Dall'Osto Antonio
Brevi dal mondo
2019/11, p. 36
India: testimonianza di una infermiera cattolica. Nicaragua: non si arresta la campagna di odio contro la Chiesa. Chiesa: perchè in Africa e in Asia ci sono tante vocazioni?

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Testimoni
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India
Testimonianza di un’infermiera cattolica
Clare D’Mello è membro del Catholic Nurses Guild, il sindacato degli infermieri cattolici. Da 30 anni ha il “privilegio di rassicurare i malati e aiutare quelli terminali ad accettare l’inevitabile e prepararsi alla fine” della vita. Il suo metodo, racconta ad AsiaNews, è: “Un sorriso sul mio volto, una preghiera sulle mie labbra e mani benedette. Sono davvero onorata di essere Suo [di Dio] strumento di guarigione e soccorso”.
Laureata nel 1984, Clare si occupa del servizio ai malati. Afferma: “Data la fragilità umana nei confronti della malattia e la necessità di chiedere aiuto ai medici, l’uomo ha sempre trovato rassicurazione in mani benedette che con professionalità e capacità creano una relazione che conforta e dà sicurezza”.
Il dover dire alle famiglie che un malato è in punto di morte, dice l’infermiera, “è un’esperienza straziante, perché fanno fatica ad accettare i piani che Dio ha per i loro cari”. Clare sostiene che l’assistenza medica ha fatto passi enormi negli anni: si è passati dalle infermiere con cuffietta e vestito bianco, a “divise più trendy”; le barriere dei trattamenti si infrangono di continuo; le giovani generazioni hanno una conoscenza più approfondita delle malattie, anche se spesso si affidano a quanto leggono sul “Dr. Google”.
La sua esperienza è quella di una “infermiera guidata dallo spirito del Signore Gesù Cristo attraverso una carriera amata e benedetta”. Dopo gli anni di formazione medica, “imbevuti degli insegnamenti di fede dei miei genitori”, ha iniziato a lavorare. Ogni giorno, afferma, inizia il suo turno “con una preghiera su ogni paziente, a prescindere dalla religione, perché la mia più vera convinzione è che Nostro Signore Gesù Cristo sia il più grande guaritore. Sono stata testimone di innumerevoli guarigioni quando anche le cure mediche sembravano aver perso la speranza. So che il mio piccolo atto di preghiera non solo porta speranza e conforto ai malati, ma anche la pace e una dolce accettazione del volere di Dio”.
Clare racconta di essere riuscita “a trasmettere questo senso di guarigione anche ai colleghi, in particolare alle giovani infermiere cristiane: essi possono usare il potere della fede per far avvicinare le persone a Dio”. L’infermiera ammette che a volte nascono discussioni con i pazienti di altre fedi, “ma dopo un semplice dialogo in cui si spiega che non è una conversione ma una preghiera di guarigione, reagiscono con genuina felicità e gratitudine”.
I suoi “tesori” quotidiani sono la Bibbia e il Rosario: “La Bibbia è un ricco tesoro di conforto e forza. Alimentata dalla parola di Dio, così sono aiutata a sostenere e aiutare le famiglie a capire il motivo della malattia e perché tutto questo accada ai loro cari”. Il Rosario, aggiunge, “è la mia più grande corazza di speranza e la profonda fiducia in Maria attraverso la quale tutto è possibile. Lo porto con orgoglio, non per dichiarare la mia fede ma la mia completa fiducia nel potere della preghiera attraverso i suoi grani, e così sarò eterna testimone delle sue vie miracolose”.
In un mondo cosmopolita, sottolinea l’infermiera, “in cui la religione viene messa in secondo piano, esiste un bisogno bruciante di fede non perché questa sia usata come rimedio alle crisi, ma come faro che irradia fasci di amore, speranza e fede”. (Nirmala Carvalho – Asia News)
Nicaragua
Non si arresta la campagna di odio contro la Chiesa
La Chiesa cattolica ha tre caratteristiche: una, santa, cattolica e apostolica, ma ne manca un'altra, che dovrebbe essere inserita nel Credo, quella di essere perseguitata. A ricordarlo, riportando l’osservazione di altri, è stato l'Arcivescovo di Managua e Presidente della Conferenza episcopale del Nicaragua, il cardinale Leopoldo Brenes, dopo la Messa celebrata domenica 13 ottobre alla Scuola Cristo Rey, a Managua.
Il commento è sorto nel contesto della ripresa degli attacchi contro la Chiesa, ad opera del partito al potere. Fides, come altre agenzie di informazione, ha ricevuto diverse segnalazioni che sui social network sono stati diffusi messaggi di incitamento all’odio verso la Chiesa cattolica e i sacerdoti, con macabre rappresentazioni di manichini con la tonaca nera impiccati.
