Dall'Osto Antonio
Brevi dal Mondo
2019/12, p. 35
Tanziania: Il ruolo cardine dei catechisti India - Kerala: Canonizzazione di suor Mariam Theresia Bangladesh: Una famiglia di missionari Ecumenismo: ancora molto lavoro da fare

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Testimoni
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Tanzania
Il ruolo cardine dei catechisti
La Tanzania è uno dei Paesi dell’Africa sub-sahariana dove la presenza missionaria italiana (di fidei donum, congregazioni religiose, laici impegnati in ong, ecc.) è più numerosa. Nel 2018 la Chiesa locale ha celebrato i 150 anni dall’arrivo dei primi missionari sulle spiagge di Bagamoyo, a pochi chilometri dall’odierna Dar-es-Salaam: la croce piantata sulla spiaggia è stata il primo segno di un’opera di evangelizzazione che ha permesso, oggi, di avere in Tanzania una Chiesa viva, giovane e impegnata.
In questo contesto, la figura del catechista è centrale per la vita delle comunità. Il catechista, persona qualificata e riconosciuta dalla Conferenza episcopale tanzaniana, ricopre un ruolo cardine nell’evangelizzazione. Lo spiega bene suor Maria Mori, religiosa delle Suore della Carità dell’Immacolata Concezione (conosciute come Suore d’Ivrea), per anni responsabile del Centro di Komuge, uno dei luoghi che garantiscono la preparazione dei catechisti. “Laddove le parrocchie hanno un’estensione spesso enorme e il sacerdote riesce a visitare i vari villaggi e a celebrarvi l’Eucaristia spesso non più di una volta al mese, i catechisti sono il cuore, ma anche la mente e il braccio delle comunità cristiane: sono insegnanti di religione nelle scuole e di catechismo nel villaggio; guidano la celebrazione della Parola domenicale, visitano i malati, confortano i sofferenti, fanno anche da “giudici di pace”. Sono laici, uomini e donne, giovani e meno giovani, tutti accomunati da un unico desiderio: servire Cristo e la sua Chiesa. In questi 150 anni, i catechisti hanno svolto, nel silenzio, un preziosissimo lavoro e ancora, sempre nel silenzio, continuano a farlo”. Komuge è un piccolo villaggio sulle rive del lago Vittoria, nella diocesi di Musoma. Qui dal 2003 le Suore d’Ivrea guidano il Centro di formazione, oggi dedicato a Giovanni Paolo II. Sulla facciata dell’edificio campeggia un poster con la sua foto e la celebre frase: “Non abbiate paura di essere i santi del Nuovo Millennio”.
“In fondo – spiega suor Maria – questa frase racchiude un po’ lo spirito della missione dei catechisti: uomini e donne coraggiosi che, mettendo a servizio della Chiesa i propri talenti, hanno deciso di impegnarsi nell’avventura della santità, vissuta e declinata in una vita di donazione, semplice tra i semplici, i poveri, i prediletti di Dio”.
Tra i tanti missionari italiani presenti in Tanzania, c’è anche fratel Sandro Bonfanti, della famiglia religiosa della Consolata. Dopo aver operato in vari Paesi africani dal 1973, oggi vive nel Seminario che prepara al sacerdozio i giovani tanzaniani. Quando descrive l’identikit del missionario, lo definisce come una persona che “cerca di incarnare e di vivere le beatitudini, come ha fatto Gesù”. “L’anima della missione – precisa – è fare tutto per il Vangelo, con entusiasmo, zelo apostolico, apertura all’universalità”. Effettivamente la missione pervade a tal punto l’esistenza di chi la vive, da far superare difficoltà e situazioni precarie. “Noi missionari – confessa fratel Sandro – siamo votati a dare la vita per la salvezza delle anime, ad amare il prossimo più di noi stessi.
Uno degli impegni è di lavorare per la pace e la giustizia tra le nazioni, difendere i diritti e l’uguaglianza di tutti. Cerchiamo di dare consolazione per soccorrere le necessità, alleviare le sofferenze, finanziare progetti di sviluppo, essere anche pronti al martirio, come per alcuni è già avvenuto. Ma per fare tutto questo è necessario intensificare la relazione con il Signore e rafforzare l’identificazione con Lui” (agenzia SIR 21 ottobre 2019).
India - Kerala
Canonizzazione di suor Mariam Theresia
Il 13 ottobre scorso, papa Francesco, davanti a migliaia di pellegrini di tutto il mondo ha canonizzato cinque nuovi Santi. Tra questi anche la suora indiana Mariam Theresia Chiramel Mankidiyan, poco conosciuta qui in Italia.
Nata nel 1876 da una famiglia benestante nell'India meridionale, Mariam, alle ricchezze terrene, preferì fin da giovane vivere una vita di pietà e di penitenza. Dormiva su un pavimento di ghiaia anziché su un letto e si dedicava a servire i poveri e i malati nello stato meridionale del Kerala.Come scrive Vatican News, "a imitazione di Gesù, aiutò i poveri, curò i malati, visitò e confortò le persone sole della sua parrocchia". Nel 1914 fondò anche l’ordine religioso della Sacra Famiglia. “Ha avuto anche il dono delle stimmate, ma le tenne sempre segrete per evitare l'attenzione della gente. Tutta la sua esistenza fu tormentata dai demoni e offrì le sue sofferenze per il perdono dei peccati del mondo ". Morì nel 1926 all'età di 50 anni.Tra i presenti alla cerimonia della canonizzazione a Roma c'era anche una famiglia indiana e il loro figlio, la cui vita fu salvata poco dopo la nascita, nel 2009, con un miracolo attribuito all’intercessione di Theresia.Il bambino era nato prematuro, soffriva di una malattia respiratoria e gli era stato prescritto un medicinale da somministrare attraverso un ventilatore speciale. Senza tale attrezzatura, ha affermato sr. Udaya, superiora generale della Congregazione della Sacra Famiglia, i medici temevano il peggio. Il terzo giorno dopo la nascita, il bambino cominciò ad ansimare, e i medici dissero che sarebbe stata la fine. Allora, i genitori e i nonni pregarono con molta fede e intensità Mariam Theresia. La nonna mise sul bambino una reliquia di Sr. Mariam Theresia, e poco dopo ci fu un improvviso e "drastico miglioramento". Il bambino si riprese "e i dottori dissero che il fatto non poteva essere spiegato dal punto di vista medico".
