Prezzi Lorenzo
No al commissario pontificio
2019/11, p. 9
All’interno di un’opera di discernimento che interessa diverse decine di famiglie religiose, il dicastero vaticano per la vita consacrata ha nominato un commissario per gli Araldi del Vangelo. Il consiglio generale rifiuta di accettarlo. Note di cronaca e di riflessione.

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Araldi del Vangelo
No al commissario pontificio
All’interno di un’opera di discernimento che interessa diverse decine di famiglie religiose, il dicastero vaticano per la vita consacrata ha nominato un commissario per gli Araldi del Vangelo. Il consiglio generale rifiuta di accettarlo. Note di cronaca e di riflessione.
Dopo una visita apostolica avviata il 23 giugno del 2017 la Congregazione per la vita consacrata, in accordo col Pontificio consiglio dei laici, ha deciso, il 28 settembre 2019, di commissionare le due società di vita apostolica, quella dei presbiteri (Virgo flos Carmeli) e quella delle suore (Regina virginum), unitamente all’associazione Araldi del Vangelo. Il commissario è il card. Raymundo Damasceno Assis, arcivescovo emerito di Aparecida (Brasile), coadiuvato da mons. José Aparecido Gonçalvez de Almeida, vescovo ausiliare di Brasilia e suor Marian Ambrosio, superiora generale delle suore della Divina provvidenza. Le ragioni del provvedimento sono legate a carenze nel governo, allo stile di vita dei membri del Consiglio, alla pastorale vocazionale, all’amministrazione, gestione e reperimento delle risorse. Nell’agosto del 2018 i visitatori avevano presentato agli Araldi otto questioni e ottenendo una risposta di 570 pagine. L’attuale disposizione del dicastero vaticano è stata recepita (comunicato del 1 ottobre) come «una pratica prevista dall’ordinamento giuridico della Chiesa che può essere utilizzato come strumento di comunione».
Pratica previstao illegittima?
Il tono cambia il 17 ottobre. Durante la visita del commissario e del suo collaboratore il presidente dell’associazione, Felipe Eugenio Lecaros Concha, si esprime così: «Noi veneriamo [le loro persone] come vescovi della Chiesa di nostro Signore Gesù Cristo e, come tali, sono oggetto della nostra considerazione. Ma dobbiamo dichiarare che non riconosciamo vostra Eminenza come “Commissario” dell’Associazione privata di fedeli Araldi del Vangelo, della quale sono presidente legittimamente eletto. Primo, perché il decreto che qui è stato letto è indirizzato a una “Associazione pubblica di fedeli” e gli Araldi del Vangelo sono una “Associazione privata di fedeli”. Per loro natura, Eminenza, queste sono essenzialmente diverse. È come se un ufficiale di giustizia si presentasse nella casa di “Antonio López” con una notifica per “Pedro Rodríguez”. Il signor López non dovrebbe ricevere questo avviso giudiziario, perché c’è un errore di persona. Allo stesso modo, gli Araldi del Vangelo non possono ricevere un decreto indirizzato a un’altra associazione. In secondo luogo, perché l’istituzione degli Araldi del Vangelo, in quanto “Associazione privata di fedeli”, non può essere commissariata, come stabilito dai limiti della legge canonica, basata sul diritto naturale. Commissariare un’associazione privata viola il diritto sacro e inviolabile dei fedeli di associarsi nella Chiesa, con statuti propri e proprie autorità. Pertanto, se il dicastero per i laici, la famiglia e la vita, un organismo dal quale dipendiamo direttamente, non intraprende alcuna azione, riteniamo il caso risolto. Questo è quanto ero tenuto a dire a vostra Eminenza e a vostra Eccellenza».
