il metodo usato a Medellín nel 1968: vedere-giudicare-agire. Nelle tre dimensioni troviamo gli itinerari per una rinascita profetica. Con questo stesso spirito si sono tenuti diversi incontri nel Continente nel corso dell’anno per fare memoria e rivivere l’evento Medellín di 50 anni fa.
1. Una rinascita profetica nella chiesa latino-americana e caraibica
A Medellín nel 1968 è nata una nuova identità della chiesa nella storia della fede cristiana nelle nostre terre dell’America Latina. Fu il frutto di un vero incontro tra la trasformazione sociale del continente e quella ecclesiale del Concilio. Per questo, il card. J. Landázuri R., presidente dell’Assemblea, nel discorso finale sottolineava: “La coscienza profetica che durante questi giorni si è risvegliata e attivata è una nuova nascita della chiesa, una nuova Pentecoste per la grande chiesa”. Da questo incontro ecclesiale possiamo imparare molte cose per rendere possibile un nuovo modo di essere chiesa. Medellín costituisce un prima e un dopo per la vita della chiesa latino-americana”. Senza dubbio, secondo Gustavo Gutiérrez, Medellín fu l’atto autentico di nascita della chiesa latinoamericana e caraibica. Da quel momento questa chiesa divenne una chiesa continentale e soprattutto una chiesa sorgente che fa scaturire acqua abbondante per bene irrigare le terre dei nostri popoli; in certo senso cessò di essere una chiesa quale semplice riflesso di quella europea.
Vivere intensamente il cinquantenario di quell’evento ecclesiale è stato anche per noi un forte invito a una rinascita profetica nella chiesa e nella vita consacrata. Durante l’incontro abbiamo condiviso molto il fatto che dopo l’inverno ecclesiale deve giungere la “primavera inattesa”, espressione con cui alcuni identificano il pontificato di papa Francesco con le sue nuove e diverse proposte. Per questo e in ragione di questo il “nostro orologio deve essere sincronizzato con quello di Medellín del 1968 e d’ora innanzi anche con quello di Francesco. Così si arriva a una chiesa più coraggiosa e in grado di effondere la ricchezza del suo patrimonio. In effetti cerchiamo di tradurre le proposte del papa in un impegno autentico e reale. Sappiamo bene che la sua grande passione consiste nel passare da una chiesa centrata in se stessa, abbattuta e desolata per i suoi peccati, a una chiesa che serve tante persone abbattute che ci vivono accanto. Una chiesa capace di mettere al centro l’importante: il servizio al suo Signore in chi ha fame, sete, è carcerato, sfrattato, nudo, malato e abusato (Mt 25,25) con la consapevolezza che essi hanno la dignità per sedersi alla nostra tavola, di sentirsi a casa loro, in mezzo a noi, di essere considerati famiglia.
“Se la chiesa diventa come Francesco la pensa e desidera, avrà cambiato un’epoca” (E. Scalfari). Non dubitiamo che la persona di papa Francesco, la sua testimonianza, vicinanza, spontaneità e, senza dubbio, le sue parole, hanno un impatto su tutti noi. Già nel 2013 egli fu dichiarato dalla rivista “Time” “la persona dell’anno”. “Sono molti coloro che tra di noi hanno posto, per mezzo di lui, la loro speranza concreta in Gesù. Possiamo ben dire che Medellín è stato l’inizio di un lungo cammino ripreso da Francesco. Usando un’espressione famigliare è stato detto che Francesco è “figlio” di Puebla e “nipote” di Medellín. E possiamo aggiungere anche che di Aparecida egli è “madre e padre”. Egli illuminò molte grandi idee e proposte di quell’assemblea.
Se procederemo su questa strada, giungeremo a una reale conversione delle strutture della nostra attuale istituzionalità ecclesiale, realizzata dall’azione dello Spirito Santo. “In questo impegno creativo, noi religiosi siamo insostituibili e indispensabili.
È nostro compito trasformare con santa indignazione tutto ciò che vediamo e ascoltiamo con una forza unica, cambiare la chiesa e renderla ciò che mai avrebbe dovuto cessare di essere: una casa di fratelli e un santuario in cui si protegge, si respira e onora la nostra debole umanità. Questa sana e giusta indignazione si tradurrà in voce di donna, migrante, povero, laico e laica che saranno animati da una autentica rinascita profetica. Questo infonde in noi speranza e ci induce a fare nostre le parole di Maria: “Dio ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore, ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote” (Lc 1,51-53).