Mariam Theresia fu dichiarata beata da Papa Giovanni Paolo II nel 1999 e più recentemente Papa Francesco autorizzò la pubblicazione del decreto in cui riconosceva il miracolo attraverso la sua intercessione, aprendo così la strada alla canonizzazione. Sr. Mariam è la seconda suora del Kerala canonizzata. Prima di lei era stata elevata agli onori degli altari la clarissa Alfonsa dell'Immacolata Concezione: beatificata nel 1986, fu proclamata santa il 12 ottobre 2008, da Benedetto XVI.
Bangladesh
Una famiglia di missionari
Durante il mese missionario dello scorso Ottobre, l’Agenzia Fides ha pubblicato questa testimonianza riguardante sr. Bashona Rebeito, del Bangladesh, dell’Istituto della Santa Croce, della parrocchia Rangamatia dell'Arcidiocesi di Dacca. Proviene da una famiglia facoltosa, tutta dedita all'annunzio del Vangelo.
Nella sua famiglia di origine, su dieci fratelli, tre sono sacerdoti e tre sono suore. E ogni anno dalla parrocchia di Rangamatia, che conta 5000 cattolici, nascono nuove vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata.“Ho ricevuto un'educazione cristiana in famiglia durante la mia infanzia. Ho visto la fede vissuta dai miei fratelli e sorelle maggiori e grazie al loro esempio oggi sono una consacrata” ha dichiarato recentemente in occasione del suo 25° anniversario di vita religiosa.
Perché la terra di Rangamatia è così fertile di vocazioni? “Il merito principale - risponde - va alla famiglia, perché qui i membri delle famiglie cristiane non scoraggiano i bambini dall' entrare in seminario o negli ordini religiosi”.Suor Bashona ricorda la testimonianza di suo fratello maggiore, Theotonius Proshanto Reberio, umile prete di 67 anni. “La vita di Theotonius è molto semplice. Attrae tante persone verso di lui. Voglio essere come lui”. Suor Bashona, è anche la prima suora-avvocato in Bangladesh, è impegnata nell'insegnamento nella scuola. "Predico il Vangelo – afferma – con il mio servizio e la mia preghiera". Attualmente vive nella città di Dacca, con la Congregazione della Santa Croce. La sua parrocchia di Rangamatia ha donato alla Chiesa del Bangladesh due vescovi, 34 sacerdoti, 12 frati e 104 suore. (Agenzia Fides).
Ecumenismo
Ancora molto lavoro da fare
Il dialogo ecumenico va avanti, ma c’è ancora molto lavoro da fare, soprattutto dal punto di vista teologico. Decisivo infatti è giungere a un consenso vincolante sui temi riguardanti la Chiesa, l’Eucaristia e il ministero. Lo ha dichiarato il card. Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani. Diversamente da quanto si sente dire, non tutti i problemi e le differenze sono stati teologicamente risolti, nonostante i notevoli progressi compiuti in questi ultimi anni.
Koch ne ha parlato il 12 ottobre scorso, durante un incontro internazionale di esperti sul tema della “Confessione di Augusta” formulata dal riformatore Philipp Melantone nel 1530. La Confessione intendeva essere uno strumento per i cattolici ed evangelici del Reichstag di Augusta. Melantone non aveva alcuna intenzione di creare una nuova Chiesa, ma si proponeva soltanto di superare i malintesi al suo interno. La situazione tuttavia dopo Augusta finì con l’irrigidire la divisione che perdura fino ad oggi.
Koch, durante l’incontro, ha chiesto che il testo storico della Confessione di Augusta sia considerato come un punto di partenza per l’attuale dialogo. Ha citato il gruppo di lavoro ecumenico di teologi protestanti e cattolici secondo cui le chiese occidentali nel 1530 erano più vicine che mai. Per questo, secondo il cardinale, il prossimo 2030, quinto centenario della Confessione di Augusta, deve essere celebrato “in comunione ecumenica”.
Per il presidente della Commissione ecumenica della conferenza episcopale tedesca, mons. Gehrard Feige, è importante valorizzare gli impulsi ecumenici del 2017, anno commemorativo del quinto centenario della Riforma, per approfondire le questioni ancora controverse. In particolare quella del ministero consacrato. Secondo la concezione cattolica, come ha spiegato il card. Koch, il sacerdote è consacrato “in persona Christi”. Ciò si esprime in particolare nella celebrazione dei sacramenti, come la santa Messa. La chiesa cattolica si rifà alla “successione apostolica” secondo cui i vescovi attuali sono in una continuazione ininterrotta con i primi Apostoli. Anello di collegamento è la consacrazione episcopale legittimamente trasmessa.
Nella chiesa evangelica, al contrario, non esiste alcun ministero consacrato, ma solo un cosiddetto “ministero ordinato” che si rifà al fatto che con l’aiuto del Vangelo annuncia il messaggio degli Apostoli ed è pertanto apostolico. La teologia protestante sottolinea in particolare “il sacerdozio comune dei battezzati” e non conosce pertanto alcun ministero consacrato.
a cura di Antonio Dall’Osto