Prezzi Lorenzo
Metodo e sostanza
2019/11, p. 34
Il punto focale della questione è l’applicazione alla preghiera cristiana delle tecniche di meditazione e preghiera del buddismo Zen, della teologia del pluralismo religioso, della cristologia puramente esemplare.

Accedi alla tua area riservata per visualizzare i contenuti.

Questo contenuto è riservato agli abbonati a
Testimoni
.
Preghiera nel pluralismo delle fedi
METODI
E SOSTANZA
Il punto focale della questione è l’applicazione alla preghiera cristiana delle tecniche di meditazione e preghiera del buddismo Zen, della teologia del pluralismo religioso, della cristologia puramente esemplare.
La conferenza episcopale spagnola ha pubblicato un testo di orientamenti sulla preghiera davanti alle suggestioni delle tradizioni orientali. Occasione propizia per riprendere coscienza della centralità della preghiera nella vita cristiana e nell’esperienza dei consacrati e consacrate.
La preghiera è un incontro con sé o con Dio? È una apertura al trascendente o una tecnica di autocontrollo? L’Essere trascendente è generico o il Padre di Gesù? È un percorso altamente spirituale o secondo gli insegnamenti e la testimonianza del Vangelo? Sono alcune delle domande sulla dottrina e pratica della preghiera, in particolare di quella che si apre alle altre religioni, poste dalla Commissione episcopale della dottrina della fede della Conferenza dei vescovi spagnoli.
Il testo è apparso alla fine di giugno, ma è stato approvato nell’aprile scorso, col titolo: ”La mia anima ha sete di Dio, del Dio vivente”. Orientamenti dottrinali sulla preghiera cristiana. Il punto focale della questione è l’applicazione alla preghiera cristiana delle tecniche di meditazione e preghiera del buddismo Zen, della teologia del pluralismo religioso, della cristologia puramente esemplare. La risposta è prevalentemente critica, ma la pubblicazione del testo è esemplificativa dell’allargamento degli orizzonti della preghiera e del necessario discernimento nel contesto di un pluralismo religioso ormai largamente esperito. Il testo fa riferimento ad alcuni documenti. In particolare a: Lettera ai vescovi della Chiesa cattolica su alcuni aspetti della meditazione cristiana (1989); Gesù Cristo portatore dell’acqua viva. Una riflessione cristiana sul New Age (2003); Dichiarazione Dominus Iesus (2000).
Tecniche orientali
e contenuto cristiano
Nel contesto culturale e sociale contemporaneo cresce il riferimento a una spiritualità che esprime un reale distacco dalla fede cattolica, ma talora anche la richiesta di un suo complemento e di un arricchimento. Si incrociano e si mescolano elementi fra loro assai diversi: dal fideismo al sentimentalismo, dall’ascesi orante alla bellezza della contemplazione. Nella lettera ai vescovi del 1989 si annota: «Con l’attuale diffusione dei metodi orientali di meditazione nel mondo cristiano e nelle comunità ecclesiali, ci troviamo di fronte ad un acuto rinnovarsi del tentativo, non esente da rischi ed errori, di fondere la meditazione cristiana con quella non cristiana. Le proposte in questo senso sono numerose» (n. 12). La nota dei vescovi spagnoli «vuole dimostrare la natura e la ricchezza della preghiera e dell’esperienza spirituale radicata nella rivelazione e tradizione cristiana», ricordando i criteri essenziali per discernere gli elementi compatibili di altre tradizioni religiose oggi molto diffuse e indicandone anche i punti di incompatibilità.
La preghiera struttura l’identità della fede. La Chiesa crede ciò che prega. Per questo è chiamata a discernere le pratiche e le teologie che supportano giustificazioni ed esperienze di confine con altre fedi e tradizioni religiose. In particolare quelle teologie che negano il carattere unico dell’evento dell’incarnazione. In Gesù la divinità sarebbe presente in grado sommo, ma non costitutivamente diverso da quello di tutti. In altre ricerche teologiche il rapporto di Gesù con il Padre è assimilato a quello di altri fondatori con la Divinità e Gesù non è più l’unica via per conoscere il Padre. Infine vi è chi sostituisce la domanda di salvezza eterna con il desiderio di felicità immanente, del benessere e del progresso.