Il vescovo J. Aparecido commenta: «Effettivamente esiste una obiezione ammissibile in riferimento alla natura giudica dell’associazione e al tipo di intervento possibile da parte dell’autorità competente. La questione della natura privata dell’associazione è l’obiezione vera e pertinente sul tema». Sia il sito del dicastero dei laici che quello degli araldi indicano la fondazione come associazione internazionale di fedeli di diritto pontificio, senza la specifica «privata». L’errore formale del decreto, non secondario nelle relazioni ecclesiali ma facilmente correggibile, non lascia tuttavia dubbi sui destinatari del provvedimento, contattati nell’arco di due anni con una visita che ha toccato tutte le comunità e praticamente tutti i componenti. Visita mai contestata dal punto di vista giuridico. Appellarsi al dicastero dei laici quando esso è espressamente coinvolto nella decisione suona sorprendente. Altre associazioni, contenute nello stesso repertorio del dicastero dei laici, come la Comunità missionaria di Villaregia o la Comunità dell’Emmanuele, hanno conosciuto l’identico passaggio giuridico. Nel merito, le motivazioni del commissariamento sono ritenute dagli Araldi difficili da decifrare, generiche e inconsistenti. Nel comunicato stampa vi è un attacco personale al prefetto della congregazione per la vita consacrata, card. J. Braz de Aviz: «poiché questo tentativo proviene dalla Congregazione per i Religiosi (un’istanza estranea all’ambito della nostra istituzione laicale), sarebbe il caso di chiedere, in modo filiale e riverente, al Prefetto di detta Congregazione, il cardinale Braz de Aviz: “Se abbiamo fatto qualcosa di sbagliato, dicci chiaramente cosa; ma se no, perché cerchi di punirci a tutti i costi?”».
Storia, numeri e voci
Gli Araldi sono una Associazione privata internazionale dei fedeli che, da laici, vivono i consigli evangelici (i voti). Sono affiancati da Collaboratori che pur non impegnandosi a tempo pieno aiutano il ministero e le opere. Nati nel 1997 sono stati approvati nel 2001 dall’allora Pontificio consiglio dei laici e si presentano, in conformità a molte nuove fondazioni, in una composizione di laici (sposati e celibi), consacrati e consacrate, sacerdoti e diaconi. La loro spiritualità è definita da tre elementi: la centralità dell’eucaristia, la devozione mariana e l’obbedienza al papa. Molto caratteristici l’invito alla perfezione negli atti interiori ed esteriori e la cura della musica e dell’arte come espressione della bellezza che salva. Sono noti anche per la curiosa divisa. Sono attivi in 78 paesi e i numeri forniti alcuni anni fa sono: in Brasile 1360 consacrati (con voti non pubblici) e 680 consacrate. Fuori del Brasile sono 760. I preti di Virgo flos Carmeli sono oltre il centinaio, una ventina i diaconi, circa duecento i seminaristi. In grandissima parte sono giovani. Nel sito del dicastero dei laici si indicano questi numeri: 4.000 membri di vita comune in 50 paesi: 8 comunità in Africa, 6 in Asia, 13 in Europa, 12 nel Nordamerica, 1 in Oceania, 10 in Sudamerica. Le famiglie impegnate nell’evangelizzazione sono 40.000. Complessivamente le loro attività interessano un milione di persone.
Il loro fondatore è mons. Joao Scognamiglio Clà Dias, formato all’educazione militare e autorevole collaboratore del movimento brasiliano di destra Tradizione Famiglia Proprietà, guidato fino alla sua morte da Plinio Correa de Oliveira, uno dei più noti intellettuali e animatori della destra cattolica brasiliana. Alla morte di Plinio mons. Clà eredita una parte del movimento, l’ammirazione-culto per Plinio Correa e di sua madre (Donna Lucilia) e l’avvio dell’esperienza degli Araldi. Si dimette dal suo ruolo di superiore generale e di presidente poco prima della visita canonica, non rinunciando al suo compito di “padre”.
Il prepotente sviluppo del movimento grazie ad un’opera sistematica di invito vocazionale nelle scuole di eccellenza da loro gestite e nelle attività pastorali da loro animate è stato accompagnato negli anni scorsi da voci critiche su una sorta di società segreta (Semper viva) dove si praticherebbe una sorta di culto a Donna Lucilia, Plinio Correa e allo stesso Joao Clà. Nel passato sono girati sul web video che mostrano resoconti di esorcismi non conformi ai riti liturgici. Curiosi i toni millenaristici legati alla devozione di Fatima che prevede il trionfo degli Araldi. Dal punto di vista pastorale è conosciuta la loro attività di missioni al popolo finalizzate a recuperare alla Chiesa cattolica quanti sono passati ai gruppi neopentecostali. È noto il caso del vicariato apostolico di San Miguel de Sucumbios, nell’area amazzonica dell’Equador. I loro preti sono stati chiamati dal nunzio apostolico nel 2007 a rettificare la pastorale del vescovo Marañon Lopez, vicino alla teologia della liberazione. Il loro arrivo e il loro indirizzo ecclesiale hanno provocato tensioni e scontri che sono durati anni, fino all’invito vaticano di lasciare il campo. La verifica attuale del dicastero romano non fa riferimento a queste voci ed episodi. I temi riguardano, oggi, l’esercizio del governo, la formazione dei giovani, delle consacrate e dei presbiteri, il rigore amministrativo e la custodia del carisma.
