Gellini Anna Maria
Insieme contro la tratta
2019/11, p. 19
Le chiamano suore anti-tratta, sono le consacrate che sostengono da dieci anni la rete Talitha Kum diffusa in 92 Paesi nei 5 continenti per liberare donne, bambini e uomini da disumane condizioni di schiavitù.

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Testimoni
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Prima assemblea internazionale di “Talitha kum
INSIEME
CONTRO LA TRATTA
Le chiamano suore anti-tratta, sono le consacrate che sostengono da dieci anni la rete Talitha Kum diffusa in 92 Paesi nei 5 continenti per liberare donne, bambini e uomini da disumane condizioni di schiavitù.
“Insieme contro la tratta: tessendo una rete nell’amore”. Questo il titolo della prima assemblea generale di Talitha kum, Rete internazionale di Vita consacrata della UISG contro il traffico di essere umani, che a fine settembre ha riunito a Roma 86 religiose provenienti da tutto il mondo, per celebrare il decimo anniversario di attività, per valutare il lavoro fatto insieme nella ricerca costante di percorsi di libertà e di giustizia per milioni di donne, uomini e bambini, e per definire le priorità di Talitha kum international per il prossimo sessennio.
Dieci religiose sono state premiate per essersi particolarmente distinte fin dalla nascita della Rete, riuscendo a ispirare gli altri e a far sì che il network diventasse internazionale.
Hanno ricevuto il “10 Years Talitha Kum Award” sr. Patricia Ebegbulem(Nigeria), sr. Agnes Kanlaya Trisopa (Tailandia), sr. Jyoti Pinto (India), sr. Eugenia Bonetti (Italia), sr. Maria Isabel Chavez Figueroa (Perù), sr. Nicole Rivard (Canada), sr. Ann Scholz (USA), sr. Louise Cleary (Oceania), sr. Bernadette Sangma (India) e sr. Estrella Castalone (Filippine).
Secondo le statistiche emerse dal Report 2009-2019, pubblicato dalla Pontificia Università Gregoriana proprio in occasione dell’assemblea, risulta che nel 2018 Talitha Kum ha aiutato oltre 15.500 persone e ne abbia coinvolte circa 235.000 nelle attività di prevenzione. Un valore in salita rispetto alle circa 100.000 persone sostenute in questi dieci anni.
In progressivo aumento anche il numero delle reti: al momento se ne contano 52 in 92 Paesi nei 5 continenti e nei prossimi anni sono previste tre nuove aperture in Mozambico, Tanzania e Taiwan, con la collaborazione di circa 2mila persone appartenenti a varie congregazioni e anche laici. «Affrontano a mani nude il drago delle mafie transnazionali mettendo a rischio tutto, anche l’esistenza stessa delle comunità, al solo fine di salvare vite» afferma sr. Gabriella Bottani, coordinatrice internazionale di Talitha Kum.
La tratta, schiavitù
per 40 milioni di persone
Le 86 delegate si sono confrontate sulle realtà della tratta nei differenti Paesi e insieme hanno presentato le linee guida che indirizzeranno il lavoro di Talitha Kum nel sessennio 2020-2025, unite e determinate nella lotta a tutte le forme di schiavitù del XXI secolo, fenomeno che coinvolge nel mondo almeno 40 milioni di persone, di cui il 70%
donne e bambini.
Esistono molte forme di tratta, tra cui lo sfruttamento sessuale, il lavoro schiavo e la rimozione illegale di organi. Considerando la modalità di tratta per sfruttamento sessuale, la percentuale femminile di vittime si innalza ancora di più.
Il modello dominante dello sviluppo neo-liberale e capitalismo sfrenato crea situazioni di vulnerabilità che sono sfruttate da reclutatori, trafficanti, datori di lavoro e consumatori. Questo modello economico ingiusto che privilegia il profitto rispetto ai diritti umani, crea una cultura di violenza e mercificazione e diminuisce i fondi stanziati per i servizi sociali fondamentali, mettendo le persone nel rischio di essere trafficate. Ciò influisce negativamente anche sui programmi di prevenzione, protezione, supporto, integrazione e re-integrazione delle persone trafficate.
Anche leggi e politiche pubbliche migratorie ingiuste e inadeguate, associate alle migrazioni forzate, mettono le persone in un rischio maggiore di essere trafficate.