Il nostro procedere come nuovo modo di essere chiesa unirà sapientemente insieme, come Maria, la fermezza e la tenerezza. Con le parole di Maria sulle nostre labbra e nel nostro cuore arriviamo a concludere che nostro compito in questo momento nei riguardi della chiesa è di fare il possibile, che non è poco, e affidare a Dio ciò che ci risulta impossibile.
Questo profetismo mariano segnerà profondamente la rinascita profetica che auspichiamo per la chiesa e la vita consacrata. Non c’è dubbio che se occorre, da un lato, una grande fortezza nei principi e negli atteggiamenti, essere chiari nelle nostre opzioni e nei nostri messaggi e appassionati per questa forza che viene dal Signore. Senza dubbio dal Magnificat e da Maria ci può venire una grande ispirazione che con cuore tenero condurrà alla gioia e alla gratitudine e allo stesso tempo ad annunciare con chiarezza la preferenza di Dio per i poveri e gli umili. Maria, come giovane madre convoca e costruisce famiglia. Perciò il profetismo che segnerà la chiesa con un nuovo modo di procedere sarà una testimonianza comunitaria che deve portare al mondo il meglio della parabola del Regno. Maria ci aiuta a pensare la ricostruzione ecclesiale a partire da Cristo.
Questo può colmarci di speranza. Ci permette di elaborare una storia diversa; ciò implica un nuovo modo di essere chiesa. Una storia che “faccia germogliare i sogni, suscitare profezie e visioni, fiorire la speranza, stimolare la fiducia, sanare le ferite, intrecciare relazioni, suscitare un’alba di speranza, imparare gli uni dagli altri e creare un immaginario positivo che illumini le menti, riscaldi il cuore, trasmetta nuova forza alle mani e ispiri i giovani senza escludere nessuno, la visione di un futuro pieno della gioia del Vangelo” (papa Francesco, sinodo dei giovani). In questo sinodo è stato chiesto che “la chiesa sia una chiesa dalle porte aperte, vicina, attenta, disponibile, accompagnante, vera fonte di gioia, mistica, profetica, in uscita verso la periferia, che cammina con i giovani valorizzando i doni di ogni generazione, senza paure; favorendo il dialogo aperto tra le generazioni, per rinnovare, ricreare, ripensare, rivitalizzare l’impegno ecclesiale e sociale, in sintonia con la realtà, in base a un panorama globale, dando priorità ai giovani appartenenti alla spirale della morte, conferendo dignità alla persona, aumentando la fede e gettando ponti con nuovi modelli attraenti che come Gesù li portino alla santità” (Clar messaggio al sinodo, 23 ottobre 2018).
In tutti questi incontri dell’anniversario di Medellín è stato ripetuto che è fuor di dubbio che se vogliamo generare un nuovo modo di essere chiesa e VC siamo sollecitati da un nuovo umanesimo. Per questo dobbiamo contare sulla gioia, la generosità e l’eroicità giovanile e così nutrire una fede e un amore capaci di illuminare la nostra vocazione e la nostra missione.
Per ottenere una vigorosa capacità di creare, crescere e condividere è opportuno richiamare alcune meravigliose parole del sacerdote Ratzinger, pronunciate già nel 1969, che sono state ricordate nell’incontro di anniversario di Medellín: “Il futuro della chiesa può venire e verrà anche oggi solamente dalla forza di coloro che hanno radici profonde e vivono della pienezza pura della loro fede. Il futuro non verrà da coloro che offrono solo ricette. Non verrà da coloro che si adeguano solamente al momento attuale. Non verrà da coloro che criticano gli altri e ritengono se stessi misura infallibile”. Senza dubbio, accogliere parole come queste ci può rendere certi che da questa enorme tempesta che scuote la chiesa usciremo fortificati, purificati, rinnovati e molto cambiati.
