Mastrofini Fabrizio
Temi e gesti significativi
2019/12, p. 1
Ha toccato i temi più caldi presenti nei due popoli. Vibrante è stato il suo appello riassunto nelle parole: “mai più la guerra” e nella condanna delle armi nucleari.

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Testimoni
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Il papa in Thailandia e Giappone
Temi e Gestisignificativi
Ha toccato i temi più caldi presenti nei due popoli. Vibrante è stato il suo appello riassunto nelle parole: “mai più la guerra” e nella condanna delle armi nucleari.
Forse questo viaggio in Thailandia e Giappone (19-26 novembre) di Papa Francesco verrà ricordato per temi e gesti significativi. Gesti che diventano contenuto, come la presenza al memoriale delle vittime nucleari a Hiroshima e Nagasaki. Oppure come l’incontro con le vittime delle catastrofi naturali. L’immagine emblematica è il Papa sul podio che parla in spagnolo mentre alle sue spalle un grande schermo proietta la traduzione giapponese di un discorso carico di vicinanza alla sofferenza dei sopravvissuti.
Discorsi e incontri
in Thailandia
In Thailandia, prima tappa del viaggio, Papa Francesco nell’incontrare il Corpo Diplomatico e le autorità ha parlato di migranti e sfruttamento delle persone attraverso la tratta. «Auspico, ancora una volta, che la comunità internazionale agisca con responsabilità e lungimiranza, possa risolvere i problemi che portano a questo tragico esodo e promuova una migrazione sicura, ordinata e regolata. Possa ogni nazione approntare dispositivi efficaci allo scopo di proteggere la dignità e i diritti dei migranti e dei rifugiati, i quali affrontano pericoli, incertezze e sfruttamento nella ricerca della libertà e di una vita degna per le proprie famiglie. Non si tratta solo di migranti, si tratta anche del volto che vogliamo dare alle nostre società. E, in questo senso, penso a quelle donne e a quei bambini del nostro tempo che sono particolarmente feriti, violentati ed esposti ad ogni forma di sfruttamento, schiavitù, violenza e abuso. Esprimo la mia riconoscenza al governo tailandese per i suoi sforzi volti ad estirpare questo flagello, come pure a tutte le persone e le organizzazioni che lavorano instancabilmente per sradicare questo male e offrire un percorso di dignità».
Incontro
con i buddisti
Importante l’incontro con il mondo buddista, confermando l’impegno della Chiesa per un «dialogo aperto e rispettoso al servizio della pace e del benessere di questo popolo. Grazie agli scambi accademici, che permettono una maggiore comprensione reciproca, come pure all’esercizio della contemplazione, della misericordia e del discernimento – tanto comuni alle nostre tradizioni –, potremo credere in uno stile di buona “vicinanza” e crescere in esso. Potremo promuovere tra i fedeli delle nostre religioni lo sviluppo di nuovi progetti di carità, capaci di generare e incrementare iniziative concrete sulla via della fraternità, specialmente con i più poveri, e riguardo alla nostra tanto maltrattata casa comune. In questo modo contribuiremo alla formazione di una cultura di compassione, di fraternità e di incontro, tanto qui come in altre parti del mondo».
Ai vescovi
Ai vescovi, in modo efficace, ha parlato del ruolo dei laici, invitandoli a non clericalizzare mai la missione. «Ricordiamo che anche noi siamo parte di questo popolo; non siamo i padroni, siamo parte del popolo; siamo stati scelti come servitori, non come padroni o signori. Questo significa che dobbiamo affiancare coloro che serviamo con pazienza e amabilità, ascoltandoli, rispettando la loro dignità, incoraggiando e valorizzando sempre le loro iniziative apostoliche. Non perdiamo di vista il fatto che molte delle vostre terre sono state evangelizzate da laici. Non clericalizziamo la missione, per favore; e tanto meno clericalizziamo i laici. Questi laici hanno avuto la possibilità di parlare il dialetto della gente, esercizio semplice e diretto di inculturazione non teorica né ideologica, ma frutto della passione del condividere Cristo. Il santo Popolo fedele di Dio possiede l’unzione del Santo che siamo chiamati a riconoscere, ad apprezzare e diffondere. Non perdiamo questa grazia di vedere Dio che agisce in mezzo al suo popolo: come lo ha fatto prima, lo fa ancora e continuerà a farlo. Mi viene in mente il piccolo Samuele che si svegliava di notte. Dio ha rispettato l’anziano sacerdote, debole di carattere, lo lasciava fare, però non gli parlava. Ha parlato a un ragazzo, a uno del popolo».