Impegno di Talitha kum
su tutti i fronti
Per l’assistenza diretta alle vittime, le suore di Talitha kum gestiscono centinaia di case rifugio, sostengono legalmente le persone trafficate che cercano di liberarsi della schiavitù, rieducano e riabilitano. Tra queste c’è Lizzy: «È una ragazzina del mio Paese – testimonia sr. Jackline Mwongelache – con la scusa di un lavoro sicuro, è stata mandata a Ryad a casa di una ricca famiglia saudita che fin da subito l’ha schiavizzata, abusata e ripetutamente picchiata. È riuscita a scappare e rivolgersi all’ambasciata che non ha saputo fare altro che consigliarle di cercare soldi per comprarsi un biglietto aereo e tornare a casa». A quel punto è entrata in azione Talitha Kum che ha prima richiesto un intervento diretto al Ministro degli Esteri keniano – mai ottenuto – e poi ad organizzazioni transnazionali per il contrasto della tratta. Grazie all’azione della rete che ha tenacemente seguito il caso della ragazza e le ha trovato una sistemazione sicura, si è potuto in seguito procedere nel luglio scorso al rimpatrio assistito. «Attualmente è seguita da un terapista specializzato in Post-Traumatic Stress Disorder e sembra dare i primi segni di ripresa oltre a mostrare nuovamente il suo bel sorriso».
Sempre sr. Jackline testimonia alcune modalità di intervento per la prevenzione: «Ogni singola settimana organizzo riunioni nei quartieri più poveri di Nairobi, all’interno delle scuole, nei centri per i giovani o nelle parrocchie o scuole coraniche. Incontro migliaia di ragazzi al mese e in molti casi rappresento l’unica voce di consapevolezza sul fenomeno e quindi di contrasto diretto alla tratta. Mostro loro materiale, video con testimonianze di ragazzi trafficati ora liberi, parlo loro in maniera semplice e chiara. Alla fine degli incontri i ragazzi vengono ad abbracciarmi e a salutarmi, assicurandomi che ne parleranno ai familiari e agli amici».
Sul piano culturale e politico, Talitha Kum mantiene rapporti diretti con gli organismi transnazionali, i governi nazionali e locali, e i membri parlano, scrivono, denunciano, diffondono su ogni media, organizzano seminari, incontri, workshop. L’organizzazione ha chiesto e ottenuto cambiamenti o introduzioni di legislazioni più giuste e si propone come interlocutore imprescindibile in ogni tavolo in cui si discuta di contrasto alla tratta.
Amrat-Talitha kum
“dare vita”
Sr. Jyoti Pinto, indiana di Mangalore, della Congregazione delle Sorelle del piccolo fiore di Betania, nella capitale dello Stato del Karnataka ha contribuito alla nascita e alla crescita di Amrat-Talitha kum, che in sanscrito significa “dare vita”. Ad oggi vi partecipano 70 congregazioni e 600 religiose. Sr. Jyoti non si stanca di telefonare, scrivere, incontrare personalmente le superiori generali per chiedere loro di entrare a far parte della rete. Le suore indiane hanno a che fare con la tratta delle spose, con lo sfruttamento sessuale nei giri della prostituzione, con i bambini costretti a lavorare nelle fabbriche di mattoni, nell’edilizia, con gli uomini usati come manovalanza a basso costo nell’agricoltura. In maggioranza appartengono alle caste più povere, ai gruppi tribali. La tratta delle spose coinvolge migliaia di donne e ragazze provenienti dalle zone più disagiate dell’India, come gli Stati orientali di Orissa, Bihar, Jarkand, West Bengala. «In molti villaggi del nord, negli Stati di Punjab e Haryana, non ci sono donne perché preferiscono i figli maschi – racconta sr. Jyoti -. Così le ragazze vengono adescate in altri Stati e trafficate a questo scopo». Lo spostamento avviene attraverso agenzie legali e illegali che si occupano della ricerca della candidata giusta per conto delle famiglie, organizzano l’incontro, le feste di matrimonio. Le agenzie illegali cambiano sede e numero di telefonano continuamente. I prezzi vanno da poche centinaia di rupie a migliaia di dollari. Dipende dalla condizione economica delle famiglie. «Le ragazze – spiega – vengono ingannate. Pensano di trovare una buona famiglia e un buon lavoro, non si rendono conto di essere vittima di tratta, di violenza e abusi sessuali. Anziché sposarsi molte vengono destinate al lavoro domestico in condizioni di schiavitù. Le famiglie molto ricche hanno quattro o cinque ragazze in casa».