2. Una rinascita profetica della VC
Per lanciare il movimento di rinascita profetica vissuto a Medellín in questo anniversario, protagonisti furono i “santi della porta accanto” (Francesco EG 6-9); e tra questi bisogna mettere in risalto gli oltre cento religiosi e religiose presenti alla celebrazione dell’anniversario. Sono profeti quando danno la vita per amore, sanno piangere con gli altri, cercano la giustizia con fame e sete e guardano e agiscono con misericordia (EG 76,79 e 82), quando la loro vita consente di riconoscere la forza attiva e operante dello Spirito Santo; rafforzano il bene e rimediano agli errori. In questo modo si rende possibile un rinnovamento e una conversione ecclesiale che sia sana e una chiesa che dia una testimonianza evangelica indiscutibile e cambi il suo modo di procedere e la realtà. Appropriato è il consiglio in questa linea di dom Hélder Cámara: “Guarda come vivi. Forse è questo l’unico vangelo che il tuo fratello legge”.
La vita religiosa è anzitutto “vita”. Senza il sostantivo “vita” l’aggettivo “religiosa” non ha alcun significato. Le religiose e i religiosi sono chiamati a rinnovare e a dare vita, a cantare un “canto nuovo” (Sal 149), a inaugurare la vita. La vita consacrata, vissuta in costante rinnovamento, è un vero incontro con Dio e perciò un’esperienza segnata dalla gioia e dalla fecondità.
Gli anni che sono seguiti a Medellín hanno insegnato a noi religiosi che dobbiamo essere degli attori eminenti nella configurazione della realtà sociopolitica, economica, culturale e religiosa e nella promozione di istanze di dialogo e di costruttivo confronto per camminare verso una cultura della trasparenza, dell’attenzione, della protezione. La nostra vita non è mossa dalle grandi rinunce ma dalle meravigliose opzioni per vivere le forti tendenze che ci sono in noi, poter godere in modo originale e totalmente evangelico. In questo modo tale forma di vita cristiana si trasforma in una nuova e originale proposta emergente, socioculturale, politica e di convivenza. Con tutta questa motivazione di fondo si possono applicare ai religiosi, in maniera tutta particolare, le parole di papa Francesco al popolo di Dio del Cile: “Con voi si potranno compiere i passi necessari per un rinnovamento e una conversione ecclesiale sana e duratura, con voi si potrà generare la trasformazione necessaria di cui tanto c’è bisogno. Senza di voi non si può far nulla” (Messaggio al popolo di Dio del Cile, 31 maggio 2018).
Compito particolare dei religiosi è di affermare che il futuro della teologia latinoamericana, nata da Medellín, passa attraverso una spiritualità di liberazione. “Una chiesa profetica, e pertanto promettente, richiede da tutti una mistica dagli occhi aperti, interpellante, non addormentata. Non lasciatevi rubare l’unzione dello Spirito” (Francesco, idem). La situazione attuale della chiesa deve incidere nella vita e nella missione di ciascun religioso. Questa incidenza deve trasformarsi in proposte che alimentino a loro volta un nuovo modo di vita consacrata. Una grande novità e necessità consiste nell’assumere questo compito assieme ai laici. Con essi affermiamo che risorgere non vuol dire fermarsi o tornare a vivere, ma nascere a una vita nuova, percorrere cammini di vangelo. Noi religiosi “assumiamo con vergogna e dolore, ma anche in modo consapevole e responsabile, la nostra partecipazione all’attuale situazione che sta vivendo la chiesa cilena”.
Durante quest’anno ha preso forma una grande proposta. Sta nascendo e crescendo una nuova teologia; non è quella della liberazione, ma le assomiglia. Viene con un nuovo metodo, nuovi contenuti, nuovi interpreti, nuovi destinatari, nuovi contesti e nuovi obiettivi. In riferimento al metodo, possiamo mostrare la sua differenza affermando che questa riflessione teologica parte dalla realtà non dal testo biblico. Comporta grandi cambiamenti. È una teologia che si sta facendo e moltiplicando. Certamente non è un riflesso di quella europea; nasce in America Latina, e senza cessare di essere ecclesiale, è caratteristica del nostro continente e per il nostro continente. Non posso fare a meno di dire che un buon numero di questi teologi e teologhe sono latino-americani.
La VC in tutta la sua storia ha mostrato chiaramente che il cuore della santità cristiana si trova nella carità mediata dalla giustizia. Così risuonano le sensibilità di papa Francesco verso il grido dei poveri, per la coerenza etica della fede, per gli “scartati” della società. Un grande contributo della VC alla chiesa di oggi sta nel collocare la santità nella pratica fedele delle beatitudini.
