Passerini Gabriele
PERSECUZIONI TENDENZA ESPANSIVA
2019/2, p. 8
A 70 anni dalla Dichiarazione universale dei diritti umani, un cristiano su nove è a rischio persecuzione. 245 milioni di cristiani sono perseguitati. Il loro numero è in crescita da sei anni consecutivi.

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Indice mondiale pubblicato da Portes ouvertes
PERSECUZIONI
TENDENZA ESPANSIVA
A 70 anni dalla Dichiarazione universale dei diritti umani, un cristiano su nove è a rischio persecuzione. 245 milioni di cristiani sono perseguitati. Il loro numero è in crescita da sei anni consecutivi.
«Dall’inizio di questo secolo la religione è diventata un fattore rilevante in ordine al rispetto dei diritti umani, sia quando è combattuta, sia quando è strumentalizzata dai nazionalisti, sia quando essa stessa diventa origine di movimenti violenti o estremisti. E nel caso di ciascuna modalità la minoranza cristiana ne è vittima. È una delle conclusioni principali dell’Indice mondiale delle persecuzioni dei cristiani 2019», pubblicato il 16 gennaio. Sono le parole introduttive di Michel Varton, al rapporto annuale dell’organizzazione non governativa di origine protestante Portes ouvertes (che ha un riferimento anche in Italia e in molti paesi). A 70 anni dalla Dichiarazione universale dei diritti umani un cristiano su nove è a rischio persecuzione. 245 milioni di cristiani sono perseguitati. Il loro numero è in crescita da sei anni consecutivi. I cristiani uccisi nel 2018 sono 4.305, quelli in prigione sono 3.150. Le chiese distrutte sono 1.847.
4.305 morti,
3.150 prigionieri
Sono 150 i paesi monitorati da Portes ouvertes. I primi 11, qualificati come luoghi di persecuzione estrema sono: Corea del Nord, Afganistan, Somalia, Libia, Pakistan, Sudan, Eritrea, Yemen, Iran, India e Siria. Altri 29 paesi vengono indicati come luoghi di persecuzione molto forte. Fra essi: Nigeria, Maldive, Arabia Saudita, Myanmar, Cina, Centrafrica, Mali, Mauritania, Marocco, Messico e Kenia. Altri 33 stati sono considerati luoghi di persecuzione forte. Fra questi: Russia, Colombia, Tanzania, Niger, Cuba e Burundi.
La linea di tendenza è verso un aggravamento della situazione. Esso riguarda sia le comunità cristiane storiche (cattolici, ortodossi, protestanti), sia le comunità non tradizionali (battisti, evangelicali ecc.), sia i cristiani espatriati (non autoctoni), sia i convertiti. La modalità della persecuzione può essere improvvisa e brutale (“a martello”) o quotidiana e progressiva (“a pressione”). Oggi essa è più estesa, più profonda e più violenta. «Più estesa: i numeri di paesi in entrata nell’Indice aumenta da 8 (2017) a 23 (2018); più profonda: la persecuzione “a pressione” aumenta: nei 50 paesi registrati è cresciuta del 16% dal 2014; più violenta: i numeri di cristiani uccisi passa da 3.066 nel 2017 a 4.305 nel 2018». Le cifre sono tutte prudenziali, in senso restrittivo. Se la Cina vede gonfiarsi il numero dei cristiani detenuti, l’India passa dal 28° al 10° posto dell’Indice. L’Africa è il continente dove la violenza anticristiana è in piena crescita.
L’estremismo islamico si conferma come l’agente più attivo nelle persecuzioni. «Dall’Africa al Medio Oriente, passando per l’Asia: in 38 dei 50 paesi in evidenza l’estremismo islamico è un fattore importante della persecuzione dei cristiani. È all’opera in 7 dei 9 paesi più esposti». I movimenti come Daesh si sono trasferiti dal Medio Oriente all’Africa provocando un aumento persecutorio in molti stati del continente. In Africa sui 632 milioni di cristiani, uno su sei è fortemente perseguitato, mentre in Asia su 403 milioni di cristiani è tale uno su tre e in America Latina su 601 milioni di cristiani il rapporto è 1 su 21.
In sei tappe
Portes ouvertes raccoglie le informazioni da persone che vivono in 150 paesi con questionari specifici (violenza privata, familiare, sociale, civile, ecclesiale) o attraverso reti informative come la stampa, istituti di ricerca, organizzazioni non governative ecc. I dati sono classificati in modo da costruire un numero di riferimento. Per es. oltre 81 si è in presenza di persecuzione estrema e oltre 61 di persecuzione molto forte, oltre 41 di persecuzione forte. Lo sviluppo della dinamica persecutoria è indicata in sei tappe: - un piccolo gruppo fortemente attivo si propone contro gli altri; – i movimenti fanatici del gruppo si organizzano e cominciano a premere sulla società e sul governo; – i disordini sociali non vengono sanzionati e sono scaricati sulle vittime; – la forza di attrazione del fanatismo cresce fino a condizionare l’agenda governativa; – società, governo, sistema giudiziario e di sicurezza portano all’asfissia le minoranze; – il gruppo sociale dell’inizio impregna di sé la cultura e lo Stato.