La tappa
in Giappone
La tappa in Giappone è iniziata sotto il segno forte del ricordo personale (il gesuita Bergoglio avrebbe desiderato andare missionario nel paese) e sotto il segno del ruolo che ha una Chiesa la cui presenza è stata segnata fortemente dal martirio. Temi presenti in maniera originale nel discorso ai vescovi. «Una Chiesa martiriale può parlare con maggiore libertà, specialmente nell’affrontare questioni urgenti di pace e giustizia nel nostro mondo. Visiterò Nagasaki e Hiroshima, dove pregherò per le vittime del catastrofico bombardamento di queste due città e mi farò eco dei vostri appelli profetici al disarmo nucleare. Desidero incontrare coloro che ancora patiscono le ferite di quel tragico episodio della storia umana; come pure le vittime del “triplice disastro” (il terremoto che provocò uno tsunami e la catastrofe alla centrale nucleare di Fukushima, marzo 2011, ndr). La loro prolungata sofferenza è un eloquente avvertimento al nostro dovere umano e cristiano di aiutare quanti soffrono nel corpo e nello spirito e di offrire a tutti il messaggio evangelico di speranza, guarigione e riconciliazione. Ricordiamo che il male non fa preferenze di persone e non si informa sulle appartenenze; semplicemente irrompe con la sua forza distruttiva, come è accaduto anche di recente con il devastante tifone che ha causato tante vittime e danni materiali. (…) Non abbiamo paura di portare avanti sempre, qui e in tutto il mondo, una missione capace di alzare la voce e difendere ogni vita come dono prezioso del Signore. Vi incoraggio, dunque, nei vostri sforzi per garantire che la comunità cattolica in Giappone offra una testimonianza chiara del Vangelo in mezzo a tutta la società. L’apprezzato apostolato educativo della Chiesa rappresenta una grande risorsa per l’evangelizzazione e dimostra l’impegno con le più ampie correnti intellettuali e culturali; la qualità del suo contributo dipenderà naturalmente dalla promozione della sua identità e della sua missione. Siamo consapevoli del fatto che vi sono diversi flagelli che minacciano la vita di alcune persone delle vostre comunità, che sono segnate, per vari motivi, dalla solitudine, dalla disperazione e dall’isolamento. L’aumento del numero di suicidi nelle vostre città, così come il bullismo (ijime) e varie forme di auto-esigenza, stanno creando nuovi tipi di alienazione e disorientamento spirituale. Quanto tutto ciò colpisce soprattutto i giovani! Vi invito a prestare particolare attenzione a loro e ai loro bisogni, a cercare di creare spazi in cui la cultura dell’efficienza, della prestazione e del successo possa aprirsi alla cultura di un amore gratuito e altruista, capace di offrire a tutti, e non solo a quelli “arrivati”, possibilità di una vita felice e riuscita. Con il loro entusiasmo, le loro idee e le loro energie, oltre che con una buona formazione e un buon accompagnamento, i vostri giovani possono essere una fonte importante di speranza per i loro coetanei e dare una testimonianza viva di carità cristiana».
A Hiroshima
e Nagasaki
Hanno avuto un grande rilievo le parole del Papa a Hiroshima e Nagasaki e di fronte al Corpo Diplomatico, con la condanna delle armi nucleari e la sottolineatura sulla questione ambientale. Nel viaggio di ritorno, parlando con i giornalisti, papa Francesco ha ventilato l’ipotesi di inserire la condanna nel Catechismo.
«La Chiesa Cattolica, da parte sua, è irrevocabilmente impegnata nella decisione di promuovere la pace tra i popoli e le nazioni: è un dovere per il quale si sente obbligata davanti a Dio e davanti a tutti gli uomini e le donne di questa terra. Non possiamo mai stancarci di lavorare e di insistere senza indugi a sostegno dei principali strumenti giuridici internazionali di disarmo e non proliferazione nucleare, compreso il Trattato sul divieto delle armi nucleari. Nel luglio scorso, i vescovi del Giappone hanno lanciato un appello per l’abolizione delle armi nucleari, e in ogni mese di agosto la Chiesa giapponese celebra un incontro di preghiera di dieci giorni per la pace. Possano la preghiera, la ricerca instancabile per la promozione di accordi, l’insistenza sul dialogo, essere le “armi” in cui riponiamo la nostra fiducia e anche la fonte di ispirazione degli sforzi per costruire un mondo di giustizia e solidarietà che fornisca reali garanzie per la pace. Nella convinzione che un mondo senza armi nucleari è possibile e necessario, chiedo ai leader politici di non dimenticare che queste non ci difendono dalle minacce alla sicurezza nazionale e internazionale del nostro tempo. Occorre considerare l’impatto catastrofico del loro uso dal punto di vista umanitario e ambientale, rinunciando a rafforzare un clima di paura, diffidenza e ostilità, fomentato dalle dottrine nucleari. Lo stato attuale del nostro pianeta richiede, a sua volta, una seria riflessione su come tutte queste risorse potrebbero essere utilizzate, con riferimento alla complessa e difficile attuazione dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, e quindi raggiungere obiettivi come lo sviluppo umano integrale».
Ai giovani in un denso e commovente incontro ha ricordato la necessità di contrastare in tutti i modi la povertà spirituale. E alla Chiesa del Giappone (guardando sempre alla Chiesa universale) ha assegnato un mandato preciso: «L’annuncio del Vangelo della Vita ci spinge ed esige da noi, come comunità, che diventiamo un ospedale da campo, preparato per curare le ferite e offrire sempre un cammino di riconciliazione e di perdono. Perché per il cristiano l’unica misura possibile con cui giudicare ogni persona e ogni situazione è quella della compassione del Padre per tutti i suoi figli. Uniti al Signore, cooperando e dialogando sempre con tutti gli uomini e le donne di buona volontà e anche con quelli di diverse convinzioni religiose, possiamo trasformarci in lievito profetico di una società che sempre più protegga e si prenda cura di ogni vita».
Fabrizio Mastrofini