Tutto ciò ci porta a concludere non tanto che la VC ha una missione, ma che è missione (X. Zubiri). “Ogni uomo e donna è una missione, e questa è la ragione per cui si trova a vivere sulla terra. Essere attratti ed essere inviati sono i due movimenti che il nostro cuore, soprattutto quando è giovane in età, sente come forze interiori dell’amore che promettono futuro e spingono in avanti la nostra esistenza”. (Francesco, Messaggio per la giornata mondiale delle missioni 2018). Inoltre, questa profonda missione della VC è mistico-profetica e per questa ragione è riuscita nel corso della storia a far sì che nascessero movimenti di autentica riforma.
Abbiamo un religioso maestro nella ricostruzione della chiesa e nel comportamento profetico e in questi mesi nel continente lo abbiamo ricordato molto: Francesco di Assisi. Fu il grande riformatore e sognatore di una chiesa fraterna, popolare, di poveri e per i poveri. Vivendo in essa si entra in un tempo nuovo. Egli scoprì la presenza e la voce del Signore che lo chiamava a riparare e ricostruire la comunità cristiana del suo tempo. Un giorno si reca nella valle vicino ad Assisi e giunge alla chiesa di San Damiano. Trova una struttura praticamente in rovina. Vi entra e si trova a faccia a faccia con Gesù che lo guarda e gli dice: Francesco, ripara la mia casa che come vedi è in rovina”. Francesco rimase perplesso, ma prese coscienza che la chiesa di San Damiano e la chiesa intera erano in rovina. Questo episodio segnò un prima e un dopo nella sua vita. Francesco si converte. Ascolta la voce di Dio in mezzo alla morte, per tener viva la speranza nella risurrezione e inizia la grande riforma e la ricostruzione della chiesa e lo fa partendo da Gesù e con una proposta di vita consacrata, quella francescana, caratterizzata dalla vicinanza ai poveri e dalla fraternità. A qualsiasi dei grandi del nostro tempo vorrei dire: Francesco, Teresa, Camillo, Pietro… ripara la mia vita religiosa perché così come la vedi è in rovina ed essa riparerà la chiesa.
3. Per giungere a una VC che ripari la chiesa…
Un gruppo di 40 religiosi nell’incontro di Medellín nelle riunioni del pomeriggio ebbe l’incarico di mettersi in ascolto, giudicare e vedere come agire per vivere profeticamente la VC così da giungere a una chiesa sinodale, profetica, ricca di speranza che ha optato per i poveri, centrata in Cristo e samaritana. Per procedere su questa strada siamo giunti alle seguenti proposte che ci conducono a un nuovo modo di vivere la VC e ci donano una forza evangelica che produrrà i suoi frutti. Se vogliamo progredire non dobbiamo ripetere la storia ma fare una storia nuova (Ghandi).
A) Vedere: Ascolto dei clamori contemporanei
• la disuguaglianza, l’idolatria del denaro, la divinizzazione del mercato che stanno facendo sì che i poveri non siano più al di sotto né alla periferia, ma fuori.
• I rapidi e profondi cambiamenti culturali e religiosi dell’attuale “svolta storica” che hanno portato la chiesa a non essere più l’unica proposta di significato.
• L’individualismo, il relativismo, le spinte autonome della società contemporanea che rendono quasi impossibile un progetto di vita in comune e frenano l’apprendimento discepolare dei nostri sforzi formativi.
• Il secolarismo, la mondanità spirituale e una spiritualità senza Dio che si sono annidati all’interno della chiesa e delle comunità e hanno prodotto un disincanto della fede e della vocazione.
• L’autoreferenzialità di molte nostre comunità che maschera fenomeni di conformismo, accomodamento, imborghesimento, autosufficienza, attivismo… che indeboliscono la nostra esperienza di Dio, disumanizzano le nostre relazioni, offuscano la nostra proposta alternativa di significato e frenano il nostro slancio missionario.
• Gli scandali degli abusi di potere di ogni genere, di alcuni sacerdoti e persone consacrate, compresi alcuni fondatori di comunità che hanno messo in gioco la credibilità della chiesa e della nostra opzione di vita.
• Il modello di una chiesa di cristianità, piramidale che non si è lasciato plasmare dal Concilio e da Medellín, che produce disumanizzazione nei suoi corrispettivi sistemi di animazione e di formazione.
• La presa di coscienza della dignità della donna, la progressiva riflessione sull’antropologia del povero, l’organizzazione dei poveri, la sensibilità per la cura della casa comune nella società e nella chiesa.