Informazione
e sensibilizzazione
Una parola in quechua, la lingua del principale gruppo etnico del Perù, indica la cosmovisione ancestrale della vita: Kasway. Così le 39 congregazioni che aderiscono alla rete peruviana di Talitha kum hanno deciso di chiamare il loro impegno: Red Kawsay, “vita consacrata per una società senza tratta”. Un nome che i peruviani hanno letto su migliaia di volantini e manifesti diffusi durante gli ultimi Giochi pan-americani che si sono svolti a Lima dal 26 luglio all’11 agosto scorso. In quell’occasione hanno lanciato una campagna nazionale intitolata “Gioca per la vita” per sensibilizzare sul fenomeno della tratta.
Durante le manifestazioni sportive aumenta infatti la domanda di sesso a pagamento da parte di tifosi e turisti. Le suore anti-tratta hanno messo a disposizione un numero verde – 1818 – per denunciare eventuali situazioni, perché «le persone non devono essere né comprate né vendute». Tra il 2010 e il 2018 sono state 6.574 le denunce, in continuo aumento. L’85% delle vittime sono donne e bambine, il 64% ha meno di 17 anni. La maggioranza sono peruviane. Molte ex vittime sono diventate con il tempo trafficanti, e così riescono ad ingannare più facilmente la fiducia delle giovani. Negli ultimi anni sono aumentate le ragazze venezuelane, a causa degli ingenti flussi migratori dal Venezuela. Sr. Maria Isabel Chavez Figueroa, peruviana, della Congregazione di Nostra Signora della Carità del Buon Pastore, lavora dal 1994 nel centro “Maria Agustina Rivas”, dove incontra giovani donne sfruttate a scopo di prostituzione. «Lavoriamo molto nella sensibilizzazione – afferma -, abbiamo ‘agenti moltiplicatori’, ossia religiosi e sacerdoti sul campo, che possono dare una buona informazione sul fenomeno. Facciamo lavoro di prevenzione con giovani e bambini. In Perù ci sono tante bambine e donne in condizioni di vulnerabilità, abbandono, povertà e mancanza di educazione. Vengono adescate nei villaggi con la promessa di un buon lavoro e portate nelle grandi città o nei centri minerari per farle prostituire, soprattutto a Madre de Dios e Puerto Maldonado. Gli uomini giovani della zona andina sono invece sfruttati come manovalanza nelle miniere d’oro».
Oltre i confini
e le frontiere
Nella dichiarazione finale dell’assemblea, le 86 delegate rappresentanti delle 52 reti di Talitha kum, hanno confermato l’impegno a lavorare oltre i confini e le frontiere attraverso i network, per assicurare migrazioni sicure e prevenire il reclutamento di migranti per la tratta durante il loro viaggio, e come accompagnarli al loro ritorno. Altro obiettivo è quello di avere pratiche economiche giuste e sostenibili dentro le reti; di creare spazi di riflessione interdisciplinare, collaborazione e sostegno dentro le diverse organizzazioni ecclesiali, interreligiose, governative ed internazionali, in linea con i valori del Vangelo e la Dottrina Sociale della Chiesa.
«Mi congratulo per l’importante opera che state realizzando in questo ambito così complesso e drammatico. Un’opera che unisce la missione e la collaborazione tra gli istituti. Voi avete scelto di stare in prima linea. Perciò meritano riconoscenza le numerose congregazioni che hanno lavorato e lavorano come “avanguardie” dell’azione missionaria della Chiesa contro la piaga della tratta di persone», ha dichiarato il Papa durante l’udienza privata del 26 settembre in Vaticano. Ha poi rivolto l’appello «anche ad altre congregazioni religiose, sia femminili sia maschili, affinché aderiscano a quest’opera missionaria, mettendo a servizio personale e risorse così da poter raggiungere ogni luogo».
Anna Maria Gellini