Tre piste
spirituali
Le tre linee teologiche sono indicative di altrettante piste spirituali. Sulla preghiera del buddismo Zen non vi è una condanna globale. Si lascia spazio ad alcune tecniche che predispongono il corpo e lo spirito alla preghiera, ma si mette in guardia dall’accettazione acritica del metodo che trascina con sé conclusioni discutibili. L’obiettivo intrinseco della meditazione Zen è la quiete e la pace che suppongono una dimissione dall’impegno nella storia. Inoltre lo Zen elimina spesso la differenza tra il proprio io e il mondo circostante introducendo al panteismo.
Un approccio nettamente favorevole è invece espresso da Hans Wandelfels su Civiltà cattolica (n. 4011-4012; 5 agosto 2017), a testimonianza di una evoluzione e di una ricerca in atto. Dal pluralismo religioso possono alimentarsi conclusioni indebite come la convinzione che il pluralismo religioso di fatto diventi per questo un pluralismo di diritto. Il percorso spirituale e orante della propria fede è subalterno alla somma dei cammini delle fedi. Conseguentemente né il Cristo avrebbe la posizione centrale, né la Trinità aprirebbe al mistero di Dio. La Dominus Iesus specifica: «Si ritengono superate verità come, ad esempio, il carattere definitivo e completo della rivelazione di Gesù Cristo, la natura della fede cristiana rispetto alla credenza delle altre religioni, il carattere ispirato dei libri della Sacra Scrittura, l’unità personale tra il Verbo eterno e Gesù di Nazareth, l’unità dell’economia del Verbo incarnato e dello Spirito Santo, l’unicità e universalità salvifica del mistero di Gesù Cristo, la mediazione salvifica e universale della Chiesa, l’inseparabilità, pur nella distinzione tra il Regno di Dio, Regno di Cristo e la Chiesa, la sussistenza nella Chiesa cattolica dell’unica Chiesa di Cristo» (n. 4).
La terza linea che vede in Gesù un semplice, seppur nobile, esempio induce itinerari di preghiera che perseguono l’identificazione col divino attraverso un processo di svuotamento interiore. Si guarda all’esperienza di Gesù, ma solo come esemplare e non decisiva, dando adito all’idea di un superamento della stessa esperienza di Gesù.
L’attenzione alle altre fedi è necessaria. «Le varie tradizioni religiose contengono e offrono elementi di religiosità che procedono da Dio e che fanno parte di quanto opera lo Spirito nel cuore degli uomini e nella storia dei popoli, nelle culture e nelle religioni. Di fatto alcune preghiere e alcuni riti delle altre religioni possono assumere un ruolo di preparazione evangelica, in quanto sono occasioni o pedagogie in cui i cuori degli uomini sono stimolati ad aprirsi all’azione di Dio» (Dominus Iesus, n. 21). Ma, come annota un esperto del dialogo interreligioso, p. Franco Sottocornola, è necessaria la simpatia e l’amicizia reciproca, ma anche un dialogo onesto e una conoscenza reciproca. «Ci si deve conoscere con verità e quindi ci si deve parlare con sincerità. Senza questa componente il dialogo non è profondo, non è autentico … Se manca la sincerità, se manca la presentazione piena, convinta, intensamente creduta anche della propria fede, il dialogo interreligioso non diventerà autentico. Rimarrà superficiale e non porterà tutti i suoi frutti» (cf. Regno-att. gennaio 2002, p. 68).