• La presenza dei nostri carismi congregazionali nei laici, la loro testimonianza e il loro impegno carismatici.
• La riflessione della Clar circa: la centralità della Parola di Dio nella vita e missione della chiesa e della VC; carisma e laicato; il cambiamento sistematico nell’impegno con i poveri; la giustizia, la pace e l’integrità della creazione; la tratta delle perone; il carattere narrativo della teologia.
• Il pontificato di papa Francesco: religioso e latinoamericano, il suo magistero sulla VC, il suo invito a una chiesa in uscita, il suo sogno di una chiesa povera e per i poveri.
• La fame e la sete di ascoltare la Parola di Dio (cfr. Am 8,11) nella fanciullezza e nella gioventù, nella VC, nell’ambiente culturale e artistico della società.
• La dinamica relazionale della civiltà di oggi, la cultura virtuale, la coscienza della interrelazionalità nella VC dell’America Latina e dei Caraibi: inter-generazionalità. inter-culturalità, inter-congregazionalità.
• Le scommesse delle nuove generazioni di VC ancorate alle “frontiere geografiche ed esistenziali”, come anche ai nuovi areopaghi che sfidano il profetismo della vocazione, la missione e gli stessi carismi.
• Lo sguardo stesso del Signore per scoprire nel piccolo e nel debole l’impronta di Dio e i segni del Regno.
B) Giudicare: Sguardo rinnovatore, evangelizzatoree missionario
La presenza rinnovatrice dello Spirito: “è venuto a fare nuove tutte le cose” (Ap 21, 5), che attraversa la Sacra Scrittura dai Profeti fino all’ultima pagina dell’Apocalisse, innalza il nostro ascolto della realtà fino alla veduta degli ampi orizzonti dell’ opera evangelizzatrice e missionaria della chiesa e, in essa, della VC. In questo modo intravediamo e riaffermiamo le seguenti certezze che ci mobilitano e conducono a una tappa nuova:
• I carismi provengono dallo Spirito Santo e tutti scaturiscono dal dono fondamentale che riceviamo da lui nel battesimo. Hanno non solo questo stesso e unico punto di partenza, ma anche una medesima triplice finalità: il bene comune della società, la costruzione della comunione ecclesiale e la venuta del Regno. Questa unità si vincola con la diversità che produce il medesimo Spirito mediante i suoi doni abbondanti e policromi.
• I carismi fondazionali si caratterizzano per la grazia della trasmissione dei primi depositari.
• Le fondatrici e i fondatori, trasmettitori del dono specifico dello Spirito ai loro immediati e futuri seguaci, con cui generano una vita fraterna in comunità. Sono sempre in relazione con l’interpretazione dei segni dei tempi che ad essi corrispondono, per cui costituiscono anzitutto una risposta ai bisogni dei popoli e agli inviti della chiesa e, per ciò stesso, missionari e portatori della buona novella del Regno. In tutti i casi, vanno accompagnati da una lettura appropriata della Parola di Dio che si traduce, secondo l’espressine delle Costituzioni, in regola di vita e di azione (cf. VD 83), per dinamizzare la loro identità, spiritualità, animazione, formazione e il loro dinamismo apostolico. Questa ispirazione biblica conferisce una particolare docilità alla Ruah divina che dinamizza la sua comprensione dell’esilio come chiamata all’esodo di una conversione fondata sui “pensieri di Dio” affinché le “sue vie” siano le nostre (cf. Is 55, 6-11,) attraverso principi, convinzioni, opzioni e impegni che passano attraverso il cuore.
• Nei tempi recenti si costata la presenza dei carismi congregazionali nei laici che condividono con le comunità della VC i loro ideali, il loro spirito, la loro vita e missione. Più ancora, in molti casi sono giunti ad essere, dal punto di vista quantitativo e qualitativo, testimonianze espansive e attraenti della famiglia carismatica, nella sua condizione laicale. In base alla loro vocazione battesimale, diventano progressivamente un anticipo del futuro della VC e della VC del futuro.
• “La vita consacrata è un dono per la chiesa, nasce nella chiesa, cresce nella chiesa, è totalmente orientata alla chiesa, appartiene indiscutibilmente alla sua santità” (JM. Bergoglio, Sinodo, 13 ottobre 1994). Nel contesto ecclesiale la caratterizzano la mistica e la profezia circa: la radicalità nella sequela di Gesù di Nazaret, mediante i consigli evangelici, la passione per Cristo e l’umanità, l’opzione preferenziale dei poveri, la comunione caratteristica della primitiva comunità cristiana, la cultura dell’incontro, la gioia e la speranza cristiane, il valore evangelico della minorità e della vita quotidiana.