Viene definita persecuzione «ogni ostilità a riguardo di una persona o di una comunità motivata dall’identificazione di questa con la persona di Gesù Cristo». È cristiano «chiunque si identifica come tale o che appartiene a una comunità cristiana definita dalle confessioni di fede delle chiese storiche».
Fra i casi più significativi riprendo alcune indicazioni circa l’India, qualche paese dell’Africa e la Corea del Nord. L’India alimenta le persecuzioni, seppur a macchia di leopardo. Nel corso dell’anno sono stati registrati decine di attacchi a chiese un po’ in tutto il paese. Nel 2017 ci furono 21 casi, nel 2018 sono diventati 34. Le violenze esplodono d’improvviso e sono ignorate dal governo centrale. Spesso neppur registrate dalla stampa. È purtroppo un fatto consuetudinario la condanna di dirigenti religiosi sulla base di accuse poco plausibili. I cristiani detenuti sono oltre 200. Sette sono stati condannati all’ergastolo. 12.500 sono i cristiani coinvolti nelle aggressioni nel centinaio di attacchi registrati. Ma di molti altri non si hanno notizie.
Il caso più grave:
Corea del Nord
Nel caso dell’Africa la situazione più grave è quella della Nigeria. Milioni di cristiani hanno subito gravi conseguenze nella migrazione forzata dal Nord verso la cintura centrale e il Sud. Moltissimi i morti: nel continente sono 4.165, il 97% dell’insieme. In Nigeria sono 9 su 10 dei morti cristiani d’Africa, 3.731. Nel 2015 erano stati 2.484, nel 2016 4.028, nel 2017 695. Vittime dello scontro con le popolazioni nomadi di appartenenza islamica e le milizie di Boko Haram. Nello stato di Plateau i morti sono stati 1.885, tanto da spingere la Camera dei rappresentanti a denunciare un vero e proprio genocidio. Aggressioni e violenze sono registrate in Centrafrica, in Somalia, in Congo, Mozambico (in ambedue i paesi ad opera di bande armate islamiche) e in Etiopia.
Il caso più grave è da decenni quello della Corea del Nord, di cui tuttavia si hanno pochissime notizie. Si sa comunque che decine di migliaia di cristiani sono confinati nei campi di lavoro forzati. La persecuzione dura da 60 anni. Nel 1945 c’erano 500.000 cristiani nel paese. I martiri sono migliaia. Qualche brandello di informazione è possibile grazie alle vittime della tratta cinese che “importa” donne dalla Corea del Nord per la prostituzione. Sono presenze illegali. Se scoperte vengono rinviate in Corea e subiscono torture, fame e lunghe pene detentive. Se incinte sono costrette all’aborto e il bimbo è ucciso. Quelle che hanno sentimenti religiosi sono le più duramente colpite.
Anche gli atei
I numeri delle varie indagini e Rapporti non sono identici, ma le tendenze sono del tutto comuni e convergenti (cf. http://www.settimananews.it/chiesa/persecuzioni-beati-beoti/; http://www.settimananews.it/politica/boko-haram-etnie-persecuzioni/). L’Indice di Portes ouvertes riguarda in senso stretto i cristiani, ma la percezione che le persecuzioni valgano per tutte le minoranze è del tutto condivisa. Si difendono i cristiani di ogni confessione perché si difende la libertà religiosa di tutti e questa per garantire i diritti umani di ciascuno. Anche dei non credenti e degli atei. Una consapevolezza esplicita in merito è registrabile nel Rapporto ecumenico sulla libertà religiosa pubblicato assieme dalla Conferenza episcopale tedesca e dalla Chiesa evangelica in Germania nel 2017 (viene proposto ogni quattro anni). L’idea che la liberà religiosa sia a fondamento di ogni libertà e che essa implichi la possibilità di una conversione ad altre fedi o l’affermazione della non fede è largamente approfondita. E questo non solo per una completezza della denuncia, ma anche per coerenza con la profondità del consenso libero alla propria fede. Difendere la libertà religiosa e di coscienza è essenziale per la credibilità di ogni presa di posizione all’interno della pubblica opinione. Là dove si vieta la conversione ad altra fede o si punisce la scelta ateistica manca una piena libertà religiosa. I laici e gli atei soffrono discriminazioni in 85 paesi. L’apostasia è colpita con la pena di morte in 12 paesi. In 7 paesi (come l’India, Maldive, Bangladesh e Pakistan) alcuni sono stati assassinati. Si guarda con molto sospetto alle legislazioni contro la blasfemia o a proposte di legge come quella egiziana sulla criminalizzazione dell’ateismo.
Gabriele Passerini