Preghiera di Gesù
e della Chiesa
Il riferimento essenziale è alla preghiera così come Gesù l’ha fatta e mostrata. Come annotano i Praenotanda alla Liturgia delle ore: «Venendo per rendere gli uomini partecipi della vita di Dio, il Verbo, che procede dal Padre come splendore della sua gloria, “il sommo sacerdote della nuova ed eterna alleanza, Cristo Gesù, prendendo la natura umana, introdusse in questa terra d’esilio quell’inno che viene cantato da tutta l’eternità nelle sedi celesti”. Da allora, nel cuore di Cristo, la lode di Dio risuona con parole umane di adorazione, propiziazione e intercessione. Tutte queste preghiere, il capo della nuova umanità e mediatore tra Dio e gli uomini, le presenta al Padre a nome e per il bene di tutti» (n. 3). Esse accompagnano tutti i punti centrali della sua missione ed esprimono un’intima e inarrivabile relazione filiale con il Padre. Il suo frutto è la dedizione totale e piena alla missione affidatagli. «Nella preghiera del Signore – annotano i vescovi spagnoli - il centro non sono i desideri e il raggiungimento della felicità terrena, ma la comunione con il Padre». Il Signore non ha dato molte istruzioni ai discepoli in merito. «La semplicità esteriore e la sincerità interiore sono gli elementi più importanti». La vita e la preghiera non possono essere separate. Fra gli insegnamenti eccelle la preghiera del Padre Nostro. In essa il credente condivide con Gesù i sentimenti filiali e la volontà di salvezza dell’Abbà. Le richieste della seconda parte della preghiera esprimono il bisogno della Provvidenza e dell’impegno comunitario.
L’obiettivo della preghiera cristiana è rendere manifesto un gesto libero di riconoscimento di Dio, senza prestarsi a nessuna strumentalizzazione. Grazie alla preghiera la vita diventa un vero e proprio cammino di fede e fiducia in Dio. La perseveranza nell’orazione è il segno di una fede viva, il suo abbandono manifesta una fede debole e incerta. L’opus Dei è apertura alla vita eterna e, nello stesso tempo, impegno concreto nell’oggi di tutti. Essa non è frutto di ascesi, ma dono dello Spirito che apre alla relazione filiale con Dio, alimenta l’amore per il prossimo e l’impegno nel mondo e nella storia.
Scrittura, lectio
ed eucaristia
Ogni orazione è fatta nella Chiesa, dentro il legame comunitario. Qui si impara a pregare nell’ascolto assiduo della Scrittura, nell’esercizio della lectio divina e soprattutto nella celebrazione della liturgia, il cui centro è l’eucaristia. Tutte le specificazioni sono successive: domanda, intercessione, ringraziamento ecc. Così come le forme della preghiera vocale o piuttosto meditativa e contemplativa. L’autenticità della vita credente vien in ogni caso prima delle tecniche che pur sono apprezzabili. Queste ultime aprono alla scansione delle tappe di maturazione che normalmente sono indicate in tre ambiti: la purificazione, l’illuminazione e l’unione con Dio. La Chiesa ha sempre riconosciuto in Maria il modello eminente e l’esempio compiuto di cosa significhi la preghiera: non un elemento aggiuntivo alle molteplici vicende e impegni della vita, ma il contesto o contenitore in grado di dare senso a tutti i gesti della vita, l’ambiente vitale in cui si respira l’alleanza filiale con l’Abbà di Gesù.
«La vita di preghiera consiste quindi nell’essere abitualmente alla presenza di Dio tre volte santo e in comunione con lui. Tale comunione di vita è sempre possibile, perché mediante il battesimo, siamo diventati un medesimo essere con Cristo. La preghiera è cristiana in quanto è comunione con Cristo e si dilata nella Chiesa, che è il suo corpo. Le sue dimensioni sono quelle dell’amore di Cristo» (Catechismo della Chiesa cattolica n. 2565). «In questo sta la dignità della preghiera cristiana, che essa partecipa dell’amore del Figlio unigenito per il Padre e quell’orazione, che egli durante la sua vita terrena ha espresso con le sue parole e che ora, a nome e per la salvezza di tutto il genere umano, continua incessantemente in tutta la Chiesa e in tutti i suoi membri» (Praenotanda n. 7).
Lorenzo Prezzi