– Questo significato ecclesiale richiede che la VC sia all’avanguardia nella risposta agli inviti di papa Francesco una “chiesa in uscita e povera”, che ha optato per i poveri. Consapevole che il bene che porta in sé, tende a espandersi e cresce nella misura in cui condivide e desidera contribuire alla “attrattiva missionaria” della chiesa, superando l’autoreferenzialità e uscendo, in forza della sua “intimità itinerante” e della sua “comunione missionaria”, verso le periferie geografiche ed esistenziali “senza indugio, senza repulsioni e senza paura” (cf. EG).
– In questo modo, la VC “sveglia il mondo”, aprendolo all’orizzonte della trascendenza, e diventa una proposta alternativa di significato che annuncia il valore sublime della persona umana, la perennità dei valori evangelici, la cittadinanza teologica dei poveri, la concreta realtà di un mondo più giusto, più equo, più liberante.
– Nei riguardi della chiesa e del mondo, la VC deve diventare esperta dell’antropologia del povero che progressivamente hanno sviluppato il documento finale di Aparecida (391-398), la Verbum Domini di Benedetto XVI (107) e la Evangelii gaudium di papa Francesco (198) attraverso cui si può riconoscere il volto di Cristo nei volti sofferenti dei poveri, farà sì che i suoi progetti e le sue strutture siano attraversati dall’opzione per i poveri, si preoccuperà di nutrirli con il pane materiale e le parole di vita, lotterà affinché diventino soggetti dell’annuncio del Regno, imparerà da loro ad essere solidale, distaccata, creativa, aperta al mistero di Dio e della persona umana e si porrà all’avanguardia della realizzazione del sogno di una chiesa povera: per i poveri, a partire dai poveri, con i poveri e dei poveri….
C) Agire: Cammini di vita, verità, giustizia e libertà
L’evento ecclesiale di Medellín, che ha tradotto per l’America Latina e i Caraibi il kairos del Concilio Vaticano II, continua ad essere attuale e urgente; il suo 50°anniversario può tornare ad essere un nuovo inizio per la chiesa e la VC del continente, nella misura in cui diviene un punto di partenza per la realizzazione dei dinamismi che ha suscitato: il significato del povero, le piccole comunità ecclesiali e la centralità della Parola di Dio. Nella misura che toccano anche il cuore della VC. Ci siamo ispirati alla parola d’ordine di Paolo, “dal punto in cui siamo arrivati andiamo avanti” (Fil 3,16) per continuare il suo cammino in questi impegni, con essi esprimiamo la nostra intenzione di abbracciare questo momento della storia:
– Svegliare il mondo, la chiesa e la VC, con la cultura dell’incontro, la profezia della comunione, la maestria della fraternità per mezzo della spiritualità della comunione; l’affermazione del primato della persona umana nei nostri progetti comunitari e missionari; la partecipazione all’uso dei Tics (tecnologie di informazione e comunicazione), come strumenti di relazione intra ed extracomunitaria, di comunicazione e di solidarietà con i poveri; l’umanizzazione dei processi di formazione e di animazione; la fraternità carismatica che integra vescovi, sacerdoti, religiose, religiosi, laici e congregazioni; un panamericanismo evangelizzatore, in una totale integrazione con le Conferenze del Nord e la presenza lì della VC del Sud; la costruzione intercontinentale di ponti con le Conferenze nazionali di tutto il mondo. In generale la VC ha imparato che lavorare in équipe, suddivide il lavoro e aumenta i risultati.