Il cardinale Brenes ha comunque minimizzato questa campagna aggressiva, attribuendola a "ragazzi pigri, che non hanno nulla da fare" e che "cercano come distinguersi perché non hanno altro modo". Ha tuttavia riconosciuto che la Chiesa in Nicaragua è costantemente sotto assedio, in modo più frequente dopo il 18 aprile 2018, dopo che i Vescovi, testimoni e mediatori nel dialogo nazionale, avevano proposto come via d'uscita dalla crisi socio-politica del paese l’uscita di scena di Daniel Ortega e di anticipare le elezioni. Elezioni che dovevano essere libere, pulite e con piene garanzie democratiche, come ha affermato più di un membro della Chiesa in questi mesi. Padre Edwin Román, parroco della chiesa San Miguel a Masaya, parlando alla televisione (“100% Noticias”) ha detto che gli autori intellettuali degli attacchi contro i Vescovi e contro la Chiesa in Nicaragua sono saliti "un gradino più alto" come protagonisti e promotori di questa campagna. "Il mondo deve sapere chi sono coloro che promuovono l'odio in Nicaragua, sono sempre gli stessi autori di tanti morti e devono essere fermati" ha ribadito.Padre Edwin Román ha spiegato alla stampa che non si tratta solo di sacerdoti, ma di ogni buon cittadino che desidera la giustizia, la libertà e la democrazia per il Nicaragua: “è sufficiente alzare la voce per chiedere queste cose per essere segnalati come nemici del governo. Non c'è bisogno di provarlo, lo dimostra la quantità di fratelli che sono in esilio", ha sottolineato il parroco di Masaya.Nel concludere il suo intervento, padre Edwin ha ricordato una realtà: "Le aggressioni che la Chiesa sta vivendo oggi superano le aggressioni di coloro che furono vittime negli anni '80 durante la guerra civile nel nostro paese. Negli anni '80 c’era la dittatura di Somoza contro le braccia alzate con le armi, questa invece è una dittatura contro un popolo disarmato". (CE) (Agenzia Fides, 17/10/2019).
Chiesa
Perché in Africa e in Asia ci sono tante vocazioni?
Secondo i dati pubblicati dall’Annuario Pontificio, il numero dei sacerdoti in Europa nel 2018 è diminuito di oltre 2500 unità, mentre in Africa e in Asia è cresciuto di oltre 1.000. Un esempio di questa crescita è la Nigeria, dove, nel 2017, gli istituti di formazione ospitavano circa 800 seminaristi.
Da che dipende questa disparità? Johannes Seibel, portavoce dell’Opera Missio di Aquisgrana, ha cercato di indagarne le ragioni. Anzitutto, a suo parere, è la diversa crescita della popolazione nei due continenti. Secondo le stime delle Nazioni Unite, tra il 2015 e il 2020, la popolazione in Africa crescerà del 2,5% e poco meno dell’1% in Asia. Di conseguenza, dove maggiore è la popolazione, più grande è anche la possibilità che nascano delle vocazioni.
Un secondo fattore è anche il fatto che nei due continenti la religione occupa un posto importante, del tutto diverso rispetto all’Europa.
Inoltre un elemento di rilievo è rappresentato dalle condizioni culturali in cui è vissuto il cristianesimo. In Europa occidentale e centrale, per esempio, la secolarizzazione è un fenomeno molto diffuso dove la fede occupa un posto marginale nella vita della gente ed è ridotta a un fatto privato e personale. Chi in questo continente vuole diventare sacerdote deve per così dire lottare e non può fare affidamento nelle strutture di sostegno. In Africa e in Asia invece la religiosità costituisce un aspetto del tutto naturale nella vita quotidiana, anche pubblica. Il desiderio di diventare sacerdote trova riconoscimento e sostegno ed è anche più facile vivere una vocazione.
A queste ragioni si aggiungono i vantaggi che in questi paesi comporta il ministero sacerdotale. Anzitutto il fatto che l’ingresso in seminario offre ai giovani una formazione superiore alla media e consente al sacerdote di avere maggiore ascendente nella società. Il sacerdote infatti, anche al di fuori del ministero pastorale, è ritenuto un leader anche nel campo sociale. Alla base della vocazione pertanto, afferma Seibel, «c’è il desiderio della formazione, di cambiare e realizzare qualcosa che può essere compiuto solo nella Chiesa e che è legato alla professione sacerdotale”.
In molti di questi paesi, i sacerdoti sono la voce della società civile. La consacrazione consente anche a persone di famiglie meno privilegiate della loro terra natale di cambiare le cose in meglio e plasmare la cultura.
Per esempio, nel nord est dell’India, i candidati al sacerdozio portano con sé le loro tradizioni nei seminari e di conseguenza anche nella Chiesa. Attraverso il sacerdozio acquistano una particolare autoconsapevolezza, fattore questo importante in una regione dove i nativi spesso sono socialmente cittadini di seconda classe e discriminati.
Soprattutto nei paesi politicamente ed economicamente instabili – afferma Seibel – i sacerdoti esercitano un ruolo speciale nella vita pubblica. Si occupano di coloro che nelle guerre civili soffrono la fame e le conseguenze del cambiamento climatico o sono vittime di repressioni a causa della loro appartenenza religiosa. Attraverso i sacerdoti queste categorie di persone trovano ascolto nella società. Inoltre diversi sacerdoti come per esempio in Vietnam, si schierano per la difesa dei diritti umani e la libertà di pensiero e di religione. Non potendo scrivere apertamente contro lo Stato, si servono dei blog e la loro voce viene ascoltata dalla gente. In questo modo, nel loro piccolo, possono sollecitare e favorire i cambiamenti.
Anche la stessa condizione di minoranza può favorire la crescita dei sacerdoti. In questi casi, infatti la religione diventa una specie di identità e coopera ad unire la gente. Questo fatto, conclude Seibel, è una ragione che può favorire il desiderio di abbracciare la vita sacerdotale.
a cura di Antonio Dall’Osto