Pensieri a lato
Provvedimenti positivi. Il loro commissariamento è uno dei circa 70 già operati dalla Congregazione per la vita consacrata (che indaga anche su 15 fondatori) ed è finalizzato a correzioni di rotta che permettano un futuro più affidabile e convincente. È già successo che altri istituti siano stati investiti da scandali ancora più gravi e ne siano emersi con una rinnovata vitalità e una sostanziale fedeltà al «carisma fondazionale». L’energico intervento del dicastero vaticano non è finalizzato alla censura o alla chiusura, ma alla correzione.
Difensori strabici. Stupisce che nei media, in particolare nei siti dei tradizionalisti cattolici si dia spazio a critiche interne ed esterne che poi improvvisamente si spengono quando gli istituti accettano il rinnovamento. Sembra più importante la polemica anticonciliare e antipapale che il loro contenuto fattuale. Difficile trovare commenti e apprezzamenti dopo che i singoli istituti e fondazioni riavviano la loro autonomia. Mantenendo peraltro il loro orientamento spirituale ed ecclesiale.
Responsabilità riconoscibili. Il numero degli interventi dell’autorità ecclesiale è legata alla grande effervescenza di fondazioni nel post-concilio. Ne sono state censite quasi un migliaio, ma a livello delle singole nazioni i numeri sono ancora più sorprendenti: 700 in Francia e altrettante in Brasile, ad esempio. Molte si sono già estinte, ma i numeri sono indicativi. Rimane tuttavia l’interrogativo sulle verifiche e responsabilità di elementi ambigui e censurabili. Non solo in alcuni dei fondatori, ma anche nei vescovi locali che hanno fornito loro l’approvazione diocesana. E naturalmente anche nei “protettori” romani, più o meno autorevoli.
“Vittime” vere e mancate. È difficile trovare nel dibattito la giusta misericordia per le “vittime” di comportamenti di governo e di direzione spirituale privi di sapienza e di rispetto, acclarate in numerosi casi già affrontati. Ancora più difficile l’apprezzamento per ragazzi, uomini e donne di grande generosità che, senza precisi interventi, avrebbero potuto diventare le “vittime” del futuro.
Un servizio apprezzabile. Nel post-concilio la vita consacrata “tradizionale” ha conosciuto una grande generosità e innovazione, non sempre comprese. Dagli anni ’70 fino al primo decennio del 2000 vi è stato un sistematico sospetto nei suoi confronti. Proprio i decenni in cui l’effervescenza fondativa avrebbe richiesto un discernimento più attento e un giudizio meno legato ai numeri e alle assonanza ideologiche. Che adesso succeda il contrario è un buon segnale. Senza per questo ignorare i limiti di tutte le istituzioni, comprese quelle curiali.
La libertà e i modi. Come sempre, quando si entra in narrazioni su istituti sotto inchiesta, si scatenano le discussioni. È capitato anche a questo articolo, apparso nella sua prima stesura su Settimananews. La cosa sorprendente non è la diversità di vedute e di giudizi, quanto piuttosto la contraddittorietà delle posizioni e l’aggressività dei modi. Una difformità di vedute anche rispetto al magistero episcopale e pontificio ha sempre avuto spazio nella Chiesa secondo modalità rispettose e argomentate. È sorprendente che gruppi credenti che hanno fatto del riferimento al papa la garanzia assoluta del permanere nell’ortodossia cattolica siano così disinvolti nel rovesciare giudizio e atteggiamento. E che questo venga fatto con una inconsueta violenza verbale, delegittimando gli interlocutori di parere diverso e imbarbarendo le relazioni ecclesiali. Derive in parte supportate dai nuovi mezzi di comunicazione (i social) e in parte frutto di teologie lontane dal sentire conciliare. I religiosi e le religiose, che conoscono la diversità di posizioni all’interno della propria famiglia spirituale, sono chiamati a vivere con una certa serenità i dissensi, valorizzando gli ampi spazi di vangelo e di libertà che l’attuale pontificato ci consegna, senza cedere a tentazioni settarie e infeconde.
Lorenzo Prezzi