Gellini Anna Maria
Ma tu, sei prete?
2019/11, p. 47
Don Vincenzo De Florio, prete tra Rom e Sinti, vicario generale nella diocesi di Castellaneta, fidei donum nel Nordest brasiliano, oggi è volontario nel carcere di Taranto. Questa sua edificante testimonianza fa incontrare un “inguaribile innamorato che, a novant’anni suonati, vuole ancora cantare la sua canzone d’amore. Una canzone appassionata, senza rimpianti o tristezze”.

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Vincenzo De Florio Ma tu, sei prete? EDB 2019
Don Vincenzo De Florio, prete tra Rom e Sinti, vicario generale nella diocesi di Castellaneta, fidei donum nel Nordest brasiliano, oggi è volontario nel carcere di Taranto. Questa sua edificante testimonianza fa incontrare un “inguaribile innamorato che, a novant’anni suonati, vuole ancora cantare la sua canzone d’amore. Una canzone appassionata, senza rimpianti o tristezze”. Don Vincenzo ci dice: «Com'è triste la vita» quando si allontana il soffio dello Spirito, il solo che può liberare dalle illusorie sicurezze umane e culturali, il solo che può portare fuori dai confini falsamente rassicuranti dei guadagni e delle strutture. «Com'è triste la vita» se non ti innamori dei poveri, siano essi zingari o homeless, detenuti o sem terra, senza radici o senza fede. «Com'è triste la vita» se non incontra il Cristo povero, che si identifica con i poveri cristi di ogni latitudine. «Creando ogni uomo, Dio lo guarda con un sogno che vorrebbe vedere realizzarsi. Sta a noi assecondarlo liberamente, sapendo che il Vasaio non si scoraggia se il sogno viene frantumato. Dio agisce con noi come la creta in mano al vasaio che, se il vaso che stava modellando si guasta, riprova di nuovo e ne fa un altro, come ai suoi occhi pare giusto (cf. Ger 18,4). È Padre: non demorde; torna instancabilmente a sognarne un altro senza mai mancare di fiducia. È Madre: ci vede capaci, nonostante la nostra poca fede». Da questo racconto autobiografico trabocca una grande passione per la vita; ogni pagina è testimonianza di un’intensa capacità di cura e tenerezza e di tanta gratitudine a Dio per le meraviglie vissute tra i suoi figli prediletti. Il libro si apre con questa sua riflessione:
«Se in periferia vai da saccente
tu ricco e loro poveracci
tu sapientone e loro ignoranti
tu... tu... e loro...
hai molto da dare,
e ti chiederanno ancora molto di più.
Se ci vai da povero servo inutile
per chiedere, perché non hai niente
bisognoso d'aiuto per essere te stesso
allora … ti rubano il vuoto che sei
e ti colmano di ricchezze più vere
perché loro sono più vita.
Ed è festa per te e per loro!»