– Radicare la profezia nella mistica dell’esperienza di Dio come punto di partenza e di arrivo della vocazione consacrata, mediante: una vita gioiosa della chiamata battesimale alla santità nel tempo presente, con perseveranza, umiltà, gioia, audacia e fervore, in comunità e in funzione della cittadinanza teologica dei poveri (cf. GE). La centralità della parola di Dio nella nostra preghiera, comunione e missione:
• la passione per Cristo e per l’umanità. La vita secondo i consigli evangelici come espressione della sequela del Maestro, proposta alternativa e positiva di significato e potenziale missionario; il ritorno al dinamismo spirituale apostolico delle fondatrici e dei fondatori, basato su una lettura specifica della Parola e su una risposta ai segni dei tempi; la pratica frequente della Lectio divina come preghiera di ascolto; il recupero del fascino della fede e della vocazione, attraverso lo stupore e la contemplazione; il significato della minorità, “i numerosi piccoli dettagli quotidiani” e l’ambiente locale, nella vita quotidiana e nella progettazione del futuro delle nostre comunità; la cura dell’ essere interiore e del significato del fare di ogni giorno, con la preghiera quotidiana e gli spazi periodici di silenzio e di deserto, la dinamica della conversione personale, comunitaria, pastorale e strutturale con il rinnovamento dei nostri pensieri e dei nostri cammini.
– Essere pionieri nella realizzazione del sogno di papa Francesco di una chiesa povera, a partire da una VC povera “come” i poveri, “con” i poveri, “per” i poveri e dei poveri, mediante:
• uno stile di vita sobrio e vicino ai poveri, la vita vissuta in povertà evangelica come solidarietà con i poveri; la metodologia del cambiamento sistematico nel lavoro con i poveri. Il sostegno economico a progetti di economia solidale. La riflessione sull’antropologia del povero e la sua assimilazione personale e comunitaria come: espressione della fede cristologica, dell’opzione preferenziale per i poveri, di una proposta alternativa di realizzazione della persona umana e dell’organizzazione della società. La dimensione e l’inserimento delle nostre case e delle nostre opere negli ambienti popolari e rurali. La rettitudine, la sobrietà, la solidarietà e l’equità nell’utilizzo e l’uso dei beni materiali. L’impegno con le organizzazioni civili in favore della JPI (Gruppo e organizzazione di giustizia, pace e libertà), nell’accoglienza dei migranti e contro la tratta delle persone.
– Promuovere la cura della casa comune con:
l’impegno circa gli obiettivi, i criteri e le azioni della REPAM (Rete di protezione amazzonica della chiesa); la denuncia profetica dell’attività estrattiva della natura; la partecipazione alle campagne e alle politiche statali, agli organismi dell’ONU che lottano per l’ecologia, il consumo di prodotti naturali; la sostituzione di sacchetti, piatti, bicchieri e coperti di plastica con materiale biodegradabile, l’eliminazione dell’acqua imbottigliata e il risparmio della carta nei nostri incontri, la raccolta differenziata dei rifiuti, l’uso ridotto dell’aria condizionata, un luogo appropriato dove gettare gli scarti del materiale elettronico, l’uso dei mezzi pubblici di trasporto….
– Riconoscere e incoraggiare la presenza dei carismi congregazionali nei laici, attraverso:
• la loro integrazione nella gestione, comunione, formazione e missione delle nostre congregazioni; l’inclusione dei laici nelle nostre istanze di animazione, come i capitoli e le assemblee; la partecipazione dei laici nelle conferenze nazionali della VC; la promozione della cultura vocazionale attraverso la vocazione battesimale dei laici e la radice discepolare della VC; gli incontri della “famiglia carismatica” e la sua apertura alla intercongregazionalità; la “tolleranza zero” degli abusi, la valorizzazione della donna nella società, nella chiesa e nella VC; il superamento del clericalismo nella nostra mentalità e nella nostra azione.
• Il superamento dell’autoreferenzialità con una vita religiosa in uscita missionaria per mezzo:
di un andare ai più lontani e un farci prossimi ai più emarginati; l’uscita verso le periferie geografiche ed esistenziali; la dinamizzazione delle opere con presenze missionarie; la ristrutturazione in vista della riconfigurazione e risignificazione; una formazione chiaramente discepolare e missionaria; la sostituzione dei paradigmi provinciali con quelli delle reti.
Questa è la nuova forma di vita consacrata che la Clar, la settimana dopo, nella sua assemblea annuale ha proposto ai religiosi e alle religiose del continente. In questa assemblea si è preso coscienza dell’urgenza dei cambiamenti strutturali nella VC, dei cambiamenti degli otri, certamente, ma anche del vino, della forza e del desiderio di profezia, comunione, spirito missionario, felicità e gioia. Chiediamo al Signore che ci conceda un futuro pieno di speranza. Per questo usciamo dai nostro luoghi sicuri. Inoltriamoci nel nuovo.
José Maria Arnaizdirettore di “Testimonio”