Boni Elena
Chiesa e ideologie
2019/11, p. 46
Un interessante volume allarga lo sguardo dalla storia locale a quella nazionale. Il ventennio 1945-65 fu decisivo per costruire l’assetto politico, istituzionale ed ecclesiale dell’Italia che tuttora viviamo. In un contesto di forte contrapposizione politica fra cattolici e comunisti, la città di Bologna costituiva un unicum politico ed ecclesiale.

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chiesa
e ideologie
Un interessante volume allarga lo sguardo dalla storia locale a quella nazionale.
Il ventennio 1945-65 fu decisivo per costruire l’assetto politico, istituzionale ed ecclesiale dell’Italia che tuttora viviamo. In un contesto di forte contrapposizione politica fra cattolici e comunisti, la città di Bologna costituiva un unicum politico ed ecclesiale.
Storia locale e storia nazionale
La ricercatrice S. Marotta ha sottolineato come il rapporto fra politica e chiesa nel dopoguerra a Bologna sia peculiare e paradigmatico rispetto alla storia italiana. A Bologna il comunismo governava in modo ininterrotto, mentre nel resto d’Italia era relegato a un’opposizione extrasistemica: la città era, quindi, il laboratorio in cui sperimentare il buon governo e il modello di ricostruzione comunisti. Al tempo stesso Bologna fu lievito di fermento ecclesiale, con il gruppo di Dossetti, Bettazzi, Catti, Alberigo che preparò e visse intensamente la stagione del concilio e l’esperienza del card. Lercaro.
L’allargamento sociale operato da G. Dozza, sindaco per ben 21 anni (1945-66), in qualche modo mandò in crisi la chiesa bolognese: se i vescovi si erano illusi di rappresentare il vero sentire dei cristiani bolognesi (nonostante il dato elettorale mostrasse come molti dei fedeli frequentanti non votassero DC), la sconfitta di Dossetti, candidatosi nel ’56 come alternativa a Dozza, rese evidente che i cristiani bolognesi, nonostante la scomunica ai comunisti del 1949, non percepivano la gravità dell’adesione al partito.
L’episcopato di Lercaro
Lo storico P. Pombeni ha presentato come emblematica della transizione storica del dopoguerra la biografia del card. Lercaro: non ci sono stati «due Lercaro», bensì una continuità nella trasformazione. Il grande liturgista si era formato con Pio XII, nella percezione della «crisi di civiltà» che coinvolse il pensiero cattolico negli anni ’30. La guerra accentuò questa sensazione anche perché, nello sfacelo delle istituzioni, la chiesa rimase l’unico appiglio sicuro per la gente. Da qui la contrapposizione col comunismo, che si poneva come ideologia salvifica e comunità totale, con le sue case del popolo, le cooperative… È questa «proposta alternativa» la grande sfida che spiazza la chiesa del dopoguerra.
Il 1956, con la sconfitta di Dossetti alle elezioni comunali, rappresentò l’anno di svolta. Lercaro «toccò con mano» che non c’era ritorno: il sistema civile era cambiato a causa non della lotta di classe, ma della modernizzazione. Infatti, tanti borghesi votarono per il comunista Dozza perché volevano liberarsi dal potere della chiesa sulla morale pubblica. Rivelatore fu il motto pronunciato da Lercaro in direzione del palazzo comunale: i bolognesi «sono corsi follemente a sbattezzarsi».
La situazione in altre regioni d’Italia è molto diversa, con un cattolicesimo radicatissimo anche nei costumi e nella mentalità.
Il rapporto fra chiesa e città
Per don M. Marcheselli, vicario episcopale per la cultura, il rapporto tra chiesa e città è l’insegnamento principale che ci viene dalla stagione storica analizzata. Oggi la chiesa, in particolare quella di Bologna, si sente parte della comunità: l’attenzione all’umano non è funzionale alla diffusione del vangelo, ma organica ad essa. I cristiani sentono di appartenere alla città e desiderano contribuire al suo ben-essere senza secondi fini, ma offrendo il vangelo e le prassi che da esso scaturiscono. L’umiltà è l’atteggiamento da perseguire, anche nell’accettare le regole della mediazione politica, compreso il fatto che le decisioni possano essere prese altrove o non coincidere con le proprie scelte.
La voce dei protagonisti
W. Vitali, sindaco di Bologna dal ’93 al ’99, ha portato una lettura politica del periodo. Negli anni ’45-55 Bologna era ancora contendibile. Tutti ricordano la svolta del ’56, quando Dossetti, pur sapendo che avrebbe perso le elezioni, accettò la candidatura per obbedienza alla chiesa, chiedendo tuttavia totale libertà sulla scelta e sui contenuti della campagna elettorale. Nel ventennio studiato, a Bologna si consolidò un sistema di potere che cambiò anche la chiesa bolognese: era la diocesi più comunista dell’Occidente e diventò la vetrina del comunismo italiano all’estero.
Nel novembre ’56 il card. Lercaro tolse il saluto al sindaco Dozza, facendo listare le chiese a lutto, perché egli non aveva espresso solidarietà al popolo ungherese in rivolta; ma con gli anni la tensione si stemperò, tanto che nel’ 66 il cardinale ricevette la cittadinanza onoraria. Il suo discorso di ringraziamento alla città e le critiche ricevute in conseguenza furono preludio alla famosa «omelia sulla pace» del ’68, che gli procurò la perdita della cattedra episcopale.
Conclusioni
Le conclusioni sono state affidate ai curatori del volume. G. Turbanti ha sottolineato come il problema cruciale di quegli anni fosse la modernità, uno shock al quale la chiesa e le istituzioni reagirono in modi diversi. A. Deoriti ha auspicato che si approfondisca l’analisi storica sullo strato sociale concreto, le organizzazioni di base e la vita quotidiana, approfittando della presenza, ancora breve, dei testimoni viventi.
Elena Boni